Un piccolo gioiello di tecnica letteraria. “Loro” di Roberto Cotroneo
Loro (Neri Pozza, 2021) di Roberto Cotroneo è un romanzo che per certi aspetti sfugge a ogni catalogazione ma allo stesso tempo può essere ascritto al genere gotico della tradizione di Giro di vite di Henry James o del moderno Bellefleur di Joyce Carol Oates.
«Margherita B. si occupò delle gemelle Lavinia e Lucrezia Ordelaffi dalla fine di luglio alla metà di agosto. La stesura del diario ha richiesto poco meno di dieci giorni.»
Comincia così il romanzo di Cotroneo, il diario di Margherita B., scritto a seguito della sua esperienza di istitutrice di due gemelle di dieci anni, Lavinia e Lucrezia. Due bambine perfettamente identiche che vivono con i genitori in una villa completamente costruita in vetro, senza muri, unica nel suo genere e progettata da un celebre architetto. Una villa straordinaria immersa in un bosco fuori dalle porte di Roma, un «hortus conclusus» come da antica tradizione, separato dal mondo esterno, quasi sacralizzato da un invalicabile confine al di là del quale rimane fuori il mondo fisico e tangibile dentro quello divino e sacralizzato, protetto da un’antichissima statua della dea Ecate, la dea protettrice degli incroci e dei passaggi, capace di passare dal mondo dei vivi a quello dei morti, considerata psicopompa, cioè che accompagnava uomini ancora in vita nel regno degli Inferi a sua volta accompagnata da un corteo composto da spettri e cani ululanti. Una dea misteriosa e inquietante che non può non far sentire ancora la sua antica potenza.
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Margherita ben presto si rende conto, con crescente orrore, che vi sono altre presenze che aleggiano intorno alla villa, questa villa trasparente dalla cui pareti la luce inonda tutte le stanze mentre fuori il Buio prende sempre più spazio, una Camelot, come la chiama Margherita, la fortezza arturiana che – come dice lo storico Norris J. Lacy – «non si trova in nessun posto in particolare, può essere ovunque», nel tempo e nello spazio. Queste presenze terrificanti con le quali le bambine hanno un profondo legame sono da loro stesse chiamate «Loro».
«Loro chi?» chiesi. «Loro» ripeté Lavinia. «Li hai visti anche tu». «Ma chi sono loro?» domandai. «Chiedilo a Gaetano, lui lo sa» rispose. «Gaetano?» Lucrezia disse solo: «Lui è come loro».
Il diario postumo di Margherita serve quindi a spiegare cosa sia accaduto in quei giorni non tralasciando sensazioni, sguardi, espressioni a prima vista strane ma che hanno una loro ragione alla luce di ciò che accadrà. Una storia dove la linea di demarcazione tra reale e irreale è indistinguibile.
Loro è un romanzo di grande forza narrativa grazie anche ai due livelli con cui Cotroneo ha deciso di portare avanti la narrazione. L’espediente del manoscritto è ovviamente già stato usato in passato, da Manzoni a Eco, ma in Loro Roberto Cotroneo lo ha scelto non solo per incastrare i due piani narrativi e quindi dare spazio a due verità, ma anche per effettuare il capovolgimento finale quando sarà il narratore a riprendere la parola.
La struttura narrativa di Loro è un piccolo gioiello di tecnica letteraria; la continua prolessi dà all’evolversi della narrazione una dimensione atemporale che di per sé stessa crea inquietudine e mistero con un effetto di grande straniamento. Il lettore si trova di fronte a un enigma che gli sfugge sempre di mano, ma allo stesso tempo è accompagnato nella lettura da una lingua curatissima, lineare, senza inutili eccessi. Fino alla soluzione finale che lascia veramente sbalorditi. Gli stessi personaggi sembrano personaggi da tragedia greca, ognuno ha un suo ruolo ben preciso, ognuno in bilico tra razionale e irrazionale, ognuno alle prese con il proprio incubo.
Tanti sono i rimandi e citazioni sparse tra le pagine di Loro, dal nome del professore William James a cui è stato chiesto un consulto che è lo stesso del fratello di Henry James, alla Ballata n. 4 di Chopin che Margherita ricorda di aver suonato da ragazza all’esame per il diploma di pianoforte che è quella che anima un altro libro di Cotroneo, Presto con fuoco.
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Loro è una porta sull’orrore inteso anche etimologicamente come l’abisso che ognuno di noi ha dentro di sé. Loro non ha bisogno di mostri per fare paura, è la patina ombrosa che ricopre i personaggi che spaventa, il labile confine tra bene e male, lo scavo nella psiche che porta a galla terribili verità perché «la tenebra che cerchiamo di non vedere, di non capire, ma che ci raggiunge sempre, è fatta di questo, di questa materia sfuggente, di queste antiche credenze, di queste divinità antichissime che ancora sfidano le religioni moderne, le cose nascoste sin dalla fondazione del mondo. E ci sono e ci imprigionano, e ci tolgono la ragione.»
Per la prima foto, copyright: Eugenia Clara su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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