“Zero Gravity” di Woody Allen
È di qualche giorno fa la notizia che Woody Allen girerà un altro film e che questo sarà il suo ultimo lavoro come regista. Al giornalista che gli chiede cosa avrebbe fatto dopo, il regista di Manhattan ha risposto che si sarebbe dedicato interamente alla stesura di romanzi.
Che il regista fosse da sempre interessato alla scrittura, si capiva già dal fatto che tutti i suoi film siano stati scritti interamente da lui. Non esiste alcuna pellicola per la quale regista e sceneggiatore siano sempre la stessa persona, o meglio ci sono tanti registi che hanno scritto i propri film, ma alcune volte si sono dovuti appoggiare a persone esterne, questo Woody Allen non lo ha mai fatto. Ogni sua sceneggiatura è diventata un film, bello o brutto, tutto quello che abbiamo visto al cinema è frutto del suo ingegno.
Questa passione per la scrittura lo porta inevitabilmente a scrivere, durante la sua carriera, diversi libri che sono rimasti tali, nel senso che non hanno trasposizioni cinematografiche. Infatti risale al 1971 la pubblicazione del suo primo libro (Getting Even, New York, Random House) a cui seguiranno altre sette pubblicazioni, tra le quali l’ultima sua opera Zero Gravity, uscita in Italia per La Nave di Teseo.
Dopo il successo del libro precedente (A proposito di niente) il regista newyorchese replica la stessa forma narrativa dando al lettore non una storia completa, ma solo una serie di short stories, di cui alcune uscite sul «New Yorker», altre scritte appositamente per questo volume.
Le storie narrate affrontano diversi argomenti e tematiche, il che farebbe del libro un’opera alquanto banale, ma quando ci s’imbatte nel suo umorismo è inevitabile proseguire la lettura fino all’ultima pagina.
«I miei genitori si aspettavano due gemelli, e furono distrutti quando scoprirono che c'ero solo io. Non riuscivano a farsene una ragione. Per i primi anni mi vestirono come due gemelli. Due berretti. due paia di scarpe. Ancora oggi mi chiedono di Chester.»(pag. 99)
L’umorismo di Woody Allen è sempre stato il marchio di fabbrica che ha caratterizzato la sua carriera cinematografica, anche quando girava film decisamente diversi (vedi Match Point). Un umorismo impregnato di riferimenti letterari, di malinconia, di anedonia e di un certo tipo di scetticismo.
Durante la lettura di queste storie ci imbattiamo in diversi personaggi con dei nomi esilaranti come Fallopian, Airhead, Kashflow, ma la sua battuta tagliente colpisce anche i colleghi del mondo dello spettacolo, e lo fa in maniera molto velata anche perché alcuni titoli come Mucche Assassine o L’Origine del Pollo sono storie che sanno di presa in giro nei confronti di Hollywood che da qualche anno a questa parte lo ha praticamente snobbato a causa della sua vita privata.
Ci troviamo di fronte a un’opera ricca di storie che fanno ridere, sorridere e infine riflettere.
Di certo non è il libro della vita, non è certo un capolavoro e di sicuro, a mio parere, è nettamente inferiore al suo gemello A Proposito di Niente. Anche perché non dimentichiamo che il regista è newyorchese purosangue e americano a tutti gli effetti, per cui molte storie sarebbero più apprezzate se fossimo statunitensi. Infatti quando cita personaggi e luoghi a noi sconosciuti l’effetto, la logica della storia e quindi la sua morale si perdono.
Molto probabilmente è più un libro adatto e indicato ai fan accaniti del regista di Io e Annie e non nascondo che io stesso sia tra questi, ma a mio parere è un modo come un altro per entrare nel mondo e nella testa di un personaggio storico che resterà nella memoria collettiva anche quando non ci sarà più. Un autore che ha saputo usare le storie che ha scritto, raccontato e girato come metafore per veicolare la sua visione sul presente. Un autore che disturba ipocrisia di molti benpensanti anche attraverso la sua vita privata che, nonostante tutto, non ha scalfito neanche di un millimetro la sua ironia e la sua capacità di affascinarci. Ben tornato Woody.
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