Un giallo, un enigma e una realtà socio-culturale. “Assassinio nel palazzo del governo” di Diana Çuli
Diana Çuli non è una scrittrice molto conosciuta in Italia. Non mi riferisco alla rappresentante culturale dell'Albania, quanto piuttosto alla scrittrice di libri a favore dei diritti delle donne e di gialli. La sua produzione libraria si attesta principalmente su questi due percorsi direzionali e indicativi.
Ma chi è Diana Çuli?
Il fatto che la sua pagina Wikipedia (cercando nel motore Google italiano) non esista, la dice lunga su quanto noi italiani siamo poco propensi ad aprirci alla letteratura straniera. Non tanto quella inglese e americana quanto piuttosto quella balcanica. Una ramificazione della letteratura europea di grande interesse, soprattutto per i risvolti socio-economico-culturali del nostro presente.
Certo le guerre nei Balcani, della ex-Jugoslavia, sono terminate, per fortuna da tempo. Tuttavia alcuni filoni di euroscetticismo permangono ancora presso molte nazioni. Anzi più forte si fa talvolta la presenza di un nazionalismo sovranista di ritorno. Ma questo libro non è politicizzato e non è questo il contesto per lasciarsi andare a una digressione storico-politica.
Andiamo invece a capire chi sia Diana Çuli, persona insigne del panorama culturale internazionale.
Nata il 13 aprile 1951 a Tirana, capitale dell'Albania. Di professione è giornalista-scrittrice e ha svolto più ruoli politici. La sua carriera inizia negli anni Novanta, quando entra nell'opposizione democratica del governo di Ramiz Alia. Insomma poco prima che l'Albania diventasse una repubblica parlamentare e abbandonasse lo statuto comunista e isolazionista.
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Oggi, nel mondo la scrittrice è nota soprattutto per la sua lotta infaticabile a favore delle donne e dei loro diritti. Si batte contro la prostituzione e lo sfruttamento. Dal 2006 lei è rappresentante per il suo paese presso il Consiglio Europeo. E si batter per il movimento femminile mondiale.
Come scrittrice non è certo all'esordio. Ha scritto altri otto racconti, vari romanzi e sceneggiature cinematografiche e teatrali.
Finora ha vinto il Premio mediterraneo per la letteratura femminile (Marsiglia, 1996) grazie al racconto Piazza di Spagna. A seguire, poi, nel 2007 ha vinto il Premio miglior autore dell'anno con Angeli armati, consegnatole dall'Associazione degli editori albanesi.
Nel caso di questa recensione, siamo alle prese con un giallo. Un thriller politico che ha vinto già un premio: Miglior libro del 2019 per l'Accademia Kult albanese.
In particolare parliamo dell'ultima pubblicazione di Diana Çuli, Assassinio nel palazzo del governo, edita da Castelvecchio recentemente. La traduzione è a opera di Elda Katorri e Serena Vischi.
C'è una vittima o meglio un deceduto improvviso. Ci troviamo a Tirana, nel Palazzo del governo. Da pochi giorni è stato assassinato il Segretario generale reggente. Il suo nome è Dilaver Gashi ed è morto per un infarto. Ma la premier in carica, Eva Starova, vuole vederci chiaro. Così si affida a un'amica, Beti Duka.
L'incarico è di trovare tracce (o come dice lo stesso capo del governo: avere un giudizio oggettivo) o di indagare fra il proprio gabinetto politico, per capire se qualcuno ha agito o è coinvolto in qualche cosa di losco.
Lei, Beti Duka, entra così come Consigliera per la Cultura nello staff.
Siamo in un cronotopo moderno: l'Albania degli ultimi anni. Esattamente il progetto Le mura e i ponti dei Balcani parlano patrocinato dall'UNESCO è la copertura culturale della missione di Beti. Il periodo di svolgimento della storia è attuale. Primo indizio l'uso assiduo di WhatsApp fra tutti i protagonisti di questa spy story. E con la parola inglese ho già detto fin troppo sul romanzo che ci troviamo di fronte. E infatti la nostra sinossi si ferma qui.
Ora Assassinio nel palazzo del governo è un libro davvero molto affascinante. Diana Çuli non crea solo un misto fra un giallo e una storia di spionaggio, ma un coinvolgente romanzo che sapientemente intreccia una love story con un viaggio culturale di straordinario interesse.
Ad esempio si fanno interessanti le digressioni di carattere storico-geografico che rivelano minuzie e particolarità dei valichi, delle valli, delle scoscese, dei terrapieni e della conformazione fisica del territorio balcanico.
Anche perché, senza svelare nulla, per motivi di taglio ai costi, i viaggi per il progetto UNESCO si snodano lungo le provinciali e le autostrade dei Balcani. Colpisce molto la sensibilità della penna della scrittrice che, con delicatezza, riesce a dipingere scorci di paesaggio on the road con pochi tratti.
