Una possente raccolta di racconti. “Gli occhi vuoti dei santi” di Giorgio Ghiotti
Puntata n. 92 della rubrica La bellezza nascosta
«È di nuovo il ragazzino sulla spiaggia di SanNicola a luglio, mia nonna lo tiene da dietro per le manine, quando arriva un’onda lo tira su e ridono insieme felici. Il sole è ancora buono e nessuno usa la crema solare,sotto l’ombrellone si pranza con le polpette e i peperoni,tre ore e mezza fuori dall’acqua. Mia nonna ha i capelliraccolti in un foulard, è magra, sembra una modella dacartolina, ha ventidue anni. Mio nonno a Roma perchéle ferie sono finte. Arriva una chiamata, suo padre stamale, lo andrà a prendere e se lo porterà a casa, otto oredi viaggio, la camicia è zuppa di sudore, l’aria sull’asfalto vibra come sopra una pentola.»
La memoria è una lastra sottile, trasparente, è una sostanza fragile. La memoria è qualcosa su cui camminiamo di continuo con incoscienza, perché poi all’improvviso si apre un varco e immagini sepolte, movimenti dimenticati, ci vengono a cercare con forza, quasi con ostinazione e basta un attimo, una piccola distrazione e tutto quello che siamo stati, tutto quello che sembrava scomparso, ritorna con fretta e senza curarsi di noi, ritorna come una piena e tutto quello che possiamo fare è cercare un angolo in una stanza, rannicchiarci in quell’angolo, stringere le braccia intorno alle ginocchia e sperare che la mareggiata passi in fretta.
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Abbiamo grandi pene da sopportare, ferite che non hanno saputo trovare cura, abbiamo abbracci che non ci sono stati restituiti e baci che sono andati scaduti, portiamo dentro gli occhi lacrime che non hanno saputo in che modo scendere, lacrime che sono diventate corrosive vino a farci bruciare la gola e poi abbiamo oggetti da recuperare che non sono mai stati nostri e luoghi estranei che ci sono sempre appartenuti.
Giorgio Ghiotti è nato nel 1994 a Roma, Gli occhi vuoti dei santi è una raccolta di racconti pubblicata da Haccaedizioni.
Dodici storie, dodici istantanee: un vedovo tenta di riportare in vita la moglie umanizzandone gli abiti per vestire l'assenza. Un ragazzino crede di essere il prescelto da Dio e fa di tutto per redimere i peccati della famiglia. Un viaggio in macchina dal lago di Garda verso il sud Italia e un bambino che osserva la gamba assediata della madre domandandosi quale sia la forma del male. Due donne scoprono d'avere una spia in casa. Marito e moglie esorcizzano la vecchiaia aprendo la coppia al giovanissimo Freddy. Cinque adolescenti immaginano un futuro all'altezza dei loro desideri lontano dalle terre di cemento dove sono nati. E poi ci sono i padri, la loro colpa e la loro perseveranza.
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Spesso nel passato si rimane intrappolati, provando a replicarlo, tentando la magia impossibile di farlo ritornare, altre volte con i ricordi abbiamo un rapporto strano, instauriamo una battaglia dove a perdere siamo sempre e solo noi. Giorgio Ghiotti con una penna stupenda ci conduce dentro delle vite che potrebbero essere come le nostre, ci fa camminare sopra i ricordi, ci spinge nell’infanzia che credevamo dimenticata e ci racconta dei dolori sordi, dei lividi e delle ferite che la vita ci infligge continuamente.
«Quella purezza avrei potuto amarla, ma la bontà non coincide per forza con un cuore puro. Non sono servite a niente le preghiere di mamma né i cambi di stagione in pieno inverno, le domeniche in chiesa ad ascoltare il Vangelo e i miei sogni notturni a immaginare le ossessioni dei ricchi. Il presente è l’unica misura del desiderio. Sappiamo diventare famiglia sempre troppo tardi e solo prima del crollo, senti gli scheletri che già escono dall’armadio, in fila indiana ci salutano con la mano. Una recita perfetta».
Ghiotti si chiede e ci chiede quale possa essere la forma che assume il male, prova a spiegarci quali risposte si possano dare a un bambino che chiede il conto dei danni; poi racconta di un padre, di una figura, di una famiglia, e il suo è un bagno nel ricordare, una musica dolcissima che ci fa brillare gli occhi di malinconia.
Lo stile dello scrittore romano è perfetto, semplice, elastico, non ci sono punti deboli, tutta la narrazione possiede un ritmo nel quale non si riescono a scovare sbavature. Le sue frasi, i suoi periodi, a volte anche la singola parola, tutto è in sincronia, le pagine che scorrono davanti agli occhi danno la sensazione di qualcosa in continuo movimento, di qualcosa che c’era già nella mente di Ghiotti e che aveva solo bisogno di una pagina bianca per restare.
«Le tue parole non giungevano a noi come parole,ma piuttosto come una specie di silenzi, ancora più inquietanti. Potevamo ascoltarli, ma non dicevamo tra dinoi che ci avevi mandato dei segnali, né quali fossero.Ognuno impegnato in un dialogo costante con te, abbiamo lasciato che il tempo ti facesse scivolare in una zonadi acciaio inossidabile. Facevi meno male. Abbiamo imparato a convivere, ognuno nella sua solitudine. Giornoper giorno. Quando ci siamo liberati delle colpe, sei statoriabilitato tra i morti reali e hai perso la tua aura di santità.Ti abbiamo portato dei fori per la prima volta,tutti e tre insieme, solo dopo molto tempo. Inciso conuna calligrafa elementare, sul marmo bianco, c’era il tuonome».
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Gli occhi vuoti dei santi è una raccolta di racconti possente, che nella sua semplicità a tratti disarma per la bellezza; è un libro che si fa delle domande e non ci dà nessuna risposta, è un libro che costringe il lettore a farsi le stesse domande che si è fatto Giorgio Ghiotti, e chi sa che qualcuno di noi non riesca a trovare almeno una, delle tante risposte possibili alla vita.
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