“Wool” di Hugh Howey
È arrivato anche in Italia, pubblicato dalla casa editrice Fabbri, quello che lo stesso editore nella nota definisce un caso editoriale. Wool, dell’americano Hugh Howey, nasce quasi per gioco, pubblicato, a puntate e in modalità elettronica, dallo stesso autore e poi balzato agli occhi della critica e dei grandi editori per l’elevatissimo numero di download, oltre 400mila, e recensioni positive. In Italia, esce come raccolta dei primi cinque libri della serie: Holston; Il giusto calibro; Intrecciare le maglie; Lo svelamento; I dimenticati. La traduzione è a cura di Giulio Lupieri.
È un libro massiccio Wool, che consta di ben 560 pagine, e inizialmente intimorisce il lettore per la sua mole ma poi, un capitolo dopo l’altro, la storia scorre piacevolmente al punto che, quasi increduli, ci si rammarica che sia già finito.
Wool di Hugh Howey viene classificato come distopico, ma fin dalle prime battute emerge tutta la sua originalità anche riguardo a un genere che fa della meraviglia la sua forza. Gli abitanti del silo credono che quello sia il loro mondo, oltre alla loro casa, e si sentono al sicuro, protetti dagli orrori che rimanda la Vista. Eseguono ordini e obbediscono a regole ferree per non essere costretti a diventare i prossimi Pulitori, scortati fuori dal loro guscio e destinati a morte certa, scambiando per sicurezza ciò che in realtà è terrore. Sono cresciuti con la paura di quanto accaduto durante l’ultima Rivolta e soprattutto durante la dura repressione che ne è conseguita, con l’ansia di sbagliare, nei gesti o nelle parole, ed essere costretti a passare la loro ultima notte nella cella di sicurezza; forzati a ritenere, o fingere di farlo, che quello costituito sia l’unico ordine razionale possibile.
La morte di Holston, l’ultimo sceriffo del silo e anche il suo ultimo Pulitore, innesca una serie di eventi che finiscono con il legare indissolubilmente persone che si amano, che si conoscono appena o si ignoravano fino a un attimo prima, ma che si ritrovano tutte unite dallo stesso intento: scoprire la verità e fare giustizia.
Il libro di Howey invita a riflettere sul mondo di Wool, ma anche sul nostro, che tanto gli somiglia. Dentro una costruzione a spirale (i silos dove abitano i personaggi del romanzo sono locali interrati a più livelli, attraversati da una scala a chiocciola), emerge più chiaramente l’ordinamento piramidale della società che a noi spesso sembra sfuggire perché viviamo in uno spazio aperto e pensiamo di essere liberi e tutelati. Lo pensavano anche gli abitanti del silo fino a quando Luckas non ha avuto il coraggio di affermare a pieni polmoni che «Queste sono prigioni. Gabbie, non case […] Non sono state costruite per proteggerci, ma per costringerci ad accettare la loro visione […] Di un mondo dove siamo troppo uguali».
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La funzione svolta dalla visione nella nostra società, nei silos è assolta dall'informazione; quando questa viene manipolata per creare false aspettative o illusorie paure, in modo da animare o rabbonire le masse e soggiogarle alle classi che detengono il potere, anche qui come lì racchiuso in stanze segrete.
Nei silos, la gran parte delle persone occupa i piani bassi, collocati nelle viscere della terra se si considera che ogni silo si compone di 144 livelli interrati. Operai, meccanici, minatori, elettricisti, gente che si spacca la schiena e si sporca le mani, avvezza a obbedire agli ordini di pochi abitanti dei piani alti, climatizzati, riforniti e con la Vista, ma soprattutto con il comando, persone che la schiena non la curvano mai e il cui sporco difficilmente lo puoi vedere a occhio nudo.
Howey ci insegna, o perlomeno ci rammenta, che quelli che per necessità si isolano da tutto, anche dagli affetti, sono poi pronti a rischiare la vita pur di aiutare gli altri, mentre coloro che sono preposti con incarichi e compensi a questi compiti non fanno altro che salvaguardare i propri interessi e guadagni. Anche nel nostro mondo quando qualcuno si esprime in piena libertà di pensiero e non si conforma, per quieto vivere, al pensiero comunemente accettato, viene spesso tacciato di avere pregiudizi o di essere fazioso. Perché ammettere un diverso ordine degli eventi equivale anche a dover per forza di cose riscrivere la storia o parte di essa.
Juliette ha deciso che vuole riscrivere la storia del silo 18 ed è fermamente decisa ad andare avanti con o senza l’aiuto di Luckas e Peter: «So cosa state pensando. Credete che le menzogne e la paura siano necessarie… Ma cosa potremmo inventare di più spaventoso di quello che c’è là fuori?». Come darle torto?
Una volta trovata la chiave che apre tutte le porte, che svela tutti i misteri, i crimini irrisolti e lentamente mina l’apparato di menzogne abilmente costruito per fare in modo che il tempo scorra inesorabile e il tutto resti immutato, gli abitanti del silo 18 non saranno più gli stessi di prima e tornare indietro sarà più che improbabile. È per questi motivi che il libro di Howey va considerato ben oltre un romanzo post-apocalittico; va letto e interpretato per ciò che realmente rappresenta: un’analisi attenta della nostra società e delle deleterie conseguenze cui sta andando incontro.
La corretta informazione e la comunicazione sono la chiave che ha consentito a Juliette di rimanere in contatto con Luckas, di ritrovare Walker, Shirlie e tutti i suoi amici del reparto meccanica; ha permesso a Luckas e Peter di intercettare la discussione tra lei e Bernard; ha dato la possibilità di riscatto agli abitanti del silo 18 e di rinascita a quelli del silo 17.
Non stupisce il successo ottenuto in breve tempo da Wool; lo merita interamente. Come nel caso dei film monumentali di James Cameron è necessario riportare queste opere alla loro fonte e non lasciarle in un tempo o un mondo lontani. In un certo senso potrebbero costituire una possibile chiave di lettura della nostra realtà, come i libri che Bernard non voleva che Luckas leggesse; non erano inutili ma pericolosi perché gli sono serviti ad aprire gli occhi e vedere un futuro diverso.
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