Esemplare e indimenticabile a mio avviso il quadretto naturale della Valle delle Rose in Bulgaria:
«Attraversata da due fiumi, ai piedi delle catene montuose dei Balcani, che dividevano la Bulgaria in due, quella del Nord e quella del Sud, una serie di colline dall'altra parte, blu e verdi, era una straordinaria esplosione di rose di ogni tipo, seminate in piantagioni che si estendevano per interi chilometri su entrambi i lati della strada stretta ma ben mantenuta su cui passava la loro Skoda».
Sinceramente un posto collinare o montagnoso così è da sogno. Così come mi sono annota una serie di location turistiche davvero sconosciute e da esplorare.
Come dire, non è solo un racconto di spionaggio/controspionaggio. Certo gli ingredienti salienti ci sono tutti: tensione, enigmi, codici cifrati, aggressioni, suspense, indizi, pericoli e omicidi. Da questo punto di vista il narratore (sempre onnisciente e in terza persona) gioca e confonde le ipotesi del lettore. Ma dicevo, che c'è proprio un forte interesse anche culturale e turistico.
Insomma, Assassinio nel palazzo del governo di Diana Çuli è anche un mini-viatico turistico.Soprattutto per chi, on the road, voglia conoscere le terre slave.
E do atto alla stessa scrittrice di aver saputo, nelle parole di Beti Duka, infondere l'entusiasmo per la propria terra. Lo dimostra l'estrema attenzione ai minareti, le moschee e le chiese cattoliche.
Leggete per credere l'elenco delle bellezze turistiche di Berat:
«Avrebbero visitato i vari quartieri dall'architettura orientale, avrebbero visto lo sviluppo del turismo alberghiero e culturale, la moschea di Piombo, la moschea degli Scapoli, il particolare teqe degli elvetici, e senza dubbio, il castello, le antiche chiese al suo interno e il museo Onufri».
Nulla, nella scrittrice albanese, è lasciato al caso. Magari vagheggiato, appena appena tinteggiato dal punto di vista stilistico, ma mai trascurato.
Altrettanto interessante è la devota cura della terminologia esatta che descrive gli abiti o i costumi dei popoli che incontrano. Si delinea così un pastiche linguistico saporito e internazionale che impreziosisce il libro. In occasione di un brindisi e di una cerimonia, ecco la declinazione delle danze locali più famose in una sola frase:
«Cantarono e ballarono il sirtaki, il pogonishte, la mariovska tresenica macedone, la danza montenegrina di Catarro, il napoloni di Tirana, in cui ecc...»
.
È, come si può ben comprendere, un viaggio attraente e astratto dentro il cuore culturale dei Balcani.Sulle cui tradizioni, diciamocelo, a parte i professori accademici, ben pochi di noi sanno.
E questo aspetto è davvero peculiare e quanto mai stimolante. L'idea di sorvolare ciò che i libri di storia ci hanno detto dei Balcani e cogliere l'occasione per andare a conoscer costumi e tradizioni con una lettura spensierata.
Da un punto di vista linguistico espressivo ci troviamo di fronte a un dettato moderno: periodi mono- o bi-proposizionali. Una sintassi semplice ed efficace. Da annotare come particolare esercizio di stile è invece una sorta di report poliziesco degli appunti di Beti Duka. Ci troviamo quasi dentro una funzione metalingusitica del romanzo stesso: la scrittura dei tools della comunicazione e dei notes si affaccia nel tessuto tradizionale del romanzo. Allo stesso modo in cui accadde negli anni Duemila con i primi SMS.
Come detto, anzitempo, il giallo politico è contestualizzato in un periodo davvero recente. Basti pensare che siamo ben dopo la strage terroristica del Bataclan. Ci troviamo in una fase geo-politica divisa fra filoeuropeisti ed euroscettici. Ne consegue che anche il libro, pur senza dire una parola in più, è molto influenzato dal dibattito fra queste due posizioni.
Non sarà inoltre da sottovalutare la scelta di un protagonismo femminile, nelle persone di Beti Duka, Eva Starova e tante altre di non secondo piano presenti nel romanzo. Una chiave un'altra volta significativa di una maggiore emancipazione femminile nella classe politica? Laddove, ancora oggi, Balcani o Europa, restano restii a una commistione, nei Palazzi del Potere, fra la donna e l'uomo. Sarà un ulteriore avallo a favore della battaglia che da sempre la scrittrice albanese conduce nella sua vita?
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In conclusione considerare Assassinio nel palazzo del governo soltanto un giallo da spy story americana sarebbe un grave errore, perché non gli si darebbe il giusto valore.
Ci sono dietro una passione, una conoscenza ammirevole e puntigliosa e una ricerca storico-etnografica che non possono non essere considerati il valore aggiunto e imprescindibile di una scrittrice che conosce bene la cultura italiana ed europea (se ne fa ambasciatrice nel proprio paese), ma non dimentica mai le proprie origini.
Per la prima foto, la fonte è qui.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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