Un tuffo nell’inconscio con l’arte di Rita Kernn-Larsen
Si staglia bianco ed elegante sul Canal Grande, a Venezia, il Palazzo Venier dei Leoni, sede della Collezione Peggy Guggenheim, uno dei maggiori musei di arte moderna al mondo. Quando nel 1948 la ricca e colta collezionista acquista l’edificio, la sua carriera è all’apice. Dieci anni prima aveva, infatti, inaugurato a Londra la galleria Guggenheim Jeune e nel 1942, nonostante la guerra, che non le impedisce di continuare ad acquistare opere di arte cubista, astratta e surrealista, aveva aperto a New York la galleria museo Art of This Century, divenuto in poco tempo uno dei luoghi più stimolanti e alla moda della città. Peggy Guggenheim è, in quegli anni, una delle personalità più influenti nel mondo dell’arte.
Ed è a Palazzo Venier dei Leoni, dove stabilisce la sua residenza, che trasferisce e apre al pubblico la sua collezione, dopo averla esposta alla Biennale del 1948.
In queste settimane e fino al 26 giugno, il Palazzo Venier ospita una temporanea dedicata all’artista danese Rita Kernn-Larsen. La mostra coincide con l’inaugurazione di due nuove sale del Guggenheim e ripropone, nella scelta delle opere, l’esposizione personale tenuta dalla pittrice nel 1938, alla galleria Guggenheim Jeune di Londra.
Nata nel 1904 a pochi chilometri da Copenaghen, Rita Kernn-Larsen studia disegno e arte prima a Oslo e poi in Danimarca. Ma fondamentale per la sua formazione sarà l’esperienza nella capitale francese, dove si trasferisce nel 1929 e dove sarà la migliore allieva di Fernand Legèr, artista poliedrico, tra i fondatori del movimento cubista.
Le tele esposte al Guggenheim fanno parte del periodo surrealista della pittrice, che sarà tanto intenso quanto breve e che coincide con il suo momento di maggior maturazione artistica.
Le opere riflettono la costante tensione del movimento surrealista al superamento di qualsiasi dicotomia tra il razionale e l’irrazionale, tra il sogno e la realtà, tra conscio e inconscio. Sono i dettami del manifesto del 1924, firmato dal poeta e principale teorico del movimento André Breton, secondo il quale«il futuro ci porterà alla risoluzione di questi due stati, di sogno e realtà, in un’unica realtà assoluta, una surrealtà».
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La pittrice, come lei stessa spiega descrivendo alcune di queste tele,usa la tecnica dell’automatismo, che genera un flusso di immagini provenienti dall’inconscio il quale «guida liberamente la mano, nel tracciare le linee».
Sembra evidente questo dominio dell’inconscio in Danza e Contraddanza, uno dei dipinti che lei considera tra i migliori del periodo. La danza e la contraddanza alludono alle energie maschile e femminile e a uno loro danza intima. Le due figure antropomorfe sembrano controllare, come se fossero marionette, le coppie di piedi che stanno nella parte sottostante. A dominare la scena, una linea ondulata, che si trova al centro del dipinto e che, da lì, lo attraversa tutto. Sullo sfondo sono evocati paesaggi montuosi e marini, con colori che vanno dal rosa, al grigio fino all’azzurro.
Stesso tema dell’inconscio lo troviamo in Oltre lo specchio. Con un riferimento ai romanzi di Carroll, molto apprezzati da Breton, il dipinto vuole rappresentare un autoritratto e, secondo l’autrice: «è un riferimento alla mia personale discesa nell’ignoto, dopo avere guardato lo specchio». Attraverso lo specchio, la figura penetra nel subconscio scendendo una scala, i cui gradini si trasformano in foglie rosse. Arrivata in fondo alla scala, la protagonista si trasforma in un’immagine antropomorfa.
Torna il simbolismo dello specchio come riflesso dell’inconscio in Autoritratto. Le foglie rosse, che diventano labbra di donna, rimandano all’immagine femminile rappresentata come donna-natura. Nel 1938 questo dipinto fa parte della Exposition Internationale du Surrealisme a Parigi.
Uno dei dipinti più interessanti della mostra è In cerca della luna. Vi sono rappresentati e accostati elementi che nella realtà non potrebbero coesistere: al centro della scena, una donna nuda in bicicletta, che sembra partire in direzione della luna, metafora della ricerca dell’ignoto.
Ne La rivolta delle donne l’artista sviluppa la figura della “donna albero”, e dunque della natura come soggetto femminile. Con suggestioni che rimandano a personaggi mitologici del nord d’Europa, al centro del disegno c’è un albero, che, a poco a poco diventa una donna.
Fantasmi è una delle opere preferite dall’artista. Nell’estate del 1934 la pittrice e suo marito assistono in Normandia a un annegamento. L’avvenimento viene rievocato nell’immagine di due figure antropomorfe che sembrano nuotare fino in fondo. Delle linee orizzontali di varie sfumature di colore rappresentano la diversa profondità dell’acqua.
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Gli orrori del conflitto mondiale furono una delle cause che portarono Rita Kernn-Larsen ad abbandonare il linguaggio surrealista, «poiché la realtà sembrava avere superato le possibili fantasie surrealiste» .Alla fine della guerra si trasferisce nel sud della Francia. dove fonda una sua nuova arte, basata sulla natura e sull’astrazione. La grande ispiratrice diventa allora la campagna francese, con i suoi colori vivaci e brillanti.
Negli anni seguenti sperimenta il collage e, su consiglio di Picasso, si dedica anche alla ceramica. Ma nella vita dell’artista, la fase surrealista rimane quella più produttiva.«il periodo surrealista fu straordinario…il mio momento migliore come artista».
Rita Kernn-Larsen muore nell’aprile del 1998 a Copenaghen.
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