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Un manoscritto sottratto dal comunismo romeno

Un manoscritto sottratto dal comunismo romenoAspettando l’apocalisse di Dinu Pillat, edito in italiano da Bonfirraro e tradotto dal romeno da Luca Bistolfi, è un romanzo sorprendente a più livelli.

Come si apprende nella prefazione a cura del traduttore, Aspettando l’apocalisse ha raggiunto il suo pubblico dopo sessant’anni dalla sua scrittura, poiché sottratto dalla Securitate (la polizia del regime comunista) al suo autore e andato perduto negli archivi CNSAS (Consiglio Nazionale per lo Studio degli Archivi della Securitate) dove è stato ritrovato e dato alle stampe nel 2010, grazie alla figlia dell’autore.

La storia del manoscritto racconta qualcosa sulla potenza della letteratura e apre a una possibile riflessione trasversale che rilancia altre domande, una tra tante, sullo stato della letteratura contemporanea. Detto altrimenti: non incontriamo più libri «minacciosi» per il sistema che ci governa perché gli autori non li scrivono più, poiché sintonizzati sul gusto del pubblico che, a sua volta, è stato plasmato a piacimento dal sistema o perché il sistema è davvero libero?

 

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Difficile fornire una risposta definitiva in questa sede. Di certo, è esistito un tempo e uno spazio, con una determinata configurazione storica, che vedeva nella parola scritta qualcosa di molto pericoloso, su cui vigilare e, anzi, da usare come arma all’occorrenza. Certe volte, non serviva nemmeno arrivare alla pubblicazione. È questo il caso dell’autore di Aspettando l’apocalisse. Infatti, è il romanzo, in manoscritto – due soli esemplari –, quello che la Securitate usa contro Dinu Pillat durante il processo rimasto nella storia con il nome di «processo Noica», mosso contro gli intellettuali scomodi al regime comunista. L’accusa è quella di aver scritto un romanzo mistico e dedicato ai legionari, ovvero al movimento di opposizione al comunismo rimasto nella memoria con il nome di Guardia di Ferro.

Conosciuto anche con il nome di Legione dell’Arcangelo Michele o Movimento Legionario, fu fondato nel 1927 da Corneliu Zelea Codreanu e basava la propria ideologia sulla commistione tra l’anticapitalismo, l’anticomunismo, l’antimagiarismo, l’antisemitismo, l’antizinganismo, il fascismo clericale e l’ultranazionalismo romeno. In sintesi, la storia definisce il movimento come di estrema destra.

Sebbene in un interrogatorio del 1960 Dinu Pillat affermasse di essersi ispirato alla psicosi mistica del movimento legionario, ma senza intenzioni sovversive, trascorrerà venticinque anni nelle prigioni comuniste, condannato ai lavori forzati. Morirà a 54 anni, nel 1975, dieci anni dopo la sua liberazione.

Gli scaffali della letteratura romena non pullulano di romanzi che raccontino queste pagine della storia autoctona, anzi per certi versi si ha la sensazione che siano argomenti tabù, come effettivamente lo erano negli anni del comunismo.

Nella sua essenza, Aspettando l’apocalisse è un romanzo psicologico e politico che segue l’evoluzione di alcuni adolescenti in cerca di un ideale, mossi dal desiderio di cambiare il mondo, in una Romania tra le due guerre.

Un manoscritto sottratto dal comunismo romeno

Ștefănucă si lega a un suo amico di infanzia, divenuto ora membro del Movimento Legionario, con un giuramento di fratellanza. Inoltre, Lucian, suo fratello maggiore, sente forte il desiderio di lasciare un’impronta nella formazione ideologica della sua generazione.

Dinu Pillat racconta attraverso un romanzo, a tratti di formazione, una Romania corrotta e flagellata dalla ingiustizia sociale e i cui i giovani, desiderosi di cambiare il proprio paese, vengono sedotti dai cosiddetti «Annunciatori».

La narrazione si dispiega così in mezzo alle vite di questi giovani, traccia i rapporti con i genitori, che non capiscono le scelte rischiose dei propri figli, raccontando così una storia eterna, che, in grande misura e ognuno a modo suo, abbiamo vissuta in tanti.

 

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Nella versione italiana, è molto interessante il corpo di note a piè di pagina che allarga e ramifica la storia raccontata con ulteriori informazioni e riflessioni da parte del traduttore. È un corpus intrigante sia per i conoscitori della lingua e della cultura romena, sia per chi non ne è avvezzo poiché quello che restituisce è una specie di percorso intrapreso dallo stesso traduttore nel momento in cui si è avvicinato al romanzo di Dinu Pillat.

Altrettanto essenziale è la prefazione, senza la quale è difficile cogliere il parallelismo che l’autore fa tra la cronaca del tempo, quindi gli eventi realmente accaduti, e i personaggi di sua invenzione; per cui scopriamo così che dietro al personaggio di Toma Vesper si cela Corneliu Zelea Codreanu, dietro Sebastian Răutu c’è Armand Călinescu, il primo ministro ucciso dai legionari nel 1939, dietro Rotaru trovaiamo Noaghi, un esponente legionario, medico come lo studente in medicina Rotaru.

Aspettando l’apocalisse di Dinu Pillat è unalettura che apre la strada a numerosi interrogativi e stimola la riflessione, una riflessione sempre più necessaria e urgente, che è, tra l’altro, quella del rapporto tra la letteratura e il proprio tempo.


Per la prima foto, copyright: Dobranici Florin su Unsplash.

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