Un’emozione autentica. “Imparare a parlare con le piante” di Marta Orriols
Lo scorso undici giugno è uscito, per i tipi di Ponte alle Grazie, Imparare a parlare con le piante, opera prima di Marta Orriols, tradotta da Stefania Maria Ciminelli. L’autrice, classe 1975, è nata in Catalogna e lavora a Barcellona come lettrice editoriale. Si è formata nel campo della storia dell’arte e si occupa anche di scrittura creativa.
Il romanzo parte subito in quinta, la Orriols non dà infatti al lettore neanche il tempo di allacciare la cintura. Paula e Mauro sono una coppia annoiata che tiene in piedi un rapporto vivo solo in apparenza: nel loro letto si tengono abbracciati ma i cuori sono sempre più lontani. I due passano il tempo ad assistere alla vita e alle disgrazie degli altri pensando (e questo è un pensiero ingenuo e umano, che facciamo tutti almeno una volta nella vita) che la morte è qualcosa di astratto, vero fino a un certo punto: una falce che si abbatte sempre sulla testa altrui: «Ma noi eravamo vivi, la morte era degli altri».
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Fino a quando Paula si confronta proprio con quella falce, perché Mauro, improvvisamente, non esiste più. L’uomo che ha amato, un uomo che parlava, rideva e che poteva tenere stretto a sé, era insomma vivo, fatto di ossa e sangue, non è più su questa Terra. Peggio: è morto poco dopo averle detto che il loro rapporto era giunto al termine. E dunque, per Paula, inizia un viaggio dentro una sorta di “spazio bianco”, un acquario dove le sembra di vivere in una dimensione sospesa nel tempo. Intorno a lei, le persone fanno a gara per consigliarle di rifarsi di una vita, di mangiare, di tirarsi su: le tipiche frasi che si dicono in queste occasioni e che hanno il potere opposto, ossia quello di far sentire peggio chi soffre.
Paula è una neonatologa, il suo compito è di far sì che il miracolo della vita possa compiersi in tutta tranquillità, le sue mani accolgono i neonati e infondono loro la forza del primo respiro. È insomma abituata a lottare per i suoi bambini: le pagine dove si raccontano i suoi gesti minuziosi all’interno dell’ospedale, a mio giudizio, sono quelle dove si vede la vera Paula.
Tutto il romanzo è costruito sull’interiorità di Paula, sui suoi pensieri, sul suo modo di affrontare i due dolori, che tendono, giorno dopo giorno, a sovrapporsi uno sull’altro: la perdita fisica di Mauro, quella che hanno subito tutti, e l’altra, più sottile e segreta, perché la donna non ha avuto il coraggio di dire a nessuno che il suo compagno aveva messo la parola fine al loro rapporto, dunque tutti si comportano come se fosse solo lei la “vedova”.
Marta Orriols si dimostra una vera maga con le parole: le sceglie con cura, assegnando loro un potere evocativo, come se il lettore, leggendole, potesse dare forma a un incantesimo. Così Paula sente dentro «due proiettili», la morte e il tradimento, è divisa tra il rimpianto e la rabbia. Le frasi che usa la scrittrice sono secche e spesso brevi e, soprattutto, di una sincerità disarmante: «la morte mi fa arrabbiare». Non si può fare a meno di volere bene a Paula, perché si mostra al lettore per come è davvero, con le sue debolezze e le sue meschinità, la sua voglia di vendetta, anche; quando non esita a incontrare la nuova compagna di Mauro e a provarne invidia e gelosia, visto che è più giovane e più bella.
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È un personaggio ingombrante, Paula, visto che occupa quasi tutto lo spazio, schiacciando gli altri personaggi ai margini della storia: lo stesso Mauro, il padre, le amiche, Quim, «l’uomo trappola», i colleghi e Thomas, il vicino di casa americano… Paula domina tutti dall’alto come un’enorme gru, qualche volta cigolando e oscillando sotto il peso del dolore, ma rimanendo salda tutto il tempo. Diceva J.D. Salinger: «Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira». Infatti, arrivata all’ultima pagina, ho provato un senso di profonda gratitudine nei confronti della Orriols, perché mi ha regalato un’emozione autentica.
Per la prima foto, copyright: ActionVance su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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