Un classico ungherese: “Il viaggiatore e il chiaro di luna” di Antal Szerb
«...Gergő non aveva senso dell'umorismo. Mi faceva leggere Virginia Woolf, Musil, Calvino, Perec, Géza Csáth, Krúdy. Il viaggiatore e il chiaro di luna era la nostra Bibbia, vivevamo come se Antal Szerb avesse modellato i suoi protagonisti su di noi: Tamás su di lui e Mihály su di me.» scriveva Mihály Dés (1950-2017), il compianto scrittore ungherese e catalano nel suo splendido romanzo autobiografico Il Barocco di Budapest (Pesti Barokk, Libri Kiadó, Budapest, 2013), e parlava a nome di generazioni di lettori ungheresi cresciute nel mito dell'opera di Antal Szerb tradotta in una dozzina di lingue e in Italia riedita da poco, dopo vent'anni dalla prima pubblicazione, dalla casa editrice romana e/o nell'encomiabile traduzione di Bruno Ventavoli.
Antal Szerb è una figura centrale del panorama letterario ungherese nella prima metà del Novecento. Nato il 1 maggio 1901 a Budapest in una famiglia ebrea assimilata e successivamente convertita al cattolicesimo, muore per le percosse ricevute nel campo di lavoro di Balf il 27 gennaio 1945, il giorno in cui vengono aperti i cancelli di Auschwitz e che diventerà il nostro Giorno della Memoria. Nella sua breve carriera di letterato cattedratico poliedrico e prolifico si avventura in tutti i generi della saggistica e della narrativa, a partire dalla traduzione dall'inglese di numerosi classici fino all'enciclopedia – le sue Storia della letteratura ungherese e Storia della letteratura mondiale sono tuttora forse le migliori pubblicate in Ungheria, seppure con limiti temporali ormai significativi –, e prima dell'avvento delle leggi razziali ricopre anche prestigiosi ruoli pubblici come la presidenza della Società della Scienza della Letteratura. La sua vita privata contraddistinta dalla passionalità richiederebbe un capitolo a parte, ci limitiamo dunque a un breve accenno: sposa due volte Amália Lakner e anche le seconde nozze finiscono con il divorzio, in seguito sposa Klára Bálint ma non avrà mai figli. Sei anni dopo la morte del marito, Klára Bálint darà alla luce un bambino che considererà il figlio spirituale di Antal Szerb e al quale darà il cognome del defunto marito.
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I diari dello scrittore, pubblicati nel 2001, suggeriscono amori giovanili omosessuali, in particolare verso Benno Térey, suo compagno al liceo, che con ogni probabilità è il modello di Tamás Ulpius, uno dei protagonisti de Il viaggiatore e il chiaro di luna, e anche l'eroe di una novella giovanile di Szerb, Com'è morto Tamás Ulpius? (1919),l'antefatto del nostro romanzo e testimone della lunga gestazione della trama. Un libretto di appena cinquanta pagine in cui Antal Szerb elabora le sue esperienze di viaggio in Italia del 1936, intitolato La terza torre, è invece la fonte di alcune delle descrizioni del viaggio nel nostro romanzo.
Antal Szerb è vivo nella memoria collettiva ungherese soprattutto grazie a questo suo romanzo del 1937, oggi quindi un ottantenne gagliardo che dimostra l'età che ha ma ha conservato tutto il fascino degli anni giovanili. In Ungheria continua a essere un libro di culto, lettura imprescindibile sia per le citazioni presenti in tante opere successive sia per il suo felice posizionamento fra la letteratura d'élite e quella popolare.Il suo successo attuale è dovuto anche alla sottile nostalgia destata nel lettore verso quel mondo sommerso della buona borghesia europea fra le due guerre mondiali, che era anche sinonimo di cultura.
Il viaggiatore e il chiaro di luna è la storia di due sposi ungheresi in viaggio di nozze in Italia, i quali per un contrattempo si perdono di vista e proseguono il loro viaggio separati. Le tappe del viaggio italiano sono quelle percorse dall'autore durante il suo soggiorno di un mese nel 1935.
