Un libro che è anche un’isola. “Avviso ai naviganti” di Annie Proulx
Annie Proulx con Avviso ai naviganti ha vinto sia il premio Pulitzer che il National Book Award del 1993. L’autrice è già nota al pubblico italiano per aver scritto Brokeback Mountain, da cui è stato tratto il fortunato film di Ang Lee, mentre da Avviso ai naviganti è stato tratto un film da Lasse Hallstrom.
Avviso ai naviganti (minimum fax, traduzione di Edmonda Bruscella) è un romanzo sapientemente articolato, ambientato nell'isola canadese di Terranova, che si affaccia sull’Oceano Atlantico, terra in cui le vicende umane sono condizionate da intensi e spesso drammatici fattori climatici. Mare, scogliere, fondali rocciosi, strade dissestate, strapiombi, vento, tempeste di neve si disputano i destini umani.
Pur essendo numerosi, i personaggi descritti sfuggono a dettagliate psicologie caratteriali, fusi talmente nell'ambiente ristretto e crudo in cui vivono da formare un peculiare e compatto paradigma esistenziale e simbolico. Non è certo un caso che alcune descrizioni paesaggistiche assumano caratteri antropomorfici. Memorabili le pagine in cui sono elencati, con tanto di articoli determinativi maschili e femminili, i nomi degli scogli marini: l'Ariete, l'Agnello, la Catena, la Frittella, lo Smeriglio, il Rubino, l'Inferno, il Cormorano, la Cucina, la Pulce, il Colabrodo, la Cleopatra, l'Irlandese, la Baracca, il Biscotto… Complementare appare la genealogia dei venti, tra loro padri, figli, fratelli, fratellastri, cugini, suoceri...
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Annie Proulx è sapiente nel trattare la scrittura al pari della pittura e scultura, tale è la forza visiva delle sue immagini, si tratti di burrasche, naufragi, case che scivolano dalle scogliere come fossero sassi, morti che affiorano, ecc. La natura, il paesaggio, la meraviglia e la malinconia, non sono certo nuovi in letteratura, specie quando è il mare il massimo protagonista, ma qui la scrittrice americana dal passato di giornalista è abile nel contenere eccessi romantici, oppure apocalittici, o di compiaciuto lirismo, o ancora di barocca drammaticità. È raro riscontrare un simile esercizio di competenza mai disgiunto dalla ispirazione e applicazione narrativa; nel momento stesso in cui il lettore viene informato sul navigare, sulla pesca, sugli smottamenti di rocce, sui rovesciamenti di auto e barche, cantieri, attrezzature, ascendenze e discendenze familiari, speranze e delusioni di nuova vita, viene trascinato in un contesto trascendente che nobilita ogni tecnica della scrittura. Sapiente è l'introduzione nel romanzo del “giornalismo” che irradia cronache, storie, morti e vite del luogo (il protagonista Quoyle lavora come cronista in un giornale di New York e poi in una redazione a Misky Bay, frazione di Terranova). Grande è la sapienza della parola e dei suoi vari registri, che fanno della narrazione della Proulx un raro trattato letterario e insieme un “atlante illustrato”. Esemplari sono le prime pagine in cui è descritto l'aspetto del protagonista: «Sepolto in una corazza di carne… la testa a forma di melone, niente collo, i capelli rossicci mandati all'indietro, gli occhi color plastica… un mento mostruoso, una specie di mensola che gli sporgeva dalla parte inferiore del viso.»
La Proulx è maestra nel gioco di astrarre la realtà per conferirle maggiore presa. Certe pagine sono apertamente comiche, a prova di quanto il dramma estremo spesso sconfini nella farsa. Una sorta di epica del grottesco, una capillarità descrittiva che altrimenti apparirebbe troppo insistita se non fosse sostenuta da una valenza umoristica.
Quoyle, rimasto vedovo e con due figlie, costretto a lasciare New York si rifugia con una zia a Terranova, sua terra di origine, e qui, con la sua quasi caricaturale presenza, fa da filtro a tutta una serie di personaggi e avvenimenti che al momento non sembrano deragliare da una pur intensa e sofferta quotidianità. Il prevalente desiderio della fuga e di una vita alternativa è soprattutto mediato dalle informazioni giornalistiche e dai racconti di chi ha tentato di fuggire dall'isola e dal tormento delle morti causate dalla fatalità del mare. Terranova è un porto di mare dove tanti si fermano per un periodo e poi se ne vanno, a parte gli indigeni pescatori di merluzzo che lamentano comunque la crisi del mercato del pesce. Ma per quanto crudo, o forse proprio per questo, il mare è uno spazio puro, che compendia i sentimenti più intensi e le faticose pratiche umane. Una primordialità a cui fa eco la ricerca di riferimenti, amicizie, amore, e perché no di pudore (inesorabile e prevaricatrice è l'evidenza dell'habitat).
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La Proulx fa scorrere l'innocenza, una speciale forma di innocenza che non esclude la lucida consapevolezza del disagio del vivere. Tra tutti gli uomini e le donne, vecchi e giovani, si può dire che non esista il “negativo”. Ciò non vuol dire che nel romanzo non avvengano fatti infamanti, ma non nel presente, solo i racconti e le cronache differite testimoniano il male, ma è come se la colpa risiedesse nell'isola e nella sua potente raffigurazione e inesorabile influenza, non nei suoi abitanti: riflesso di una trascendenza mitica per quanto cruda e spietata. Il libro è splendidamente narrato e la narrazione per suo stesso statuto comprende il bene e il male. La vita fin troppo vera, spesso brutale, vissuta nell'isola si avvale del diritto e del legame della narrazione. Lo stesso spirito di adattamento dimostrato dal “metropolitano” protagonista è quanto di più consono al modulo introspettivo del romanzo. L'isola è il libro, e la Proulx l'ha capito e trasmesso in maniera magnifica.
L'autrice non lascia nulla al caso, eppure niente della sua narrazione appare frutto di eccessiva premeditazione e la scrittura, per quanto a tratti molto ricercata e attenta ai simboli e alle metafore, sembra seguire i moti propri del momento in cui all'occhio si affianca fluidamente l'elaborazione del pensiero.
Per la prima foto, copyright: Faye Cornish.
Per la terza foto, l’autore è Fuzheado e la fonte è qui.
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