Wolfgang Amadeus Mozart e il viaggio in Italia insieme al padre Leopold
La corrispondenza dei giorni trionfali trascorsi dal giovane Mozarrt in Italia dal 1769 al 1773 è raccolta nel secondo volume di Lettere della famiglia Mozart edito a giugno da il Saggiatore, con la traduzione di Elli Stern per le lettere. La cura di Patrizia Rebulla si rivela nella costruzione dell’apparato critico e delle ricche appendici divise in tre particolari capitoli dedicati all’iconografia, ai luoghi e alle persone con i quali Leopold Mozart e il figlio Wolfgang sono entrati in contatto nei quattro anni di viaggio.
Queste centoquaranta lettere, numerate e commentate, sono la testimonianza ancora viva dei racconti e delle raccomandazioni di Leopold e del figlio Wolfgang alla moglie e madre Anna Maria e alla figlia e sorella Maria Anna, detta affettuosamente Nannerl, che leggevano divertite e orgogliose dalla loro casa di Salisburgo.
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Il padre di cinquant’anni e il figlio di quattordici hanno sopportato il freddo dell’inverno, i pasti a volte frugali per contenere le spese degli spostamenti in carrozza, il sonno spesso troppo breve, e tutto perché il talento musicale del piccolo prodigio fosse reso noto in quell’Italia di fine Settecento che dava merito e formazione ai giovani musicisti di area tedesca.
Leopold, instancabile violinista dallo spirito ribelle, si rivela, in questo ricco epistolario, l’appassionato regista del lungo viaggio in tre tempi condotto con il figlio e ammaliato dal linguaggio dell’arte italiana che ha sempre studiato in gioventù insieme alla sua amata musica; le emozioni e le soddisfazioni di Wolfgang Amadeus le troviamo quasi sempre in chiusura di lettera: sono le brevi e accese descrizioni per le amate madre e sorella che raccontano, giorno per giorno, i sodalizi con l’aristocrazia, gli eventi culturali, gli inviti presso i “bei palazzi” e i teatri e le accademie, i pranzi raffinati e quelli molto più modesti nelle locande per la notte.
Un percorso per corrispondenza che proietta il lettore indietro di due secoli e più, immergendolo in quel carnevale di Venezia, in quel Regio Ducal Teatro di Milano, in quella Parma con la “Bastardella”, in quella Firenze del granduca, in quella Roma di papa Clemente XIV e in quei due rientri a Salisburgo per poi ripartire verso il Belpaese un’ultima, agognata volta; sullo sfondo Amadeus con le sue esibizioni e le nuove composizioni che hanno segnato la storia della musica e la sua storia, dentro e fuori la famiglia Mozart.
I successi del Maestrino sono inaspettati anche per il padre che nella lettera n. 225 scrive alla moglie:
« Sia lodato Iddio, la prima rappresentazione dell’Opera ha avuto luogo il 26 con plauso unanime: e sono accadute due cose che a Milano non erano mai successe; ossia che (contro ogni consuetudine della prima Sera) un’aria della prima Donna è stata bissata, […], e secondo, che dopo quasi tutte le arie, tranne forse qualcuna di quelle delle ultime Parti, è seguito un applauso clamoroso e grida di Viva il Maestro, viva il Maestrino».
Si tratta dell’opera Mitridate, re di Ponto K 87 il cui lavoro di scrittura inizia durante il primo soggiorno di Amadeus a Milano, in casa del conte Firmian, nei giorni di carnevale dell’anno 1770. Nel libretto di Mitridate Wolfgang viene presentato come “«Il Sig. Cavaliere Amadeo Wolfango Mozart, Accademico Filarmonico di Bologna, e Maestro della Musica di S.A.R.ma il Principe, ed Arcivescovo di Salisburgo».
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Dopo il trionfo milanese, padre e figlio scelgono di ripartire per raggiungere Venezia. Qui, tra un invito e un altro, prolungano il soggiorno; le gondole dei signori che se li contendono in visita presso le proprie dimore nobiliari sono fisse davanti alla loro casa e pronte a navigare il Canal Grande. Leopold scrive alla moglie che i suoi programmi prevedono di ritornare a Salisburgo per Pasqua: intanto è l’1 marzo 1771. Da alcune note alle lettere di questi giorni veneziani, inserite da Patrizia Rabulla, si evince però che le aspettative di Leopold relative a un’accoglienza paragonabile a quella delle altre città vengono deluse; Leopold, infatti, sarebbe apparso oltremodo idolatrico nel presentare le qualità del figlio trasmettendogli, agli occhi dei veneziani, un sentimento di onnipotenza.
Forse perché questo padre intravedeva, nelle note composte dal figlio e nella sua maturazione artistica, un brivido di vitalità, un’emozione, una sapienza che avrebbero resistito nei secoli, mantenendosi uniche e anche per questo esemplari.
Il 12 marzo i Mozart si allontanano da Venezia su un Borcello privato, un’imbarcazione che percorreva il Canale di Brenta fino a Padova e che veniva utilizzata dai benestanti; in particolare il viaggio fu presenziato dai signori Wider e Gian Maria Ortes. Il rientro nella casa familiare di Salisburgo è ormai vicino: il 25 marzo scrivono da Innsbruck e tre giorni dopo riabbracciano le loro amate donne.
Leopold e Wolfgang programmano il secondo viaggio in Italia nell’agosto dello stesso anno con l’obiettivo di ritornare a Milano per consegnare la composizione di Ascanio in Alba K 111: la lettera n. 239 indirizzata al conte Giovanni Luca Pallavicini conferma tali intendimenti.
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Il 15 dicembre del 1771 termina il secondo viaggio in Italia che riprende, per la terza e ultima volta il 24 ottobre dell’anno successivo. La speranza di Leopold, purtroppo delusa, era quella di garantire al figlio un posto stabile in una delle corti italiane; il 27 febbraio 1773 egli scrive l’ultima lettera alla moglie aprendosi ad una inaspettata confessione: «Non puoi immaginare quanto io sia scosso per la nostra partenza; mi è difficile lasciare l’Italia».
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