Uno strano incontro con Massimiliano Parente su “Il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler”
«Non sono provocatore, è il mondo che mi provoca».
Così esordisce Massimiliano Parente, rispondendo alle domande sul suo modo di affrontare la scrittura. Domande che gli sono state poste in occasione dell’incontro per la presentazione del suo ultimo libro, Il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler, edito da Mondadori.
L'appuntamento è stato lunedì 24 febbraio alla Cascina Saresina di Pioltello, a pochi chilometri da Milano. Subito stupisce la scelta di una location inusuale per la presentazione di un libro. Ma visitando il luogo e scoprendone la storia, non sorprende che un ambiente così legato all'arte sia stato selezionato per un libro ricco di citazioni artistiche.
Abbandonata dagli agricoltori, fu ristrutturata dall'attuale proprietario, Loris Abate, magnate della moda italiana e grande appassionato di arte. A sorpresa ci viene fatta visitare la collezione privata del padrone di casa e tutti gli invitati (me compreso) rimangono a bocca aperta nel passare tra un Mirò e un vaso etrusco in perfette condizioni. Un'ala della cascina che riesce a non stonare, ricca di storia. Gli organizzatori e lo stesso Parente sono molto disponibili a scambiare qualche parola e mettono a proprio agio il gruppo che scalpita per porre una domanda sul libro.
L'incontro, molto informale, continua nella sala degli eventi in cui alcuni “personaggi” della storia raccontata fanno la loro comparsa: la scultura a forma fallica attribuita a Man Ray e delle svastiche create con dei cioccolatini Kinder. «Noi qua siamo tutti antifascisti e antinazisti» dice per rassicurare alcuni volti titubanti. Ci ritroviamo ad affrontare un ambiente che continua a mischiare narrazione e realtà e il protagonista del libro continua a invadere il salone attraverso le battute di Parente.
Il libro racconta la storia di Max Fontana, un artista che diventa celebre dopo aver eiaculato su L'origine del mondo di Courbet. Da allora la provocazione diventa parte del suo modo di essere, a partire dall'aspetto: imita la pettinatura di Hitler, anche se colora i capelli come quelli di Joker, l'avversario celebre di Batman. Dopo aver realizzato sculture con Madonne piene di svastiche e aver scelto come animale domestico uno scimpanzé di nome Martina, capace di comunicare con il linguaggio dei segni, si ritrova a scappare a seguito di un omicidio, la cui vittima è stata trasformata in una vera e propria opera d'arte.
Su proposta di un invitato ci ritroviamo attorno a un tavolo per porre finalmente qualche domanda all'autore, interrotti soltanto dall'arrivo di Barbara D'Urso e di una torta sacher a forma di svastica, esorcizzata da un taglio inesorabile e da una Transustanziazione pop.
L'autore ci chiede: «Cosa ne pensate di Max Fontana?»
Nessuno risponde, qualcuno sorride. Prende la palla al balzo e ci dice la sua: «Qualcuno ha paragonato Max Fontana a Cattelan, ma non è così. Il mio protagonista è provocazione assoluta senza compromessi. Avevamo anche paura che la Chiesa o gli ebrei si incazzassero, invece ricevo solo commenti positivi. Sono tutti contenti».
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Può vivere l'arte moderna senza provocazione?
Dove gli altri vedono la provocazione io vedo delle verità che smuovono meccanismi rassicuranti che sono intorno a noi o che ci siamo creati. Tutte le recensioni hanno parlato della “provocazione”, ma nel libro viene descritto bene il meccanismo della critica, sia di destra sia di sinistra, che si muove su due binari ben definiti, ma che, in realtà, sono due facce della stessa medaglia. I media continuano ad alimentare questa falsa contrapposizione.
Nel libro si parla di privacy...
Max Fontana è contro la privacy e pure io. La gente pubblica sui social network qualsiasi pensiero, immagine, evento per paura di non essere cagata. E quando nessuno ti considera allora ti appelli alla privacy. Facebook è nato per la voglia di essere pubblici.
Quanto Massimiliano Parente c'è dentro il protagonista.
Mi è stata proposta una sfida: scrivere un libro che non avesse me come protagonista. Allora sono andato oltre. Mi sono superato attraverso il romanzo permettendomi anche di inserire elementi come la storia dell'arte (in cui Parente è laureato, n.d.r.) e Duchamp, l'artista che ritengo abbia portato una rivoluzione.
Hitler è diventata un'icona pop?
Hitler è affascinante e la forza dei simboli è scolorita. Se voi doveste andare a cena e doveste scegliere fra Bersani e Hitler, chi scegliereste? Io Hitler, anche per sapere cosa ne pensa del McDonald’s o di Twitter.
Senza parlare del finale, esiste un ripensamento di Max Fontana nella scena che conclude il libro?
L'ultimo capitolo parla di come insegnare la morte a una scimmia. L'unica a uscirne redenta è Martina, lo scimpanzé che scopre la morte sulla sua pelle. L'uomo è l'unico animale che è in grado di avere una coscienza della morte e di cercare per tutto il tempo di sfuggirne creando, ad esempio, il paradiso.
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