Un’opera di raffinata bellezza. “Manifesto incerto” di Frédéric Pajak
Puntata n. 130 della rubrica La bellezza nascosta
«Qui tutto è solo apparizione. Ogni strada conta i propri caduti sul campo di battaglia della poesia, del teatro, delle tragedie della Storia. Un partigiano è morto. Due partigiani sono morti. Mille partigiani sono morti. E certi tedeschi hanno festeggiato queste morti. E certi francesi hanno festeggiato la festa dei tedeschi. E prima? Ci sono state le grida degli insorti, i canti e la disillusione. Quella Parigi non esiste più. Nella città c’era una città che è stata allontanata, radiata dalla mappa. A Parigi ci sono nuovi abitanti. Divorano la carne della periferia fino all’ultimo brandello dei palazzi popolari.»
In quanti modi si può raccontare? Con quali strumenti si può provare a narrare una città, delle persone e tutto quello accade nelle vite degli altri? C’è la scrittura che, senza ombra di dubbio, è la maniera più immediata per descrivere situazioni, vite, atmosfere. E ci sono i disegni. Possono esserci disegni, schizzi, profili abbozzati capaci di trasmettere emozioni, sensazioni, ambienti.
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Frédéric Pajak, nato in Francia nel 1955, ha provato a unire queste due arti e lo ha fatto con un’opera importante, divisa in molteplici volumi, in cui si accinge a raccontare attraverso prosa e disegni, Parigi e gli artisti che nella loro vita hanno subito il fascino della città francese.
Manifesto incerto, Sotto il cielo di Parigi con Nadja, André Breton, Walter Benjamin, pubblicato da L’Orma editore, è il secondo volume.
«Sui mezzi pubblici, ma anche per le strade e nei bar, è tutto uno scambio di sguardi, sostenuti o fugaci. Ci si guarda fino a «distogliere lo sguardo». Ci si guarda o non ci si guarda, non solo per diffidenza, per paura o per avversione, ma forse perché, al primo sguardo, tutto ci contrappone.
Benjamin nota come le persone, osservandosi a vicenda, sappiano riconoscersi: debitori e creditori, commessi e clienti, datori di lavoro e impiegati. E sanno, soprattutto, di essere “concorrenti”.»
Pajak si concentra in modo particolare su Walter Benjamin,filosofo, scrittore, critico letterario, traduttore tedesco, e grande pensatore. Poi l’autore francese ci fa da guida. Ci conduce nelle piazze, nelle strade, ci porta a respirare l’aria di una Parigi che sembra lontana, ma che attraverso i suoi disegni prende vita e diventa qualcosa di tangibile. Ci racconta degli artisti, della morte e della vita. Si lascia catturare da ciò che è in abbandono, da tutto quello che sta per consumarsi o che già rovinosamente cade a pezzi. E attraverso gli occhi dei personaggi di cui ci narra guardiamo insegne luminose di bistrot e negozi, vecchi caffè; assistiamo agli incontri sempre colmi di grazia.
«Quando viene internata, Nadja non ha ancora compiuto venticinque anni. Morirà nell’ospedale Bailleul, periferia di Lille, il 15 gennaio 1941. Ufficialmente per un tumore, più probabilmente di tifo. 1926. È l’anno delle prime esclusioni dal movimento surrealista. Antonin Artaud anticipa la propria cacciata e si autoespelle. Quindi è il turno di Philippe Soupault, scomunicato da Breton con la complicità di Louis Aragon e Max Morise. Probabilmente il settarismo austero, e nondimeno ridicolo, di Breton è motivato della sua imminente adesione al Partito comunista. Adesione che presto si trasforma in disillusione: non si frequentano impunemente gli stalinisti. Dopo numerose riunioni condottein un’atmosfera «da interrogatorio di polizia», i comunisti lo assegnano alla sezione dei lavoratori del gas. È il momento in cui arriva più vicino a veder realizzate le sue velleità di “fondersi con la classe operaia”.»
Una sinfonia dedicata a Parigi e a chi l’ha abitata e l’ha amata, un canto d’amore che viene via dalle vite dei geni e degli artisti che hanno assaggiato la polvere delle strade vecchie e il sole cocente delle giornate estive.
«Quando si è un bambino in pantaloncini bianchi, andare per le strade di Parigi significa prendere confidenza con l’infinità del mondo. Ogni marciapiede conduce a un altro marciapiede, un marciapiede che spunta all’angolo con un’altra strada che dà a sua volta su una strada ancora diversa. Correre sui grandi quai che costeggiano la Senna, precipitarsi giù per le scalinate e schizzar via all’ombra del primo ponte, poi tornare a percorrere i viali nell’aria fresca della sera. «Essere fuori di sé eppure sentirsi in sé dovunque» scriveva Baudelaire.»
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Pajak ci consegna un’opera di una bellezza raffinata. Pagine piene di voci che balzano fuori dai disegni sempre in chiaro scuro. Manifesto incerto è la cronaca di un luogo incantato dove la vita è affascinante, un luogo, una città che spessò, però, non ricambio l’amore che gli è stato dato.
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Per la prima foto, copyright: Robin Benzrihem su Unsplash.
Per la quarta foto, la fonte è qui.
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