Un thriller che vi lascerà a bocca aperta. “La paziente silenziosa” di Alex Michaelides
La paziente silenziosa (Einaudi, traduzione di Seba Pezzani) è il primo lavoro di Alex Michaelides, scrittore e sceneggiatore cipriota, che ha studiato in Inghilterra e negli Stati Uniti, specializzandosi dapprima in Letteratura inglese esuccessivamente in Cinema.
Un esordio letterario davvero sopra le righe per il quarantunenne autore che, nelle 340 pagine, ha saputo tenere alta la tensione narrativa e la suspence della trama, mediante un utilizzo sapiente delle tecniche di scrittura, basate sia sui dialoghi tra i personaggi sia sulle descrizioni delle situazioni. Sarà interessante ora vederlo all’opera con i futuri lavori sul medesimo genere, visto che Michaelides ha collezionato riscontri positivi per questo suo romanzo, in procinto di divenire un bestseller. Inoltre, già si parla di una trasposizione cinematografica.
Il thriller è caratterizzato da una marcata vena psicologica considerata anche la natura dei due protagonisti, Alicia Berenson e Theo Faber (che è in larga parte anche l’io narrante). Per come si snoda la trama e per l’illusione che crea nel lettore, mi ha un po’ ricordato L’amore bugiardo di Gillian Flynn, datato 2012, tra l’altro anch’esso portato con grande successo sul grande schermo dal regista David Fincher, due anni dopo, con il titolo Gonegirl-L’amore bugiardo.
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La copertina de La paziente silenziosa è di per sé molto attrattiva ed esplicativa di quanto avviene nella narrazione: infatti, la pecetta nera sulla bocca di un’affascinante ragazza riassume compiutamente, in un ritratto fotografico, il succo del thriller. Il plotracconta la vicenda della pittrice Alicia Berenson che si rende artefice dell’assassinio del marito Gabriel, noto fotografo di “fashion style” della swinging London, freddato con ben cinque colpi di pistola e trovato legato a una sedia nella casa londinese della coppia, nonostante una felice e appagante situazione familiare. La risoluzione del caso sembra essere chiara e lampante con le evidenze fattuali riscontrate dalla polizia scientifica (la moglie trovata sul luogo del delitto e le sue impronte sull’arma che aveva sparato in una sera di fine agosto), tanto che Alicia viene condannata come uxoricida e rinchiusa in un ospedale psichiatrico dopo essersi resa impenetrabile in un assoluto silenzio a seguito all’uccisione del consorte. Da qui, quindi, il titolo.
L’unica espressione per rapportarsi agli altri viene affidata alla propria dimensione artistica e a un dipinto da lei realizzato, prima del verdetto del processo a suo carico, dove si autoritrae firmandosi “Alcesti”, come l’eroina di una famosa tragedia greca. Una citazione letteraria che mi ha ricordato Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde. Un modo questo per cercare di entrare in sintonia con il mondo esterno, quasi volesse far capire qualcosa e lanciare una sorta di “messaggio in bottiglia”.
Il fatto delittuoso ha vasta risonanza sui media inglesi ma, dopo la condanna della donna, l’eco scema così come l’appeal per i giornali e le tv, dediti a conquistare audience su un omicidio caratterizzato da svariati interrogativi, ma non per Theo Faber, giovane psicologo esperto in criminologia, che si lascia prendere dalla storia della condannata dopo sei anni dalla conclusione del processo. Lo psicologo si fa assumere al Grove Hospital dove è detenuta la paziente e comincia un percorso terapeutico con lei al fine di poterla aiutare, con il placet del direttore della struttura, LazarusDiomedes, per fare in modo che ritrovi la parola e possa finalmente spiegare cosa effettivamente sia successo in quella infausta sera nonché le motivazioni che portarono all’efferato delitto del marito.
La trama si fa oltremodo intricata man mano che cominciano ad avvicendarsi altri personaggi che hanno legami sia con Alicia sia con Theo, funzionali e attinenti al susseguirsi degli eventi, come il responsabile della galleria d’arte dove esponeva la pittrice, l’amico Jean-Felix Martin, il fratello del marito e nonché suo avvocato difensore nel processo, Max.
La psicologia dei protagonisti è ben delineata dall’autore, anzi sembra quasi che siano accomunati da esperienze angoscianti vissute nel corso delle rispettive giovinezze. Infatti, la pittrice ha perso da bambina la madre Eva in un incidente stradale, vivendo un’adolescenza difficile assieme alla zia Lydia Rose e al cugino Paul, e ha avuto poi problemi con il padre Vernon, cosi come lo psicologo ha vissuto nel passato dissidi con un padre violento, andando lui stesso in analisi con la dottoressa Ruth, e, successivamente, in età matura, viene assalito dai demoni di una presunta infedeltà della moglie Kathryn, attrice giovane e avvenente e al contempo enigmatica. Nel corso del thriller, la “paziente silenziosa” parla attraverso il suo diario segreto (l’autore utilizza questo abile stratagemma per dare “voce” alla protagonista), mentre Theo cerca di scandagliare la vita di Alicia, interrogando suoi parenti e conoscenti, quasi fosse una specie di detective improvvisato, rischiando, in taluni casi, la propria incolumità fisica.
La seconda parte della narrazione è densa di colpi di scena, infittendosi di particolari che l’autore centellina nella trama, allo scopo di spiazzare il lettore. Questa è una caratteristica del lavoro letterario e un’abilità dello stesso Michaelides, bravo a costruire un insieme di scatole cinesi all’interno della storia, le cui risultanze fanno da preludio al coup de theatre finale all’acme della suspence.
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La paziente silenziosa è consigliato agli amanti del genere thriller, in particolare a chi predilige vedere esaltata l’introspezione psicologica dei vari personaggi. L’autore, che ha anche fatto uso di richiami della tragedia greca funzionali alla trama, è bravo nel legare tutti gli elementi e i segreti della storia, arrivando a un’ideale quadratura del cerchio che trova la sua acme solo nell’ultima pagina del libro. In definitiva, La paziente silenziosa risulta affascinante e coinvolgente, con ingranaggi ben oliati, sul modello del maestro Hitchcock, da lasciarci letteralmente a bocca… aperta!
Per la prima foto, copyright: Kristina Tripkovic su Unsplash.
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