«Naturalmente è la storia non solo di una perdita fisica, ma anche e soprattutto di uno smarrimento spirituale e del viaggio alla scoperta di sé e di entrambi. Il libro è un gioco di incastri tra il romanzo psicologico, il romanzo dell’artista che fu di moda alla svolta del secolo, il romanzo culto di Cocteau sulla generazione ribelle, il resoconto di viaggio, e nello stesso tempo, in parte, è anche una parodia della letteratura psicologica (la storia ambientata tra Venezia, Toscana, l’Umbria dei conventi, Roma costruì un’immagine d’Italia che ispirò le generazioni successive). Il protagonista fugge dal ruolo di adulto, in una consolidata esistenza borghese, per inseguire i ricordi decadenti della giovinezza degli strani amici di un tempo, facendo del romanzo un documento arguto e sentimentale dell’anima adolescenziale terrorizzata dall’idea di crescere»(Da Il miraggio della modernità – La narrativa ungherese nella prima metà del XX secolo in Storia della letteratura ungherese, Primo volume, Lindau, 2008, Zsuzsa Kovács e Bruno Ventavoli)
Il viaggiatore e il chiaro di luna è un'opera complessa impostata su più piani. All'inizio ricalca le forme del classico romanzo borghese che sembra avere solo l'ambizione di raccontare, seppure con ironia, il viaggio di nozze di una comune coppia di sposi di Budapest in Italia. Presto però le piccole avventure capitate durante il viaggio assumono colori più fantastici e il lettore può constatare che né l'uomo né la donna sono borghesi qualsiasi, ma figure dotate di antiche pulsioni mitiche. Le loro azioni si affonderanno vieppiù nel profondo inconscio e la narrazione dapprima realistica diventerà una cronaca mitologica e storico-culturale. Il romanzo cerca la risposta alla domanda se la macchina del tempo dell'anima può riportarci nel passato per completare il nostro vissuto, se l'uomo può liberarsi dalla prigione costruita da lui stesso e dalle catene dell'età adulta, e se si possono sciogliere i vincoli di un matrimonio dono della provvidenza ma disarmonico?
Come negli altri romanzi di Antal Szerb, anche in questo la realtà è accompagnata da miracoli, i fatti della vita quotidiana da quelli fantastici. Nelle pagine si incuneano elementi saggistici e si moltiplicano i duelli intellettuali. Qualche filo risulta ormai anacronistico e tradisce l'età avanzata del romanzo, che però rimane una lettura molto stimolante grazie all'ironia giocosa dell'autore che non esita a prendere in giro anche le proprie teorie. La trama si conserva sorprendente fino alla fine e l'autore ci arricchisce di nozioni ed episodi interessanti e colti, raccontati con stile per nulla cattedratico.
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Nel suo romanzo Szerb ricorre a più filoni: al tema del turismo culturale elaborato da Goethe, Freud, Thomas Mann ed altri, alla ribellione al conformismo dei Ragazzi terribili di Jean Cocteau, e a quello dello smarrimento fisico e del viaggio interiore, diffuso negli anni Trenta e reso forse più famoso dal Maestro e Margherita, anche se l'opera di Bulgakov, scritta fra il 1928 e il 1940, sarà pubblicata soltanto post mortem. Ai precedenti aggiunge il suo personalissimo approccio, al quale aggiunge le nozioni apprese dal suo amico ben noto anche in Italia: Károly Kerényi, uno tra i più illustri interpreti del pensiero mitologico e filosofico antico. Il libro è intessuto anche di velati accenni alle questioni della sua epoca, esaminate con profondo europeismo. Tutte caratteristiche che parlano anche ai lettori di oggi e rendono questo romanzo intramontabile, come d'altronde è intitolata la collana di e/o di cui ora fa parte, Gli intramontabili.
Per la prima foto, copyright: Bin Thiều.
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