Un calcio al pallone, un atto politico. “Ladies Football Club” di Stefano Massini
Alle volte perché tutto cambi irrimediabilmente basta una bomba, o meglio, una bomba finta, fatta per simulare le traiettorie e i movimenti della sorella vera, infatti la chiamano Sister K. Quella vera, BOMB K4, ha la potenza di sei granate. L’altra, invece, è buona solo per le simulazioni di lancio. Una palla, insomma, basta una palla nel posto giusto, al momento giusto. Se poi rotola, se poi ci sono undici donne, tutte operaie, e stanno mangiando un panino su un muretto in pausa pranzo, se il cortile della fabbrica a un certo punto rivela la forma di un campo da football, se è il 6 aprile 1917, e c’è la guerra, poco importa che dopo mezz’ora di gioco si scopra che quella non era la sorella falsa, ma quella vera, e che avevano rischiato di saltare in aria, perché hanno fatto la rivoluzione, hanno cambiato il mondo una volta per tutte, e da certe svolte non è possibile tornare indietro. Certo, se fosse scoppiata, la palla, sarebbe andato tutto diversamente, che di bombe ne scoppiavano già tante, a non molte miglia da lì. Solo che «il campo da calcio non era un campo da calcio, era un posto strano, bellissimo e terribile, dove accadono per filo e per segno chiaramente cose che là fuori si nascondono». Insomma, «il football se sbagli te lo grida in faccia», e loro lo capirono presto.
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Di quei calci al pallone racconta il nuovo romanzo in versi di Stefano Massini, autore, per citare due titoli tra i tantissimi della sua bibliografia, della fortunatissima pièce teatrale Lehman Trilogy e dell’eclettico e affascinante Dizionario inesistente (Mondadori 2018). Questo libro, invece, s’intitola Ladies Football Club e ripercorre la nascita proletaria e sorprendente di una delle prime squadre di calcio femminili, nate in Inghilterra durante il primo conflitto mondiale. Un calcio al pallone scaturito dalla fame di spazio, di azione, di ribalta, un calcio che si trasforma in atto politico, inatteso e necessario. Nessuno aveva mai osato prima d’allora appropriarsi di quel mondo tanto maschile e affascinante. Nessuno prima di allora aveva beffato con tanta determinazione la supremazia dell’uomo. Di tutto ciò Massini fornisce una grande narrazione.
Si tratta di un testo teatrale, più che di un romanzo, tant’è che viene voglia di leggere quelle pagine ad alta voce, seguendo le pause degli a capo, i silenzi dei paragrafi bianchi, parola per parola, scandendo bene ogni sillaba. Sullo sfondo (o forse in campo, insieme ai personaggi), un narratore partecipe, invischiato con il mondo che racconta. Non ci sono parole di troppo, e quelle poche vengono ripetute, ordinate, secondo i più raffinati strumenti della retorica. Dell’economia ha fatto la sua forza. D’altronde, siamo in guerra, lo si è detto.
Dieci protagoniste, o meglio, undici (ma quest’ultima è sempre schiva), sono tante da seguire, e l’autore lo sa bene. Ma sa che basta un dettaglio, un evento, una posa o una suggestione perché il personaggio rimanga nella mente del lettore, e sfugga via come la gran parte delle cose che gli passano davanti agli occhi. Tra queste, per esempio, c’è Brianna Griffith, ossessionata da Giovanna d’Arco, anche se non sa neppure bene chi sia. C’è Olivia Lloyd, che ha l’abitudine di rubare da riviste come «L’amica della casalinga» frasi a effetto e che la contingenza trasforma nella portavoce del gruppo. Per fare un esempio, frasi come «L’amore per il football, noi lo sentimmo fin dal primo calcio, perché fu quell’amore a salvarci la vita» sono i suoi cavalli di battaglia; basta giusto cambiare qualche parola e il gioco è fatto. C’è poi Haylie Owen, che per amore del marito comunista si mette a studiare il pensiero di Marx ed Engels, peccato che, al suo ritorno dal fronte, del cuore rosso sia rimasto ben poco: la guerra lo ha reso un uomo tetro e triste. Tanta fatica per nulla, fa niente: leggere Marx non ha mai ucciso nessuno. Ah, e c’è anche Sherill Bryan, l’undicesima calciatrice in campo, ma sembra sempre che non ci sia, impacciata e timida com’è.
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Calcio dopo calcio una consapevolezza si distribuisce tra le dieci protagoniste, scusate, tra le undici, ed è una di quelle cose che non si può ignorare, dopo che viene notata per la prima volta. E si sa, «vive molto meglio chi lo schifo non lo sente. Se invece lo senti, sei destinato a fare il fuggitivo». Lo schifo lo sentono, le dieci calciatrici, ma nessuna di loro fugge davanti al pallone, benché certo la situazione non giochi a loro favore. Certi momenti sono spartiacque, certe decisioni rivoluzioni. Un calcio al pallone, un atto politico.
Per la prima foto, copyright: Tevarak Phanduang su Unsplash.
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