Un romanzo che segue le tortuosità della mente. “Fai ciao” di Flavio Ignelzi
Fai ciao è il nuovo libro di Flavio Ignelzi pubblicato da Alessandro Polidoro Editore il 7 settembre 2021. La copertina gioca con i colori del verde e dell’azzurro che richiamano la natura e sembrano trasmettere a primo impatto un senso di armonia, come se il lettore stesse per leggere la storia di un bambino e della sua famiglia. Già dalle prime pagine si nota invece la particolarità del romanzo che risiede nell’abilità dello scrittore, Flavio Ignelzi, di entrare nella mente di un ragazzo di nome Samuel, lacerata da un trauma che lo porterà a compiere gesti apparentemente senza senso.
Il romanzo è ambientato nella periferia italiana, luogo simbolico che lo scrittore utilizza per far vagare senza meta il protagonista, come se camminasse sempre nella stessa direzione:
«La strada è dritta. Tutte le strade della periferia sono dritte. Lo diceva sempre suo padre, Ripeteva che gli architetti del comune difettavano di fantasia. Per questo tutte le strade della periferia sono dritte.»
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Il lettore si addentra nel presente della vita di Samuel, per poi annegare con lui nei suoi ricordi, e la narrazione, che sembrava lineare e chiara, inizia a dare segni di instabilità, come la mente del protagonista. C’è un senso di straniamento tra presente e passato, tutto sembra essere scollegato, e poi tutto sembra ricollegarsi come in un cerchio, in un processo senza fine. Si viene trasportati nell’orrore di una famiglia, e la curiosità spinge il lettore a chiedersi cosa sia successo veramente a ognuno dei suoi membri, l’attenzione cade sul protagonista e ci si domanda come sia possibile che la sua condizione sia invisibile agli occhi degli altri, e il perché nessuno voglia aiutarlo, ammesso che lui chieda aiuto.
«Per lui i problemi si presentano quando è in compagnia di altre persone, perché si sente a disagio. Da solo sta bene.»
Il tema centrale della storia è il rapporto familiare. Samuel cresce in una famiglia, coccolato solo dall’amore del padre, che diviene un pilastro portante. La separazione dei genitori destabilizza l’equilibro del bambino, che inizia a soffrire per l’assenza del padre all’interno della casa e il suo rapporto con la madre diviene sempre più scontroso.
«Perché? Cosa è successo? Tuo padre ti ha fatto qualcosa?
Mio padre non mi ha fatto niente. Mio padre è buono. È mia madre che mi fa incazzare. Mi tiene con sé perché non può fare altrimenti…»
Arrivare a tale conclusione quando si è ancora piccoli fa capire come il protagonista sia cresciuto prima del tempo, come la solitudine e il dolore gli stiano logorando le ossa. L’unica àncora a cui si aggrappa per non annegare è sempre la figura paterna, ma il tempo sembra non essere stato abbastanza, troppo carico di sofferenza e poco di ricordi.
«Samuel, appapà, fai ciao! Fai ciao con la manina! E lui fece ciao. [..] Gli vengono in mente tre cose quando prova a ricordare suo padre, queste tre, sempre le stesse tre. E tre cose sono poche.»
A intervallare i ricordi del padre e gli scontri con la madre, vi è un personaggio, Arabella, a cui Samuel sembra legarsi fin dall’inizio: infatti le chiede consiglio e ascolta sempre ciò che ha da dirgli. Arabella cerca di mettere pace in quella famiglia, cerca di aiutare Samuel nell’intento di mantenere un equilibrio tra lui e la madre perché si sa «Le guerre in famiglia non portano mai niente di buono. Alla fine perdono tutti.»
Nonostante l’apparente guarigione del ragazzo, quel continuo lottare con la vita di tutti i giorni che ha il sapore di normalità, fa camminare il lettore insieme al protagonista su un ponte di legno vacillante in bilico nel vuoto, ogni passo è pericoloso, ogni situazione sembra corrodere i pezzi di legno, finché non arriva il peggio, l’evento traumatico, che taglia come una lama d’acciaio tutte le possibilità di salvezza e fa crollare il ponte nel dirupo. La caduta di Samuel lo fa rinascere mostro, lo fa rinascere come il «Minotauro che rappresenta la bestialità, perché gli animali agiscono in maniera violenta solo per istinto di sopravvivenza, mentre gli esseri umani, dotati di raziocinio, potrebbero fare a meno di tutte le forme di brutalità e crudeltà.»
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Guardare con gli occhi di un ragazzo la crudeltà umana fa raccapricciare, la famiglia che dovrebbe essere un luogo sicuro, un riparo da qualsiasi mostruosità, diventa invece il nido degli orrori.
«Per un bambino la famiglia è il posto più sicuro della terra. Poi il bambino cresce, diventa adolescente e le cose cambiano. La famiglia può diventare persino un posto pericoloso, non è così?»
Un libro ricco di dolore e inquietudine che fa riflettere sulla mente umana e sui suoi meccanismi che se messi in moto in maniera sbagliata generano follia e irrazionalità.
Per la prima foto, copyright: Norbert Kundrak su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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