Una scrittura che penetra nel profondo. “L’uomo che trema” di Andrea Pomella
Da sempre, da quando l’uomo è comparso sulla terra ha provato emozioni potentissime e contrastanti: l’amore, la fiducia, la depressione, la paura di ammalarsi, di non farcela, la voglia di competizione, di vincere, di averla vinta su tutto e potremmo andare all’infinito.
Ci sono libri di grandi autori del passato che parlano di tutte queste emozioni, vale la pena citare Italo Svevo che con La coscienza di Zeno trattava il tema dell’ossessione per il fumo. D’Annunzio che in ogni opera, magari non tutte ma la maggior parte, inseriva elementi che trattavano il mondo della sessualità, dell’ossessione per il sesso. In tempi più recenti Patrick Süskind (autore de Il profumo) aveva pubblicato una piccola raccolta di racconti intitolato Ossessioni e vale la pena ricordare anche Il piccione dello stesso autore che affrontava il tema della paura nei confronti di questo innocuo volatile.
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Hornby ha affrontato il tema del suo amore per il calcio (Febbre a 90), Gianluca Morozzi la sua passione per la musica (Despero) Niccolò Ammaniti nei sui romanzi parla quasi sempre di adolescenti e in una sua recente intervista ha dichiarato che in qualche modo questa fascia d’età l’ha sempre affascinato per la sua purezza e per il fatto che non si è ancora contaminati dal mondo, non visto benissimo, degli adulti.
Lo stesso Fabio Volo non è sfuggito alle sue ossessioni, nei suoi libri c’è sempre un uomo con la sindrome di Peter Pan che non sa esattamente sempre cosa vuole e cosa cerca, una donna bellissima che fa perdere la testa, ma contemporaneamente fa soffrire. Nel romanzo Le prime luci del mattino si affrontava il tema del tradimento dal punto di vista femminile.
E poi vale la pena citare Andrea Pomella che nel romanzo Anni luce (candidato al Premio Strega 2018) racconta una storia dove si tratta della passione totale e totalizzante per la musica e in particolar modo per i Pearl Jam.
Andrea Pomella torna a distanza di pochi mesi e pubblica il romanzo L’uomo che trema (Einaudi) e, dopo aver affrontato la dipendenza dai Pearl Jam, imbastisce una storia, in cui la parola d’ordine sembra essere: FIDATEVI!
L’autore è un giornalista che scrive su «Il Fatto Quotidiano», «Unione Sarda», DoppioZero e Minima&Moralia. Prima di cimentarsi in un vero e proprio romanzo, ha pubblicato due libri d’arte (I Musei Vaticani eCaravaggio un artista per immagini). Poi nel 2005 l’esordio come romanziere con Il soldato bianco cui sono succeduti La misura del danno, Anni luce e L’uomo che trema.
Il romanzo parla di un uomo che scopre di avere un male e decide di guardarlo in faccia per capire più che può. Decide di usare le armi che ha a disposizione: l'intelligenza, la forza delle parole, la letteratura, l'arte, la musica, l'ironia e la memoria. Si rende conto che forse la sua situazione non è una cosa di cui lui ha l’esclusiva, sa benissimo che, dalle ultime stime, circa undici milioni di persone soffrono di un male a cui non sanno bene dare un nome.
Potremmo chiamarli malati immaginari, ipocondriaci, bulimia da ricetta medica, eppure i dati sono questi e a mio parere è una cosa che rattrista abbastanza.
Il protagonista guarda la sua malattia come se fosse un corpo estraneo, lo viviseziona, lo analizza, lo studia con cura ed è costretto a farlo perché è in gioco il senso di tutto.
Ci sono tutti gli elementi che possono emozionare nel profondo, la reazione all’uso dei farmaci, la paura, gli appuntamenti con gli psichiatri, la sua relazione e suo figlio costretti a convivere con tutte le sfaccettature che un uomo malato può avere.
E alla fine il ritorno di un antico fantasma di famiglia che rappresenta la luce in fondo al tunnel e la possibilità di pronunciare la parola guarigione.
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Non è facilissimo da leggere, ma non per la qualità della storia, più che altro per l’argomento che spinge a immergersi nel mondo di una persona malata, cosa non facile, seguirla passo dopo passo mantenendo un senso di allerta altissimo, il passaggio da una condizione di dolore fino all’arrivo di una nuova situazione che fa cambiare tutto.
In particolare c’è un capitolo che ti gela. Quello in cui Pomella ripercorre i dieci interminabili anni da disoccupato che non riesce più a guardare un telegiornale roso dall’invidia per chiunque avesse un lavoro e quelli da impiegato statale, quindi con uno stipendio stabile, che non lo rende per niente felice.
In un certo qual modo Pomella descrive e parla di noi italiani che non siamo mai contenti e mai soddisfatti.
Pagina dopo pagina si viene rapiti dal peso di ogni parola e di ogni riga, una scrittura che ti entra dentro e non ti molla mai e a un certo punto sembra quasi di sentire la voce dell’uomo che trema.
Per la prima foto, copyright: Jeremy Perkins.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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