Ventidue donne, tra angeli e carnefici. Intervista a Cinzia Tani
Nel recente Angeli e carnefici (Rizzoli), Cinzia Tani mette a confronto undici coppie di donne, equamente distribuite tra i due estremi che danno il titolo al libro. Si tratta di ventidue biografie che indagano l’infanzia di donne celebri che hanno saputo affermarsi nel campo scelto e di altre che invece hanno scelto la strada della delinquenza, spesso del delitto vero e proprio.
Perché metterle a confronto? Cosa possiamo apprendere da queste biografie incrociate? Proprio da qui siamo partiti per la nostra intervista a Cinzia Tani.
In Angeli e carnefici lei pone al centro della narrazione ventidue donne importanti, equamente divise tra angeli e carnefici, appunto. Cosa accomuna queste figure?
Sono donne nate nello stesso anno: una ha intrapreso la strada del bene e l’altra quella del male. Non è stato facile fare gli abbinamenti. Dovevo trovare donne di cui poter reperire sufficiente documentazione per narrare la loro vita. Per le donne di successo è stato più facile, per le assassine più difficile perché sono meno conosciute. Inoltre a volte avrei voluto raccontare la storia di una donna (angelo o carnefice) di cui non trovavo il personaggio corrispondente. Alla fine ho scritto la storia di undici coppie.
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Lei mette direttamente a confronto donne nate nello stesso anno che, come scrive nella prefazione, «hanno percorso strade diametralmente opposte: una è diventata una stella, l'altra un'assassina». Cosa l'ha guidata nella scelta delle donne da mettere a confronto?
Il mio interesse per il binomio genetica/ambiente mi ha portata a realizzare questa idea. Negli anni si è passati da un determinismo assoluto (Cesare Lombroso) all’importanza esagerata data all’ambiente (Charles Darwin). Oggi sappiamo che siamo figli di entrambi: genetica e ambiente. Le mie sono biografie, non un testo scientifico, naturalmente. Quindi raccontando queste storie non ho voluto dare una risposta ma lasciarla al lettore che, analizzando le diverse vite, può farsi un’idea sul motivo che ha portato ciascuna delle donne a intraprendere una strada invece di un’altra.
Lei indaga anche l’infanzia delle donne analizzate. Ha trovato dei legami solidi tra i loro primi anni di vita e ciò che sono diventate da adulte? E che ruolo occupa il libero arbitrio in tutto questo?
L’infanzia è fondamentale per l’individuo che diventeremo, per questo ho voluto approfondirla in tutte le storie. Molte di queste donne (sia angeli che carnefici) hanno avuto un’infanzia triste, vivendo in un’estrema povertà e spesso con genitori inadeguati. Molte non sono state amate o hanno avuto un padre alcolizzato e violento e una madre indifferente ai loro bisogni. Alcune hanno ereditato alcuni tratti negativi dei genitori, altre positivi. Il libero arbitrio ha fatto sì che, pur avendo avuto problemi economici o affettivi nell’infanzia, alcune donne hanno scelto la strada della loro realizzazione nel bene, mentre altre hanno sfogato la loro rabbia sul prossimo. Dalle storie si può vedere come le donne che hanno sviluppato il loro talento lo hanno fatto superando numerose difficoltà. È stato per passione, la passione è il filo che lega tutte le donne “angeli”. Talenti e passioni che le donne carnefici non hanno avuto.
Il libro sembra porre molti interrogativi sul bene e sul male. In che misura nelle carnefici esaminate esiste qualche sfumatura di bene?
Leggendo queste storie si capisce chiaramente che le donne angeli hanno avuto anche momenti di buio. Greta Garbo aveva un carattere impossibile, Billie Holiday si innamorava di uomini violenti e viziosi, Dolores Ibarruri cede all’amore per un uomo molto più giovane e quando lui la lascia si vendica in modo abietto. Queste donne sono state ribelli, hanno avuto (quasi tutte) molti uomini e spesso uomini sbagliati, alcune sono state egoiste e anaffettive. Ma sono riuscite a realizzare qualcosa di stupefacente. Le carnefici non sono sempre state cattive, lo sono diventate. Una voleva diventare una sarta, ha studiato anche se i genitori non volevano, è partita da sola dalla campagna e si è realizzata in città. Poi, l’amore per un gigolò l’ha totalmente cambiata e ha cominciato a uccidere per pagarsi i divertimenti insieme a lui. Quindi non c’è una differenza netta fra bene e male, almeno all’inizio delle loro vite. Quello che succede poi dipende anche dagli incontri che fanno, dal supporto che trovano, a volte dall’amore giusto e, ripeto dalla passione che le infiamma, per la scienza, la politica, la fotografia, il cinema, la musica, i viaggi etc.
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Le figure femminili di cui scrive sono vissute tra l’Ottocento e il Novecento, dunque la sua analisi copre un arco temporale di quasi due secoli. Che idea si è fatta dei cambiamenti dell’universo femminile nel corso di quegli anni?
Ho individuato figure femminili eccezionali che faccio fatica a trovare oggi. Freya Stark ha viaggiato sola fino a cento anni nei deserti, nella valle degli Assassini, ha scalato montagne, attraversato fiumi. Non c’era un traguardo o un premio da raggiungere. Nonostante il mal di schiena lei ha seguito la sua passione. Rosalind Franklin ha scoperto la struttura del Dna ma è stata messa da parte da un mondo scientifico maschilista che si è attribuito tutto il successo emarginandola. Nonostante questo non si è scoraggiata. Le rivoluzionarie hanno dovuto superare un’infinità di problemi combattendo per le loro idee. Helen Keller, pur sorda muta e cieca, è diventata un’importante scrittrice, conferenziera e viaggiatrice. Billie Holiday era nera e per questo umiliata ed emarginata ma non si è mai rassegnata e ha fatto valere il suo talento musicale. Devo ammettere che sono state proprio le difficoltà da superare, unite alla passione, al talento e alla determinazione, a far compiere a molte donne di quegli anni imprese meravigliose.
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Per la prima foto, copyright: Ayo Ogunseinde su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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