Un romanzo e la forza della vita. "Le isole dei pini" di Marion Poschmann
Puntata n. 74 della rubrica La bellezza nascosta
«Non aveva mai avuto unaragazza. Suo padre era disperato perché lui non intendeva occuparsi del negozio di tè. Per lo stesso motivo sua madre gli aveva tolto l’appoggio e la solidarietà. S’interessava di pelli delicate e dopo la laurea in chimica dei petroli voleva elaborare creme curative con additivi di alghe. I suoi genitori trovavano ciò insopportabile. La barba artificiale resisteva solo pochi giorni. Camminando nella foresta il modello attuale gli era caduto dal mento ed era andato perso senza che se ne accorgesse. Nella borsa sportiva, Yosa portava con sé altri esemplari. Gilbert doveva fare attenzione a non premerla troppo.»
A volte un’esistenza cambia, qualcosa si trasforma e niente torna più come prima. I cambiamenti, spesso, non li chiediamo, arrivano da soli e, per quanto possiamo tentare di ribellarci, non c’è verso di tornare indietro, non esiste maniera di sistemare le cose.
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La vita ha una sua forza, possiede delle sue leggi e, quando decide per noi, lo fa con vigore e con determinazione, e l’unica cosa che possiamo cercare di fare è opporre meno resistenza, evitare una lotta che in un modo o nell’altro ci vedrà sconfitti.
Ci sono dei giri beffardi che compie il destino, un uomo cerca di cambiare, prova a venire fuori da una situazione che gli sta stretta e non ci riesce, poi un giorno, senza preavviso, arriva qualcos’altro a sconvolgere e a mischiare le carte in tavola, tutto muta, e a noi non resta che constatare la totale mancanza di controllo che abbiamo sugli eventi.
Marion Poschmann è nata a Essen nel 1969 e vive a Berlino, Le isole dei pini è stato pubblicato in Italia da Bompiani, la traduzione è a cura di Dario Borso.
Gilbert Silvester fa un sogno nel quale vede la moglie che lo tradisce. Quel tradimento che ha sognato, nella realtà, diventa concreto e a cambiare sono solo i protagonisti. A tradirlo è la realtà che lo circonda e con esattezza il suo mondo accademico. Gilbert decide così di fuggire via, di ribellarsi agli eventi della vita e scappa a Tokyo. Qui farà la conoscenza di eccentrici personaggi, tra cui il poeta Basho e un aspirante suicida. Un viaggio che gli farà scoprire un'altra fetta dell’esistenza, un altro colore, un'altra maniera di stare al mondo.
«Bashopartì dalla Edo di un tempo, la Tokyoodierna, con la sua vista sul Fuji velato e sullafioritura dei ciliegi di Ueno. Dopo la prima tappapernottò in una località chiamata Senju, la primastazione di posta sulla via per il Nord del paese.Nel suo diario Bashú chiama “bivio delle illusioni” il punto di partenza del viaggio. Dal nostrohotel, con la metropolitana, possiamo raggiungere tanto Ueno quanto Senju in brevissimotempo, in una mattinata. Yosa proponeva, giàche siamo a Tokyo, di visitare nel pomeriggio igiardini del palazzo imperiale, il che mi ripugnaperché non mi sono accollato questo lungo viaggio in Giappone per sostare tra folle avide di divertimenti nel pieno di qualche appuntamentoturistico.»
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Le isole dei pini è un romanzo che ci parla di un viaggio, di un percorso interiore che si tramuta in percorso esteriore; un libro sull’insensatezza della vita e sulla sua sconfinata bellezza, sulla necessità di non arrendersi.
Marion Poschmann, con uno stile caustico ed elegante, tratteggia l’esistenza di Gilbert, e lo fa con una mano ferma, decisa, con frasi mai scontate e con un susseguirsi di registri narrativi molto validi.
Se ogni vita merita di poter ribellarsi alla routine degli eventi, Marion Poschmanntenta di spiegarci quale strada è possibile percorrere e soprattutto prova a farci comprendere che, nonostante ci si possa trovare con le spalle al muro, ci può essere sempre una crepa, in quel muro, dove a forza di scavare, si può trovare una via di fuga.
«Attraversarono la zona di Fukushima allavelocità del superespresso, passando per l’entroterra, lontano dalla costa, molto dietro le zone evacuate. Non si vedevano segni di alcun tipo di una delle catastrofi più devastanti della storia giapponese, che si era verificata lì pochi anni prima. Il treno superava campi, muri insonorizzanti, superava aree residenziali poco appariscenti, ordinarie, case singole che stavano appese come incollate ai pendii boscosi. Non si vedevano torri di raffreddamento, centrali nucleari, navi arenate, case coperte di fango e distrutte, automobili ribaltate sui tetti le cui ruote giravano a vuoto, sacchi di plastica nera in cui la terra contaminata si accumulava per chilometri, si accumulava e accumulava e non spariva.»
Un romanzo sulla rivalsa, sulla forza che possediamo e che non conosciamo, sulla giustizia umana che anche quando sembra lontana da raggiungere andrebbe sempre perseguita.
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Delle volte, infiniti cambiamenti, ci riconducono sempre allo stesso posto, altre volte non cambiamo per paura di sentirci, poi, sempre uguali.
Per la prima foto, copyright: Lopez Robin su Unsplash.
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