Woody Allen racconta la sua vita in “A proposito di niente”
È strano come nelle biografie dei grandi registi ci sia sempre una parte della loro vita caratterizzata da episodi negativi, scandali o polemiche che avrebbero minato la loro carriera e invece sono ancora nei nostri cuori e continuiamo ad amare la loro arte. Come si fa a non adorare Charlie Chaplin nonostante lo scandalo che seguì il suo matrimonio con una sedicenne e come si fa a non restare pietrificato dalle immagini create da Roman Polanski nonostante l’accusa di stupro. Accuse, infamie, a volte vere, a volte montate dalla stampa che hanno portato i due registi a fuggire dagli Stati Uniti per non tornare mai più (tranne l’Oscar onorario del 1973 a Charlie Chaplin).
Ora io non voglio scrivere questo articolo per discutere se questi registi appena citati siano dei mostri sacri o no, certo lo stupro, la pedofilia, l’omicidio sono episodi da condannare a priori, ma allo stesso tempo, nonostante tutto, non potrò mai smettere di amare film come Il grande dittatore, Tempi moderni, Il monello, Chinatown, Frantic o Il pianista.
In tempi più recenti a questi registi macchiati dagli scandali, si è aggiunto Allan Stewart Königsberg meglio noto come Woody Allen.
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Woody Allen non ha certo bisogno di grandi presentazioni. Un regista e sceneggiatore raffinato e pungente, le sue battute sono tra le più citate, i sui temi spaziano dalle crisi esistenziali tipiche degli ambienti intellettuali e radical chic alle critiche verso la comunità ebraica newyorchese, il capitalismo («Dio è morto, Marx pure, e anche io non mi sento molto bene»), la borghesia, la psicoanalisi, il jazz, l’ipocondria, insomma temi che hanno portato Allen a essere considerato più un regista europeo che americano. Le sue tematichesono sempre affrontate con grande auto-ironia e forse per questo motivo che le sue pellicole sono state amate e in quattro occasioni premiate con l’Oscar.
Eppure nonostante tutto, all’inizio degli anni Novanta, Mia Farrow (al tempo compagna del regista) scopre sul caminetto della casa delle foto nude della figlia adottiva Soon Yi scattate da Allen. Quello che ne segue è uno scandalo di dimensioni gigantesche che portano la Farrow a separarsi e ad allontanare i figli dal regista che da quel momento viene considerato un pedofilo, un pederasta. Anche la sua carriera viene emessa in discussione e a poco serve quando il tribunale giudica Allen non colpevole, innocente sotto tutti i punti di vista, ormai la sua immagine è compromessa e la prova tangibile l’abbiamo avuta proprio in questi mesi, quando viene annunciata la pubblicazione della sua autobiografia A proposito di niente (La nave di Teseo, traduzione di Alberto Pezzotta), un libro che, per inciso, negli Stati Uniti non è stato pubblicato.
Il libro è scritto nel tipico stile inconfondibile di Woody Allen, un libro con una storia già nota con delle aggiunte tipiche da director’s cut e contenuti extra (tanto per usare termini cinematografici). Emozionante quando parla della sua città, dell’amata e odiata New York e in particolar modo di Manhattan, della sua famiglia, dei continui e non ricambiati innamoramenti, degli inizi come comico fino all’esordio come attore nel 1965 in Ciao Pussycat di Clive Donner e come regista l’anno successivo con Che fai, rubi?
Un libro che non ha capitoli, che non segue una linea temporale anche perché, come fa spesso nei suoi film, l’autore ama divagare, raccontando episodi e aneddoti di poco conto e totalmente irrilevanti.
Woody Allen diventa più serio nella parte dedicata alla realizzazione del film Mariti e mogli, perché proprio in quegli anni stava scoppiando il caso Soon Yi, e mantenendo un certo sarcasmo parla di Mia Farrow, di Dylan e Ronan Farrow (figli della donna) che a detta del regista sarebbero stati plagiati dalla madre per gettare fango sulla sua immagine e sulla sua reputazione. Ovvia considerazione sul caso Weinstein e sul movimento #metoo e il regista chiede solo che ci siano un’analisi e un’adeguata valutazione, cosa che nel caso Allen-Farrow non è avvenuta.
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Quando poi torna a parlare di cinema, Allen ci racconta che alla fine, nonostante il successo, non ha mai realizzato il suo film capolavoro: è forse l’unico grande rammarico della sua vita.
In una recente intervista concessa all’inserto del «Corriere della Sera», il giornalista chiede ad Allen come sarà ricordato in futuro e lui con il suo sarcasmo e il suo cinismo risponde candidamente che non gli interessa essere ricordato né come un grande regista, né come un pedofilo, la cosa più importante è che le sue ceneri vengano sepolte vicino a una farmacia. Grande Woody.
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