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Una storia che lascia il segno. “Hagard” di Lukas Bärfuss

Una storia che lascia il segno. “Hagard” di Lukas BärfussTradotto in italiano da Marco Federico Solari per L’Orma Editore, Hagard di Lukas Bärfuss è un romanzo da divorare; dopo, però, bisogna lasciare che i bocconi poco masticati diventino parte integrante del proprio organismo e quindi si trasformino in energia e in pensiero.

Avevo riflettuto su altre metafore per rendere l’idea, ma è una esperienza organica e resta, comunque, difficile raccontare cosa si prova a leggere Hagard. Va letto.

Tutto inizia con il protagonista, Philip, in attesa di un cliente importante grazie al quale aumenterà il suo capitale di diversi milioni. Ha tutto Philip, un figlio, e forse una donna che lo aspetta a casa. Questo fatto non è del tutto chiaro per lunga parte del romanzo. Di certo, la donna che lo aspetta è intransigente, pretende che lui arrivi non oltre un certo orario. Ma lui tarderà.

Cosa lo distrae? L’incontro con il cliente? Il pensiero di dover partire tra pochi giorni per le Canarie e concludere un altro affare molto promettente? Cosa impedisce a Philip di salire in auto e andare verso la donna che lo sta aspettando?

 

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La risposta è quasi banale – se il banale fosse davvero contemplabile in un romanzo come Hagard, ma non lo è, nel modo più assoluto. A distrarlo dai suoi intenti è un paio di scarpe. Le indossa una donna che Philip vede solo da lontano, in mezzo ad altre persone. È un paio di scarpe che parla di tutto agli occhi di Philip, che lo attrae magnetico, che lo incatena e lo fa correre per la città.

Una storia che lascia il segno. “Hagard” di Lukas Bärfuss

Ci ritroviamo così nell’eccezionale circostanza in cui stiamo inseguendo un uomo, Philip, che sta inseguendo una donna, una sconosciuta, in un viaggio in mezzo alla città, cercando di indovinare chi sia, quale storia racconti, lei, i suoi acquisti, la sua camminata. Come Philip è stregato dalla sconosciuta, il lettore è stregato dai movimenti di Philip.

Speri che smetta. Speri che Philip torni alla condizione iniziale, in cui aveva un piano, una vita ben definita, un progetto al quale restare fedele. L’aereo da prendere tra due giorni per le Canarie, l’affare da concludere con gli anziani – speriamo incolumi per via di un piccolo incidente avvenuto, appunto, alle Canarie –, la donna che lo attende e che inizia a telefonargli portandogli via la batteria del cellulare.

Speri che non smetta. Speri che raggiunga la sconosciuta, la urti nel passaggio e, mentre lei si volta, tu lettore la vedi, la scruti, la cogli e ti racconti qualcosa del modo in cui vede la vita. Magari, nel chiedere scusa, senti la sua voce e da lì deduci che tipo di donna sia. Chissà, può anche darsi che sorrida a Philip, nonostante la gomitata. Perché no, dopo essersi scusati e sorrisi, lei accetta di prendere un caffè con lui. Non lo possiamo sapere, ma lei potrebbe essere la donna della sua vita.

Una storia che lascia il segno. “Hagard” di Lukas Bärfuss

E mentre i pensieri corrono e si contraddicono nella mente del lettore, Philip continua a inseguire le scarpe e la sconosciuta, si ferma a debita distanza e la osserva; di lei, del suo aspetto fisico, coglie poco. È marzo. È una giornata di sole, ma la donna si svela comunque poco. È Philip che conosciamo meglio grazie alla voce narrante che, a tratti, ci sembra essere l’amico intimo del protagonista. O che lo conosce. Non si è certi: lo conosce o è una storia che ha sentito raccontare da altri?

Dal punto di vista stilistico, Bärfuss è un abile architetto: nessun dettaglio è lasciato al caso, nessuna ombra è l’effetto di un errore, di una sbavatura, di una svista. Le scarpe della sconosciuta intrappolano Philip, che intrappola il narratore, che intrappola il lettore. La stessa traduzione risulta piacevole e fluida, quasi il romanzo fosse raccontato sin da subito in italiano.

 

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Hagard di Lukas Bärfuss si rivela essere uno di quei libri che, alla fine, escono trasformati – come trasformato ne esce chi lo legge. Lo avessi letto in cartaceo, lo avrei riempito di cuori accanto ai brani che più mi hanno colpito, di segni esclamativi vicino a un passaggio che mi ha sorpreso, di sottolineature nei frammenti che avrei ricopiato tra i miei appunti in un secondo momento. È qualcosa di diverso, la storia di Philip, qualcosa che lascia il segno.


Per la prima foto, copyright: Sladjana Karvounis su Unsplash.

Per la terza foto, la fonte è qui.

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