Un caffè amaro in compagnia di Simonetta Agnello Hornby
È un periodo intenso per Simonetta Agnello Hornby, la scrittrice siciliana che dal 28 aprile è nelle librerie con un nuovo romanzo dal titolo Caffè amaro (Feltrinelli) e in giro per l’Italia.
Donna del Sud sanguigna e vitale, e al tempo stesso ferrea e disciplinata, dopo una vita da avvocato e giudice a Londra, dove vive da più di quarant’anni, è un mix in cui l’attaccamento alle radici e l’identità originaria non si sono mai perse, bensì perfettamente integrate con la vocazione di cittadina del mondo.
È andata anche in tv portando un pezzo della sua famiglia con il docu-reality in onda su Rai3 Io&George, realizzato dalla Pesci Combattenti srl, dopo il fortunato successo de Il pranzo di Mosé, andato in onda nel 2014 su Real Time.
La telecamera ha seguito Simonetta e suo figlio George, affetto da sclerosi multipla, in un viaggio da Londra a Mosé, in provincia di Agrigento, lungo lo Stivale. Tappe, incontri (su tutti spicca quello con Andrea Camilleri, legato a Simonetta Agnello Hornby da profonda amicizia «La mamma italiana è una chioccia, ma non dimentichiamo anche la nonna italiana» aveva dichiarato il creatore di Montalbano) e disservizi («A Roma i disabili si rompono la schiena a camminare sui sanpietrini» ha affermato la Agnello), Io&George nasce perché «mio figlio Giorgio ha seguito molto il lavoro di produzione e di background durante la lavorazione de Il pranzo di Mosé – spiega la scrittrice – e quest’attività gli ha dato molti stimoli e un rinnovato entusiasmo. Così, parlando con lo staff dei Pesci Combattenti ci è venuta l’idea di un programma in cui lui comparisse con la sedia a rotelle, anche per sensibilizzare sulle problematiche delle persone con disabilità». Il programma si presta a letture differenti perché viaggia su livelli diversi: dal tema del rapporto – molto forte – madre e figlio a quello delle disabilità, al racconto del viaggio attraverso l’Italia, ma anche attraverso sé stessi. La narrazione è autentica, non c’è drammatizzazione, né impostazione nella sceneggiatura e qua e là fa capolino uno sprazzo di humour inglese. «Quello è di George, gli viene naturale essendo nato in Inghilterra» che non guasta.
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«Volevamo far scoprire anche a George un po’ d’Italia – racconta Riccardo Mastropietro, fondatore di Pesci Combattenti srl – e volevamo raccontare che cosa fosse per una persona disabile fare un viaggio, perché pensiamo che il turismo e lo svago debbano essere accessibili a tutti. Le tappe sono state sei, come le puntate, Londra, Milano, Pisa, Roma, Napoli, Palermo e Mosé, visitando monumenti e incontrando personaggi. È stata un’occasione personale molto bella, ma anche un’esperienza umana intensa. Sia Simonetta che George sono stati molto al gioco, molto naturali e questo ha forse fatto il successo del programma nella sua prima messa in onda (tra novembre e dicembre 2015, ndr) con un’ondata di commenti positivi sui social network. Il rischio che correvamo era quello di scadere nel pietismo – conclude Mastropietro, ospite al Salone del Libro 2016 – ma in questo il senso dell’humour di George che non si pone limiti e cerca di vivere tutte le esperienze, e il pragmatismo di Simonetta sono stati utilissimi per evitare questa deriva. Era materialmente la prima volta che madre e figlio facevano un viaggio insieme».
Dalla pubblicazione de La mennulara nel 2002 in avanti Simonetta Agnello Hornby è una delle scrittrici italiane più lette e amate. Il suo nuovo libro, Caffè amaro, racconta di Maria, una quindicenne siciliana di cui si innamora a prima vista Pietro, un uomo di trentaquattro anni che ama i piaceri della vita. Maria è figlia di un avvocato che difende gli interessi dei contadini e dei più deboli, e sogna un giorno di lavorare e di essere indipendente anche economicamente. Maria è una donna oltre le convenzioni. E per quanto non sia autobiografico, anche se in origine lo spunto della trama è stato fornito all’autrice dalla figura della nonna che lei stessa non aveva mai conosciuto, non si fa fatica a pensare che alcuni tratti di quella donna oltre le convenzioni appartengano anche alla sua autrice. Questo intreccio sentimentale si sviluppa anche sullo sfondo della Storia, quella con la maiuscola, perché compaiono i Fasci siciliani, l’ascesa del fascismo, la seconda guerra mondiale e i bombardamenti che distruggono Palermo.
