Un viaggio nel disturbo bipolare. Intervista a Ornella Spagnulo
Ornella Spagnulo con Maddalena bipolare (Golem edizioni) entra nella mente di una giovane donna affetta da bipolarismo e lo fa con la forza della letteratura, mescolando prosa e poesia, e toccando punti nevralgici anche del rapporto tra la protagonista e il suo medico.
Proprio di questo abbiamo parlato con Ornella Spagnulo.
Prima di approdare alla narrativa lei è stata autrice di varie raccolte di poesie. Cosa l’ha spinta verso questo passaggio?
In realtà per me la poesia e la prosa sono andate quasi sempre di pari passo… Ho scritto altri romanzi prima di Maddalena bipolare. Circa sei o sette. Maddalena bipolare però è il primo in cui ho unito prosa e versi, grazie alla protagonista che è poetessa.
Con i romanzi è più facile raggiungere le persone, ma quello che veramente mi piace della scrittura in prosa è che ti fa molta compagnia… Inventi una storia e ti crei un altro mondo parallelo in cui rifugiarti tutti i santi giorni: è bellissimo. I personaggi ti sembrano reali. Con la poesia questo non accade: la poesia, almeno per me, avviene in pochi minuti, è uno squarcio, un’intuizione, poi ne esci un po’ sconvolta ma torna presto tutto come prima. Con il romanzo invece ti sembra di avere vissuto in un mondo parallelo, di avere realizzato qualcosa che nella tua vita non potresti realizzare… Con Maddalena bipolare mi è successo così.
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Maddalena è in realtà Sabrina che, affetta da disturbo bipolare, si crede la reincarnazione, tra gli altri, di Maria Maddalena. Come ha lavorato per costruire e gestire un personaggio così complesso e dalle molteplici identità in una?
Conosco bene la patologia, il disturbo bipolare, ho letto anche diverso materiale tra cui un saggio che consiglio a chi è interessato all’argomento ed è Toccato dal fuoco della dottoressa Jamison (a sua volta ciclotimica). In realtà i bipolari hanno un’unica identità – non si tratta di un disturbo di personalità multipla. Ma da fuori potrebbe sembrare che in una stessa persona convivano più modi di essere. In realtà questo è causato da alcune forti oscillazioni dell’umore che possono portare il soggetto a essere iperattivo, ipereccitato e totalmente sconclusionato (con allucinazioni, deliri e quant’altro) oppure del tutto depresso. Ma i bipolari sono molto diversi tra loro e per alcuni queste oscillazioni avvengono molto molto raramente e sono ben compensate dai farmaci. Vari bipolari sono stati grandi artisti, pensiamo a Van Gogh, oppure politici, per esempio Cossiga.
Avendo bene in mente la storia, la trama del mio libro, non è stato difficile costruire il personaggio di Sabrina. Quando scrivo mi lascio trascinare, sono una persona istintiva per cui non mi costruisco scalette o impalcature, procedo secondo l’ispirazione, anche se questa può sembrare una risposta “neoromantica” ma è la verità.
Al centro del romanzo c’è anche la relazione tra Maddalena/Sabrina e il medico che si occupa di lei durante il periodo di ricovero. In un primo momento Maddalena lo crede «il suo Gesù». Quali sono le identità in gioco nelle prime fasi di questo rapporto?
In questa relazione medico/paziente c’è molta ambiguità fin dall’inizio. Sabrina proietta i suoi desideri sullo psichiatra, lui fa lo stesso perché nella sua voglia di guarirla e di accudirla si mostra fin troppo accondiscendente. Credo però che nel romanzo sia abbastanza palese che non si tratta di un banale transfert ma di un innamoramento vero e proprio. Sabrina e Guido non sono solo una “bipolare” e uno “psichiatra”, ma due persone che si innamorano.
Inizialmente Sabrina, credendosi la reincarnazione di Maddalena, vede in Guido Gesù. Questo accade perché la ragazza sta uscendo da una fase maniacale di delirio mistico. E Guido si presta a questo tipo di associazione, perché è uno psichiatra fuori dal comune, affettuoso con tutti i pazienti, molto premuroso e buono. Forse eccessivamente.
Sarà la psicoanalisi a gettare luce sull’attrazione tra i due protagonisti. Che tipo di relazione s’instaurerà tra Sabrina e il suo medico?
Qui mi sono ispirata al film Prendimi l’anima di Faenza, quindi alla storia tra Jung e Spielrein. La relazione tra analista e paziente si deve basare sulla fiducia e sulla trasparenza reciproca. Per Sabrina però questa psicoterapia diventa un po’ un gioco in cui lei, che ha anche un disturbo istrionico di personalità, quindi ama sedurre, cerca di conquistare il suo dottore.
La psicoanalisi servirà a Guido per capire che si sente attratto dalla sua paziente, cosa che non può assolutamente succedere in psicoterapia.
In analisi ognuno si svela per com’è. E sarà qui che i due protagonisti abbandoneranno i propri rassicuranti ruoli per capire che oltre le etichette sono due persone affini.
Direttamente o indirettamente nel libro sono presenti rimandi a Isabel Allende e ad Alda Merini. Qual è il suo rapporto con la loro scrittura?
Isabel Allende e Alda Merini sono due miei punti di riferimento, perché ho dedicato molto studio alle loro opere. Sulla prima ho scritto il saggio Il reale meraviglioso di Isabel Allende, che è la prima e per il momento unica monografia italiana su di lei, pubblicata con Aracne. Su Alda Merini ho scritto un libro di interviste ad amici e conoscenti, E gli angeli sono distanti, pubblicato con L’Erudita. Inoltre ho curato l’ultima raccolta di suoi inediti, insieme a Riccardo Redivo, Confusione di stelle, per Einaudi.
Isabel Allende è una delle scrittrici contemporanee che ha saputo meglio investigare nell’animo femminile. Nei suoi libri la donna è celebrata nelle sue varie sfaccettature. Alda Merini è la poetessa italiana del tormento e della rivincita. Per me sono due pilastri. So che per alcuni si tratta solo di autrici “commerciali” ma non sono per niente d’accordo.
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Nella sua produzione letteraria lei è molto attenta al tema della malattia mentale – mi perdoni la semplificazione. Cosa l’affascina di quest’argomento?
La malattia mentale è la nuova lebbra. Prima si credeva che le malattie fisiche fossero segni di maledizioni divine e sfortuna. Con la scienza questo stigma si è affievolito. Anche se le malattie fisiche portano comunque dolore le persone sanno come reagire: con solidarietà o al limite indifferenza. Ma di fronte alla malattia mentale c’è ancora molto pregiudizio. Le persone credono che se qualcuno si trova in una brutta depressione sia per colpa sua, perché non sa “reagire”. Non si capisce perché venga data tanta responsabilità agli ammalati quando si parla di disturbi psichici. Con i disturbi fisici questo non avviene.
Freud e le sue scoperte sono acquisizioni troppo recenti per far capire a tutti che veramente esiste l’inconscio. I manicomi sono stati chiusi da Basaglia troppo poco tempo fa per adeguare i reparti psichiatrici degli ospedali agli altri reparti ospedalieri e dare loro più “umanità” (nel libro descrivo abbastanza nei dettagli un reparto sporco e mal funzionante). La malattia mentale è ancora un territorio sconosciuto e i malati sono i primi a nascondersi, perché sanno che rivelare le loro malattie li emarginerebbe a lavoro e in società.
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Per la prima foto, copyright: Sharon McCutcheon su Unsplash.
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