Un’intera serata dedicata alla poesia
Quaranta poeti per una serata di poesie, interviste, omaggi e riscoperta di libri. Il desiderio di ricordare la Roma culturale che ha segnato gli anni Settanta, quella dell’estate romana di Renato Nicolini, o come quella di Franco Cordelli che insieme a Simone Carrella ha fatto della poesia uno stile di vita, una stagione leggendaria. A quarant’anni dal Festival di Castelporziano nell’ambito della mostra Poeti a Roma. Resi superbi dall’amicizia a cura di Igor Patruno e Giuseppe Garrera, Igor Patruno, scrittore e giornalista, organizza una serata interamente dedicata alla Poesia con il Reading Roman Poetry Festival.
L’evento avrà luogo il 16 giugno dalle 18,00 alle 22,00 presso WeGil, in via Ascianghi 5, a Roma.
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Il festival si aprirà con un omaggio ai poeti Valentino Zeichen e Alberto Toni. Un salto nel passato e il ricordo di personalità che hanno segnato una stagione culturale memorabile. «L'evento», spiega Igor Patruno l’ideatore del reading, «vuole essere innanzi tutto un omaggio al Festival Internazionale dei Poeti di Castelporziano del 1979, il cui anniversario cadrà proprio nel mese di giugno. A quarant’anni da quel momento unico ed irripetibile, voluto dall’allora assessore alla cultura di Roma Renato Nicolini, organizzato da Simone Carella, geniale regista del Beat '72 e da Ulisse Benedetti, manager dello stesso teatro, Franco Cordelli, che del Festival Internazionale dei Poeti fu il direttore artistico parteciperà al Roman Poetry Festival e, intervistato da Stefano Gallerani, tornerà a parlare di quei memorabili tre giorni di poesia».
Generazioni di poeti a confronto e insieme per un omaggio a Roma. «Oltre che un omaggio al festival del 1979, il reading vuole anche essere un omaggio a Roma e all’amor di poesia», spiega a Igor Patruno. «I poeti invitati – circa quaranta, appartenenti ad almeno tre diverse generazioni – leggeranno ciascuno una poesia inedita, ispirata a Roma. A Renzo Paris, che della scuola romana è tra i più importanti punti di riferimento, ho chiesto di selezionare i poeti da invitare».
E proprio a Patruno abbiamo posto qualche domanda per entrare più nel vivo dell’evento.
Una serata per ricordare, a quarant’anni di distanza, il Festival di Castelporziano. Cosa rappresentò quel Festival e perché è importante ricordarlo ancora oggi?
Il Festival Internazionale dei Poeti del 1979 a Castelporziano è stato uno dei più important eventi letterari del Novecento, non solo perché vi parteciparono grandi Poeti come Evgenij Evtušenko, Gregory Corso, Allen Ginsberg, Lawrence Feringhetti, ma perché eliminò la “distanza” tra i poeti e il pubblico della poesia. Il primo giorno salirono sul palco i poeti italiani e si trovarono praticamente circondati da ragazzi, molti dei quali venuti dal Sud, per partecipare all’evento. Alcuni, come Dacia Maraini, decisero di non leggere perché disturbati dale contestazioni, altri, come Dario Bellezza, sbraitarono epitteti nei confronti dei disturbatori, altri ancora, come Amelia Rosselli, lessero senza curarsi della bagarre e ottenero silenzio e attenzione. Il secondo giorno, dedicato ai poeti europei, le cose cambiarono. Il terzo giorno, ad ascoltare i poeti americani, arrivarono sulla spiaggia di Castelporziano trentamila persone. La sera del 30 giugno, poco dopo la fine del Festival, il palco crollò! Fortunatamente senza creare problemi agli spettatori che ancora vi sostavano sopra.
Due sono gli omaggi che intendete portare avanti grazie a quest’iniziativa. Del primo abbiamo già parlato. Il secondo è diretto a Roma. Perché questa scelta?
Il Roman Poetry Festiva è – a quanto ne so – il primo festival che nasce da una mostra fotografica. La mostra si chiama Poeti a Roma. Resi superbi dall’amicizia, è stata curata da Giuseppe Garrera e da me, e resterà al WeGil di largo Ascianghi, 5, fino al 23 giugno. La mostra è dedicata ai poeti e agli scrittori che hanno vissuto poeticamente a Roma tra il 1950 e il 1975, formando una sorta di comunità d’amicizia. Roma è stata in quel periodo, cito una frase pronunciata da Laura Betti, una «pazza isola di sole, di colori, di sapori; un'isola resa superba dalla poesia sparsa ovunque, a piene mani». Ecco il perché dell’omaggio. Vogliamo che la poesia “esca” dalle pagine dei libri e torni a risuonare – attraverso la voce dei poeti – a Roma.
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L’evento è anche l’occasione per mettere insieme in un’unica serata i vari esponenti della scuola romana di poesia. Quali sono le caratteristiche principali di questa scuola? E le voci attualmente più importanti?
La scuola romana, più che uno stile unico e definito, raccoglie poetiche anche molto diverse. Anche se è una semplificazione posso dire ci sono tre elementi che la distinguono. L’amore per Roma, anche se molti di loro non sono romani; una smisurata “passione dell’io”, ovvero un “io in fiamme” che reagisce alle contraddizioni della modernità; la predilezione per la poesia orale, si pensi a Palazzeschi che studiava da attore, alle performance del Beat 72, fino al Festival Internazionale dei Poeti del 1979 a Castelporziano. Volendo fare qualche nome si va da Palazzeschi a Cardarelli, da Penna a Pasolini, passando per la Morante, la Rosselli, e poi ancora Bellezza, Zeichen, Manacorda, Di Francesco, Veneziani, Scartaghiande, Magrelli, Paris. Proprio Renzo Paris pubblicò nel 1982 per Lerici, L’io che brucia, un’antologia della scuola romana. In occasione della mostra Poeti a Roma. Resi superbi dall’amicizia e dell’evento a essa collegato, ovvero il Roman Poetry Festival del 16 giugno, Edizioni Ponte Sisto ha ristampato L’io che brucia in edizione limitata, in vendita solo nel bookshop della mostra.
Per la prima foto, copyright: Willian West su Unsplash.
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