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Uno scrittore che dà del “tu” alle parole. “Telefono” di Percival Everett

Uno scrittore che dà del “tu” alle parole. “Telefono” di Percival EverettTelefono (La nave di Teseo, traduzione di Andrea Silvestri) è l’ultimo romanzo di Percival Everett, scrittore americano nonché professore alla University of Southern California. Nato nel 1956 a Fort Gordon, con questo suo lavoro letterario è stato finalista al premio Pulitzer per il 2021, ma con altri libri aveva già all’attivo svariati premi.

Telefono è un romanzo scritto con grande maestria da Everett: ogni frase, ogni parola mi ha dato l’idea di qualcosa di prezioso e ben modellato, quasi come se l’autore americano fosse un abile “mago” della scrittura. Il romanzo è molto coinvolgente e al contempo impegnativo, ma vale comunque la pena immergersi nelle 285 pagine per lasciarsi ammantare dalla sua complessità e ricercatezza.

 

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Il protagonista della storia, ambientata a Los Angeles in California, si chiama Zach Wells e come professione svolge l’attività di docente di geologia all’università. La voce narrante del romanzo è proprio quella di Zach per cui in tutto il libro c’è la presenza del suo “io narrante”. I pensieri e le riflessioni del professore sono davvero molto profondi sin dall’inizio del primo capitolo dal titolo Il gatto e il topo. Qui lui si presenta dicendo che il suo cognome «Well, “pozzi” è un nome perfetto per un geologo-barra-paleobiologo». È sposato con Meg, poetessa e professoressa anche lei in un college, e ha una figlia dodicenne, Sarah, e già dalle prime pagine capiamo che la ragazzina, che brilla per la sua intelligenza e passione per gli scacchi, ha un problema di salute, una rara malattia neuro-degenerativa. «Molto spesso le storie cominciano dalla fine. La verità era però che non sapevo quale fosse l’inizio e quale la fine», riflette il protagonista che crea il campo magnetico per attirare il lettore nella sua vicenda esistenziale, alquanto confusa e problematica.

Uno scrittore che dà del “tu” alle parole. “Telefono” di Percival Everett

Lo scrittore Percival in questo libro fa un largo utilizzo di particolari tecniche narrative, come lo spezzettamento di frasi, uso di citazioni latine e note (talvolta pesanti nella lettura) inerenti reperti biologici ritrovati in caverne, che ci danno l’idea dello stato di vuoto che contraddistingue il protagonista, che sembra palesemente insoddisfatto della sua vita. Di una cosa siamo sicuri, che il nostro protagonista nutre un profondo amore paterno per la sua unica figlia. Il destino infame però gli tira un brutto scherzo visto che l’adolescente sarà colpita da una brutta malattia che ne minerà le sue attività intellettive. È un macigno che Zach non può sopportare e per questo anche il rapporto con la moglie sarà a un bivio.

Su questa storia si innesta una vicenda parallela, al limite dell’inverosimile. In una camicia acquistata online trova un biglietto scritto in spagnolo con una richiesta d’aiuto: «Ayudame». Una sorta di messaggio in bottiglia, un accorato appello a prendersi cura di qualcosa o di qualcuno dal volto e sembianze indefinite oppure un semplice “fake: questo l’interrogativo su cui rimugina Zach, comunque alle prese con le sue problematiche. L’evento si ripete in un'altra richiesta di acquisto, per cui il professore viene toccato nell’animo e si lascia andare in questo vortice misterioso, nonostante le condizioni della figlia peggiorino sempre più.

Uno scrittore che dà del “tu” alle parole. “Telefono” di Percival Everett

In sintesi questo il plot attraverso cui si snoda il romanzo e chiaramente non faremo spoiler per invogliare il lettore a leggere il romanzo, che comunque richiede un certo impegno e concentrazione per seguire i pensieri e i soliloqui del protagonista.

Svariate sono altresì le storie di vita vissuta che ci mostrano come Zach si interfacci con i suoi colleghi, studenti e amici. Storie di varia umanità che ci fanno riflettere e danno da pensare che non bisogna mai fermarsi alla superficie delle cose, specie se in ballo ci sono i rapporti interpersonali. In esergo c’è una citazione del filosofo Kiergeraard che, letta a posteriori, dopo aver terminato il romanzo, ci fornisce una interessante chiave di lettura: «Ora vedo perfettamente che sono possibili due casi, si può fare o questo o quello; il mio pensiero sincero e il mio consiglio d’amico sono i seguenti: se fai questo o se fai quello te ne pentirai in ogni caso».

 

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Il protagonista Zach Wells assurge quasi al ruolo di “eroe moderno”, andandosi a impelagare in una impresa che ha dell’incredibile, vista come una sorta di redenzione e ballon d’essai di un destino che gli ha riservato la peggior cosa per un genitore devoto. Nonostante il ritmo del romanzo sia talvolta sincopato, consigliamo la lettura di Telefono per scoprire lo stile particolare di uno scrittore versatile e di alta cultura che dà del “tu” alla prosa e alle parole. I vari salti temporali e di luogo di cui fa uso Percival Everett nella trama ipnotica sono anche un modo di lanciare un messaggio e cioè che tutti noi siamo in balia costantemente delle vicissitudini della vita e che solo noi, con la nostra forza di volontà e carattere, ne possiamo sempre uscire da vincitori, nonostante le tante ammaccature e ferite recondite nel nostro animo che siamo costretti a subire.


Per la prima foto, copyright: Jack Sharp su Unsplash.

Per la terza foto, la fonte è qui.

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