“Un figlio” di Alejandro Palomas: fra Mary Poppins e il coraggio dell’infanzia
Nel romanzo Un figlio di Alejandro Palomas (pubblicato da Neri Pozza e tradotto da Irene Abigail Piccinini, bravissima a mantenere intatta la freschezza dello stile di Palomas) c’è un bambino, Guille, che da grande vuol diventare qualcuno in particolare: Mary Poppins. Così dichiara alla maestra Sonia, durante una normale giornata scolastica. Nessuno in classe sa ancora troppo di lui, infatti Guille è nuovo a scuola e molto riservato, e per il momento è riuscito a fare amicizia solo con Nazia, la sua compagna di banco pakistana con cui passa i pomeriggi a far merenda, giocare e progettare un numero per la recita di Natale (duetteranno come Mary Poppins e lo spazzacamino Bert; Guille infatti possiede il grande piacere del travestimento).
Molte cose non vanno nella vita di Guille: la madre è una hostess che all’improvviso ha scelto di lavorare a Dubai, per garantire alla famiglia un buon reddito, e da molto tempo non si fa né vedere né sentire. Suo padre Micheal vive male questa separazione ed è cambiato, trasformandosi in un uomo riluttante, che cela qualcosa e rimane sveglio tutta la notte davanti a un computer spento. Di nascosto, si aggrappa a un quaderno segreto dove sarebbe riposta tutta la verità sulla madre di Guille. Anche la sua amica Nazia è in difficoltà: i genitori vorrebbero riportarla in Pakistan, per farla sposare, ma nessuno lo sa…
Questi primi elementi del romanzo di Alejandro Palomas potrebbero far pensare al grande mondo dei romanzi di formazione. Ma nel libro c’è di più e leggendo scopriamo presto che gli interlocutori privilegiati siamo noi adulti, oltre che, forse, i ragazzi (potrebbe essere un middle grade?).
«Guille trascinava suo padre, ma non come fa un bambino quando trascina un adulto perché è impaziente o entusiasta di fare qualcosa, o quando ha fretta di arrivare a casa. No, non era per quello. Guille trascinava suo padre come un piccolo rimorchiatore trascina una nave stanca e alla deriva verso il porto».
Non è un caso allora che Guille sia così attratto da Mary Poppins, fino a volerne vestire i panni: è noto che l’eroina di Pamela Lyndon Travers è un mito dell’infanzia. Abile, misteriosa governante che si presenta laddove v’è bisogno, soprattutto se gli affetti familiari sono nel caos. E possiede una parola magica che ci aiuta quando siamo in difficoltà. Un’espressione misteriosa quanto nota: supercalifragilistichespiralidoso.
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Come in ogni narrazione fiabesca (perché tale è l’andamento del romanzo di Palomas), ci sono dei mentori. In particolare, Marìa, psicologa scolastica, vera custode d’anime e di storie di bambini, messa in allerta dalla maestra Sonia.
«Credo che Guille, il Guille che vediamo, sia solo un pezzo di puzzle. E credo che sotto questa felicità... ci sia un mistero. Un pozzo da dove forse ci sta chiedendo di essere tirato fuori».
A questo punto parte una vera e propria ricerca della verità “su” Guille. Attraverso le sue parole, ma soprattutto i suoi disegni. Non è così semplice interpretarli, il bambino nasconde bene le tracce, eppure al tempo stesso, fornisce tutte le chiavi.
Alejandro Palomas, fine traduttore spagnolo di letteratura inglese (Katherine Mansfield, Jack London, Gertrude Stein etc.), sceglie di consegnare la trama a un racconto quasi corale, diviso per capitoli, in cui ciascun capitolo vede parlare un personaggio. Pagina dopo pagina, queste voci ci portano sempre più vicino al cuore della storia. Questo cuore, del resto, non è altro che quello di Guille e della sua capacità di immaginare alternative alla perdita e alla minaccia di un futuro poco desiderabile.
Un figlio di Alejandro Palomas parla della saggezza dei bambini, delle simbologie del dolore e del suo superamento. Della capacità dei fanciulli di proteggere gli adulti, anche da sé stessi. Dove la sua abilità? Nel condurre proprio noi grandi in quel luogo misterioso dove coraggio, bisogni, speranza e immaginazione si mischiano, in una danza leggera.
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