Vita di Luigi Tenco, la verità sulla storia con Dalida e i suoi libri preferiti
A cinquant’anni dalla sua morte, Bompiani pubblica la biografia Vita di Luigi Tenco di Aldo Colonna, un’opera che analizza gli aspetti privati e professionali di un artista poco incline ai compromessi, di un uomo che «sorride di rado», eppure è stato capace di lasciare un segno indelebile nel panorama musicale italiano.
La tragica fine di Tenco è nota a tutti: Luigi fu ritrovato cadavere nella sua stanza d’albergo il 27 gennaio 1967, ucciso da un colpo di pistola.
Si era presentato al Festival di Sanremo con Ciao amore ciao, splendida canzone dalla fortuna postuma che, purtroppo, al tempo non venne particolarmente apprezzata dagli organizzatori della kermesse, tanto da non venire ammessa alla serata finale e fallendo anche al ripescaggio (venne, al contrario, favorita La rivoluzione di Gianni Pettenati, pare su pressione del giornalista Ugo Zatterin, membro della relativa commissione). Alla fine, si stabilì che Tenco si suicidò in segno di protesta – alcuni testimoni presenti quella sera riferirono di uno stato di alterazione, causato dall’assunzione di alcolici e Pronox – e, a conferma di tale versione, ci fu il ritrovamento di un biglietto in cui il cantante spiegava il perché del suo gesto (i colleghi, da Gino Paoli all’amico Fabrizio De André, hanno sempre sostenuto l’ipotesi del suicidio, mentre altri hanno considerato l’idea che fosse stato ucciso).
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Insieme all’episodio relativo alla morte di Tenco (che trova ampio spazio nel libro di Colonna), sono particolarmente interessanti i numerosi aneddoti legati alla vita famigliare e alla carriera. Intanto, non era il figlio naturale di Giuseppe Tenco, ma del sedicenne Carlo Micca, al quale fu sempre impedito di riconoscere Luigi, che visse per alcuni anni in provincia di Alessandria, fino al trasferimento insieme alla madre e al fratello in Liguria. Nel volume poi sono approfonditi alcuni degli aspetti più importanti legati alla figura del cantante, come i primi esperimenti in musica, la sua parentesi come attore, la relazione con Dalida, i testi di alcuni dibattiti e interviste. La parte finale della biografia è dedicata agli inediti e alle registrazioni postume.
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Per quanto riguarda il Tenco attore, ricordiamo solo la sua partecipazione a La cuccagna diLuciano Salcenel 1962 (fu Luigi a insistere per inserire nel film la canzone La ballata dell’eroe dell’amico Fabrizio De André), mentre, in merito alla relazione con Dalida, Colonna descrive il rapporto con la donna in termini molto poco romantici: in una lettera indirizzata da Tenco a Valeria, una ragazza a cui era profondamente legato, Luigi afferma che la liaison con Dalida è solo finzione, a beneficio della stampa («Tenco e Dalida, la coppia vincente del prossimo Festival. Che notizia golosa per i giornalisti!»). Tenco descrive Dalida come «una donna viziata, nevrotica, ignorante, che rifiuta l’idea di una sconfitta professionale e sentimentale che sia», distruggendo così il mito costruito intorno alla grande passione che presumibilmente avrebbe incendiato l’animo dei due artisti.
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Come non citare, poi, le letture preferite di Tenco? Sicuramente lo affascinava Dino Campana, ma fu l’opera di Cesare Pavese ad attirare la sua attenzione. Lesse i testi basilari, da La luna e i falò a Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, Il mestiere di vivere e Lavorare stanca. Colonna cita anche un collegamento tra i versi di Amore, amore mio e un passo di una lettera di Pavese a Doris Dowling dell’8 giugno 1960. Ma Luigi apprezzò anche Montale, Ungaretti, Sbarbaro, Caproni, Fenoglio, Silone; degli autori americani lesse Steinbeck, Caldwell, Faulkner, Hemingway, Salinger, L’antologia di Spoon River (testo che ispirò a Riccardo Mannerini una serie di riflessioni, alla base di una proficua collaborazione con De André ne Il cantico dei drogati). La biblioteca di Tenco comprendeva inoltre opere di Sartre, Camus, Baudelaire, Rimbaud, Verlaine, Céline (di cui lesse, a soli diciassette anni, Viaggio al termine della notte), Kafka, Orwell, Byron, Joyce, Mann. Insomma, come scritto da Colonna, una curiosità intellettuale variegata, tipica dell’autodidatta dominato dalla fame di sapere «di chi non ha eletto, per sé, educatori».
Il libro di Colonna ci presenta un Tenco pieno di passione, anticonformista, fedele alle sue convinzioni, ma pure ricco di contraddizioni e fragilità. Di lui resta impressa nella memoria collettiva la dolorosa scomparsa, ma ricordiamo che Luigi fu soprattutto un artista raffinato e innovativo, riscoperto e apprezzato dalle generazioni successive di ammiratori e addetti ai lavori (non dimentichiamo la nascita del Club Tenco, dell’omonimo premio e della prestigiosa Targa Tenco). La biografia è una lettura utile per perpetrare il ricordo di Luigi Tenco e, soprattutto, per approfondire i vari aspetti della sua complessa personalità, artistica e umana.
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