“Via Ripetta 155” di Clara Sereni: autobiografia di una giovane sessantottina
Via Ripetta 155, edito da Giunti, è il nuovo romanzo di Clara Sereni, una scrittrice che ha ricevuto già notevoli riconoscimenti, fra cui il Premio Marotta nel 1993 con Il gioco dei regni e il Premio Nazionale Letterario Pisa nel 2002 con Passami il sale, e in corsa, quest'anno, per il Premio Strega 2015. A distanza di otto anni dalla pubblicazione del suo ultimo libro, Il lupo mercante, Clara Sereni ritorna con una storia tutta autobiografica sullo sfondo del celebre decennio sessantottino.
1968 è il titolo del primo capitolo del romanzo, nonché l’inizio di una nuova vita per Clara Sereni, che lascia la casa paterna ad appena diciannove anni in nome della libertà personale e in fuga da un rapporto mai sbocciato con il genitore, per poi adattarsi a vivere da sola in una via non lontana dal centro di Roma: Via Ripetta 155. Per la figlia dell’ex dirigente del PCI Emilio Sereni comincia una fase di crescita e scoperta: la vita libera e libertina di una ragazza di quegli anni si fonde con un momento storico che la penisola italiana non potrà mai cancellare; non soltanto un anno, ma l’avvento di un’epoca fatta di idealismi ed energia che avrebbe dato una pesante sferzata all’Italia democristiana del decennio precedente.
Ogni anno un capitolo nuovo, un diario autobiografico dove la vita personale, con i suoi piccoli problemi di organizzazione abitativa – fra oggetti recuperati, verniciatura manuale, materasso e stufetta usata – si incrocia con gli spaventosi ricordi della storia italiana: i morti di Via Larga a Milano, gli scontri con i fascisti a San Babila, la battaglia di Valle Giulia a Roma, le bombe alla Banca dell’Agricoltura, la morte di Pinelli, l’uccisione del Commissario Calabresi, la strage di Brescia, la strage dell’Italicus e da lì a poco il misterioso omicidio di Aldo Moro. Il resoconto diaristico si fa dunque pubblico e spiattella al lettore cosa rappresentò per molti giovani quel periodo, come fu vissuto e quali false ideologie o disorientamenti politici portarono al vuoto di ideali di cui ancora oggi si avverte la mancanza.
Nessun periodo pedante, abolita o quasi la presenza di subordinate; piuttosto dialoghi diretti, brevi e profonde riflessioni, poco spazio a un resoconto noioso ed eccessivamente cronachistico. Solo il desiderio finora sopito di svelare i ricordi dell’età giovanile: la lotta di classe, gli scontri con la polizia, le canzoni di protesta, le manifestazioni di piazza, i festival del cinema e i film semiclandestini. Una scrittura limpida, piacevole e scorrevole per narrare nove anni di vita in cui Clara Sereni cambia in maniera radicale, così come cambia la realtà che la circonda. Dai legami fatui e l’amore libero, nato nelle serate di gruppo al Folkstudio con Giovanna Martini o in casa fra canzoni, chitarra e svaghi di gioventù, si passa alla storia d’amore con l’uomo della sua vita, Stefano Rulli.
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In parallelo all’evoluzione della protagonista c’è lo sviluppo della storia. Dopo il turbine del Sessantotto, l’Italia sceglie lo strumento della protesta violenta (fascista o comunista) tra cortei e feste dell’Unità, le stragi di Piazza Fontana, di Piazza della Loggia e la strage di Bologna, con il terrore di vedere fra quei morti persone conosciute o con cui s’erano condivisi capodanni. In contrappeso a questo decennio, caratterizzato da un climax di violenza, si innesta il rapporto ritrovato con il padre, personalità imponente e distaccata, con cui Clara non era mai riuscita a imbastire un rapporto di fiducia e serenità.
Ogni anno un capitolo della biografia della scrittrice, ognuno il sunto di 365 giorni di novità, delusioni, speranze e contraddizioni di un’adolescente impegnata nella lotta sociale e politica che diventa una giovane donna in grado di assumersi responsabilità importanti. Una maturazione, quella dell’autrice, che va di pari passo con l’evoluzione italiana, un Paese che passa dalle accese discussioni politiche alla “medietà” della borghesia democristiana. L’io narrante, che coincide con il personaggio di Clara Sereni, è interno alla storia e non prende le distanze dagli avvenimenti raccontati. In realtà, sebbene sia cosciente delle supposizioni ideologiche errate che guidavano la gioventù dell’epoca, non emette giudizi, non rinnega; piuttosto riporta tutto sulla pagina, compiacendosi delle azioni ingenue e degli sbagli commessi. Ecco perché, nella sua ottica, il Sessantotto arriva a caratterizzarsi soltanto come una sconfitta a metà.
Il piccolo appartamento di Clara è l’emblema di un rifugio per scappare dal disagio paterno, per sedare le proprie inquietudini giovanili e per allontanarsi dalle urla della società in subbuglio. Cosa rappresenta quella casa arredata con sudore e pochi soldi, luogo di notti d’amore e ritrovi festaioli? È il luogo dove più forte si sente il maggior punto di contatto fra l’io della protagonista e il “noi” collettivo della contestazione giovanile, colta nella sua bellezza più che nell’immaturità delle sue scelte.
Il trasloco in via Monteverde, invece, rappresenterà la chiusura definitiva con quel mondo e il convincimento che l’amore e il “non matrimonio” con Stefano sono la spalla sicura su cui poggiarsi per realizzarsi pienamente. Cosa resta di quel frastuono che tentò di rivoluzionare idee, costumi e strutture societarie del Bel Paese? Da una parte il rimpianto per una rivoluzione pacifica mancata, travolta dal terrore, dal terrorismo e dalla confusione; dall’altra il rammarico per degli anni in cui non solo la libertà era sfrenata, ma i giovani, come quelli di Via Ripetta 155, anziché litigare “per le ciliegie”, discutevano accanitamente per un mucchio di idee che avrebbero dovuto modificare il futuro di tutti.
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