Un viaggio alla ricerca dell’amore. “L’estate delle ragazze” di Lucrezia Lerro
L’estate delle ragazze è l’ultimo libro di Lucrezia Lerro, scrittrice e poetessa italiana, pubblicato da La nave di Teseo e che narra la storia di Corinna, una giovane ragazza che a diciotto anni parte dal suo paese natale per andare a studiare a Firenze e inseguire così il suo sogno e la sua unica passione: la scrittura.
L’autrice con quest’opera ci fa letteralmente piombare nella mente di Corinna, protagonista della storia e figura di spicco, la quale ci viene raccontata in tutte le sue sfumature: la vediamo condurre la sua vita, scrivere continuamente appunti e storie, ripercorrere la sua infanzia, percepiamo il suo amore per Jacopo, ne scopriamo paure e nevrosi, il tutto racchiuso nella città di Firenze descritta dai piccoli vicoletti, alle piazze fino ai teatri e ai palazzi.
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Corinna è una donna che rincorre continuamente la vita e i suoi sogni senza mai raggiungerli. Vive in un limbo di apatia dove non riesce a trovare nessuna parvenza di pace, dove tutto è una totale perdita di tempo, ogni cosa viene vista come un passatempo inutile, non la vediamo mai raggiungere la felicità, neanche il suo amore per Jacopo riesce a placare quell’angoscia che sente costantemente dentro.
Uno sfogo dalla “vita schifosa” che viveva era strapparsi i capelli. Questa nevrosi le provocava un piacere momentaneo, effimero, ma allo stesso tempo le dava la consapevolezza di essere malata, di distruggere il suo unico pregio fisico ovvero una capigliatura molto folta e così distrarsi dai suoi studi e quindi dal raggiungimento dei suoi obiettivi.
Ma unico vero sollievo e salvezza per Corinna era la scrittura. La sua stessa vita era fatta di scrittura, da quando a undici anni era diventata il centro della sua esistenza non l’aveva più abbandonata e ora molti anni dopo era l’unico motivo per cui riteneva la sua vita degna di essere vissuta, unico stimolo di un cambiamento.
«Vorrei sentire la gioia, se potessi viverla per un giorno. Se il dolore scivolasse dalla mia testa, dai capelli, dalle mani che mi perseguitano, che rompono, se scivolasse sarei salva. Ogni giorno desidero sparire. Ho anche voglia di ribellarmi a ogni malvagità. Di catapultare i pensieri e gli occhi sulle pagine di testi universitari, sulle pagine di libri di poesia. La mia esistenza è questa, un pullulare di idee e di parole. Urlo: “Viva per scrivere.” Sarà il mio epitaffio. Lo farò incidere a caratteri cubitali sulla mia tomba.»
Figura quasi marginale, di cui si parla poco è Jacopo, uno scrittore che viveva a Milano e andava a Firenze per passare pochi giorni pieni d’amore con Corinna. Per quest’ultima, Jacopo era una sorta di àncora di salvataggio che paga per i suoi studi, per i suoi libri, che la tiene lontana dalle sue ossessioni.
Questo romanzo è un viaggio alla ricerca dell’amore, una parola di cui la protagonista vuole riuscire a carpire il significato. Vede questo sentimento nei gesti del suo compagno, ma se da una parte avrebbe voluto afferrarlo e tenerlo stretto a sé, dall’altra prova risentimento verso quell’emozione di cui non ne era stata oggetto neanche durante l’infanzia e soltanto alla fine del libro quando, dopo essersi laureata e in prossima pubblicazione, è a cena con Jacopo arriva alla consapevolezza che il loro sarebbe stato un amore interminabile anche se sarebbero stati con altre persone.
«Trascorrerò ogni giorno della mia vita con la scrittura e quando non userò l’inchiostro penserò a che cosa scrivere, a come scriverlo. Sono sicura che quando avrò trovato la mia voce non farò fatica a dire qualsiasi cosa. Scriverò di te, di noi.»
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La scrittura di quest’opera non è mai artificiosa o ricercata, ma nella sua semplicità riesce a ricreare delle immagini perfette nella nostra mente: ogni descrizione, ogni luogo di Firenze ci salta agli occhi in modo vivido e chiaro.
È un libro denso di sentimenti, ogni parola da una carica emotiva al lettore facendogli subito provare empatia per i personaggi.
Per la prima foto, copyright: angga aditya.
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