CURIOSITÀ GRAMMATICALI
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Autore: Morgan PalmasGio, 30/04/2009 - 08:07Non si scorgono nell’uso della lingua d’una persona abitudini, timbri, ripetizioni, ritmo? La caratterizzazione del linguaggio dei personaggi dovrebbe includere tali aspetti. Un protagonista non è solo azione e pensiero, altresì espressione linguistica.
Chi ha letterariamente il convincimento che i dialoghi siano soltanto un’evoluzione distinta dall’utilizzo della lingua è alle prime armi nella scrittura. Il successo di non pochi scrittori appartiene alla capacità di gestire un personaggio in tutte le sue forme, dalle sue gesta fino alla ripetizione smodata d’un avverbio per esempio.
Possiamo donare caratterizzazione ad un signore anziano in molti modi: il tipo di aggettivi che “frequenta” (se ne fa uso), il tono della voce, la velocità o la calma di pronunciare parole, le pause, l’abitudine a servirsi di espressioni di meraviglia (Davvero? Ne sei sicuro? Non scherzare dai! Ecc), termini desueti: l’elenco delle modalità potrebbe essere assai lungo.
La mia esperienza è la seguente: quando mi cimentai circa dodici anni addietro alla stesura del mio primo romanzo, presi un quaderno e tenni alcune facciate per ogni personaggio che andavo inserendo nella storia. Non solo cercai di creare Davide o Antonio o Elena nel linguaggio adottato, tentai anche di pensare un’evoluzione del linguaggio (grazie a loro letture, esperienze, riflessioni). Quanto al principio che mi proposi, che era di natura davvero creativa, mi convinsi... -
Autore: Morgan PalmasMer, 29/04/2009 - 07:49Dalla finestra di camera mia si vede la pioggia. Più o meno nella maggior parte degli scrittori contemporanei, pur nelle diverse forme e intensità, si nota una sorta di povertà contestuale del termine pioggia, se non a volte addirittura un semplicistico inserimento senza arte né parte.
Il senso di pioggia non sviluppato nel testo è come un fiore senza il suo profumo.
Nel momento in cui si decide di consegnare un’immagine piovosa, non sarebbe fuori luogo descriverla con trasporto, fornendo dettagli preziosi. Pertanto la descrizione assume un significato centrale, è non soltanto un accessorio da risolvere con celerità (tanto ci interessa dire che piove, non altro, pensano i più), bensì, lasciando stare che sempre è un’accortezza delicata la resa climatica, un passaggio che consegna sensazioni, le quali possono trasportare la mente del lettore da un contesto ad un altro con armonia, senza cesure emotive dissonanti.
Ma biasimo di certo non minore, e talvolta più grave, meritano coloro i quali non si curano affatto del clima in un testo, quasi la vita dei personaggi potesse... -
Autore: Morgan PalmasMar, 28/04/2009 - 11:58Scriverò oggi cose che ai più sembreranno banali, ma non lo sono affatto. Mi passano fra le mani scritture altrui ogni giorno, possiedo statistiche a mano entusiasmanti a riguardo.
Vedo innumerevoli: E’, perchè, un pò, finchè, un’altro, macchè.
Nella loro forma corretta: È, perché, un po’, finché, un altro, macché.
Soltanto alcuni esempi, l’elenco sarebbe lungo.
L’uso del capoverso è un altro tema delicato, chi ne fa un uso eccessivo (quasi ogni periodo) e chi sembra che non lo conosca. Nel secondo caso mi viene in mente Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcìa Marquez, parti lunghissime senza un capoverso, ma credo che un premio Nobel come lui potesse permetterselo. Al contrario penso Camera con vista di Edward Morgan Forster, nel quale troviamo un uso deciso e continuo del capoverso.
La rilettura è fondamentale, consiglio: riletture con diversi obiettivi. Accanto a modalità per percepirne l’armonia dei contenuti, la sostanza dei dialoghi, la ricchezza delle descrizioni, le possibili ripetizioni, spendete del tempo a rileggere facendo grande attenzione a quelli che consideriamo generalmente banali errori.
Se vogliamo proporre un manoscritto ad una casa editrice sarebbe opportuno curare con considerazione diligente la forma, l’abito in questo caso glorifica senza dubbio il monaco. Leggere un testo poco curato da tale punto di vista è sempre faticoso e indispone chi deve valutare l’opera.
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Autore: Morgan PalmasLun, 27/04/2009 - 10:21Vi sono scene narrative nelle quali l’intensità aumenta progressivamente, un effetto che ci coinvolge al pari del climax poetico. Si può ottenere in diversi modi.
Un primo caso – a dire il vero grossolano – è l’utilizzo di poche cesure con il punto fermo. L’aumento della velocità di lettura, dovuto alla mancanza di pause nette, fa sì che il lettore sia trascinato negli eventi narrati di parola in parola, con celerità.
Un secondo caso, più complesso da gestire, è rappresentato dal centellinare coincidenza dopo coincidenza prefigurando nella mente del lettore un percorso quasi palese, anche se mai evidente. Sarà chi legge a pensare: «Secondo me lo scrittore mi vuole portare lì!»; chi scrive invece ha l’obbligo di lasciare l’altro nella suspense. Questo tipo di climax letterario può essere lento, disposto anche in decine e decine di pagine, ma ha un effetto dirompente nel lettore.
Al contrario, possiamo essere incoraggiati a pensare che si determinerà un certo evento (grazie a coincidenze che reputiamo indicative) e invece l’autore ci spiazza: egli/ella crea un esito inaspettato, completamente impossibile da prevedere.
Un altro caso di climax narrativo è concepire un intero romanzo come climax appunto. Si legga a tal proposito Doppio sogno di Arthur Schnitzler, nel quale le confessioni fra moglie e marito diventano ineluttabili, muteranno per sempre le loro esistenze e il loro rapporto matrimoniale.
Vi... -
Autore: Morgan PalmasDom, 26/04/2009 - 19:24Per scrivere un romanzo dobbiamo relazionarci con il tempo, non intendo i tempi all’interno del romanzo stesso (ne parleremo più avanti), ma di ciò che scorre nella nostra vita in ore, minuti, secondi. La prima dimensione della nostra esistenza: prima, adesso, dopo. Abbiamo bisogno di tempo per scrivere.
Le numerose chiacchierate con chi è abituato a scrivere mi hanno sempre portato ad una conclusione: la forza del metodo, in altre parole, possedere un criterio di comportamento.
Quante volte abbiamo sentito dire o noi stessi abbiamo pensato o detto: «Aspetto l’ispirazione» oppure «Inizio lunedì». L’ispirazione bisogna conquistarla: c’era chi si faceva legare ad una sedia, chi inizia ogni nuovo libro nello stesso giorno dell’anno, sono assai soggettive le modalità attraverso le quali scrivere un romanzo. Ciononostante se vogliamo ottenere risultati senza perderci in lamentele o demotivazioni, la prima cosa da fare è cercare il nostro metodo e praticarlo con costanza.
Abbiamo tempo solo il giovedì sera per scrivere? Pianifichiamo con cura che tutti i giovedì alle nove in punto ci... -
Autore: Morgan PalmasSab, 25/04/2009 - 11:32Dalla finestra di camera mia; da una finestra della mia camera; dentro la mia camera, vicino alla finestra; dalla camera… Dalla finestra. Di incipit parliamo oggi.
Qui il mare finisce e la terra comincia. Piove sulla città pallida, le acque del fiume scorrono limacciose di fango, la piena raggiunge gli argini. Una nave scura risale il flusso tetro, è la Highland Brigade che va ad attraccare al molo di Alcântara […].
[L’anno della morte di Ricardo Reis di José Saramago]
Conquistare il lettore con l’incipit è una questione delicata, incuriosirlo non è un argomento banale. Quando fare cominciare la storia? Dall’inizio delle vicende? Al momento culminante? In media res? Allorché la situazione è conclusa? Da una descrizione senza tempo o un pensiero generale?. Le modalità possono essere numerose.
Inoltre, useremo la prima o la terza persona? Potremmo pensare di raccontare una storia con più punti di vista, più persone che narrano: il noi.
Tematiche che non devono essere trascurate, se riusciremo ad armonizzarle con cura saremo in grado di fornire un quid necessario al romanzo, un quid che attaccherà gli occhi del lettore alla pagina. Doneremo sensazioni. Mi spiego con due esempi.
Dalla finestra di camera mia guardo, penso subito che ho la pentola...
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