Come ha avuto l’idea per questo nuovo lavoro?
Il romanzo ha avuto una gestazione più lunga di tutti gli altri precedenti, perché in corso d’opera ho trovato nuovi spunti. Sono partita dalla figura di mia nonna, che non ho mai conosciuto, morta a 53 anni. Mia madre mi raccontava sempre che lei prendeva il caffè amaro in quanto le cognate, nella sua prima visita da fidanzata, assai più grandi lei, dimenticarono di offrirle lo zucchero. Per educazione disse «Grazie, no, lo prendo così» e finì col prenderlo amaro, nonostante fosse golosissima. Anche mia madre ed io lo prendiamo così. Questo suo comportamento mi dava l’idea della donna siciliana, che cerca di adattarsi agli altri. Dopo un po’ di tempo di “decantazione”, il romanzo è cambiato completamente, per influenze esterne: ho letto un pezzo sui valdesi, e ho voluto inserire un valdese, così come è avvenuto per la storia degli ebrei in Sicilia che mi ha ispirato la figura di un ebreo. Pian piano è diventato un libro storico, come se questa Maria mi avesse detto «Non mi piace la storia di tua nonna, fammene una più bella».
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Come si sente adesso, a romanzo concluso e pubblicato?
Quando l’ho finito, ho subito detto al mio editor: «Ma sai che mi piace questo libro?». Questa volta è diverso, rispetto alle altre volte, perché in precedenza ero talmente stanca da non sapere se avessi scritto bene o male.
In Caffè amaro si ha l’impressione che la saga familiare s’intrecci alla storia della Sicilia, che appare la vera protagonista del romanzo…
È avvenuto, questa è la cosa stranissima! L’ho scritto come un flusso, è venuto così.
Ci sono passaggi che sembrano descrivere l’attualità e non una storia di oltre un secolo fa, del tipo «Perché questi sprechi? Così è qui: sono cose di cui non si può parlare. La classe politica lo sa e ci guadagna»…
È terribile, vero? Eppure è così.
Un altro tema significativo è quello dell’emigrazione…
Ammetto la mia ignoranza sulla mia Sicilia, perché su questo tema sapevo pochissimo, nonostante io legga tanto. Molti dei libri sulla storia siciliana sono scritti da inglesi e per questo nei ringraziamenti ho citato Christopher Duggan dell’Università di Reading, purtroppo scomparso prematuramente, per il suo aiuto. La mia emigrazione in Inghilterra è avvenuta per amore, mentre la vera emigrazione è quella per fame e per disperazione. Quello che vediamo sotto i nostri occhi tutti i giorni, con i disperati che arrivano dalla Siria e dalla Libia e il mercato criminale che li gestisce è lo stesso che avveniva due secoli fa e nel secolo scorso con i siciliani che emigravano in America. Autentici lestofanti prendevano barche non più adatte al trasporto di merci, inadatte a fare un viaggio di andata e ritorno, e ci caricavano sopra le persone, i loro stessi conterranei.
Colpiscono molto le figure femminili del romanzo, sono forti, sensuali. Anche la misconosciuta Rosalie Montmasson, prima moglie di Francesco Crispi, è molto interessante…
Non la conoscevo neanch’io, la sola donna tra i Mille, partita a seguito del marito conosciuto in esilio a Marsiglia nel 1848 e sposato poi a Malta. Lo aveva mantenuto nei lunghi anni di esilio, ma fu rinnegata di fatto. Su Crispi c’è un vero e proprio velo. La storia ce lo tramanda come grande statista, e invece trattava malissimo le sue donne. Per quanto riguarda le altre protagoniste, non ci sono riferimenti alla mia famiglia che era, invece, molto tradizionale. Non c’è mai stato nessuna aspirazione al socialismo, tanto per dire.
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Da lettrice, che cosa cerca in un libro?
Quando ho scritto La mennulara, non ho pensato a nulla. Mi è venuto così, di getto. Invece, da lettrice cerco una bella storia, avvincente quando si tratta di romanzi, anche se mi piacciono molto i libri storici. Posso dire tranquillamente che voglio il verosimile e l’inverosimile, voglio meravigliarmi.
Ciò si aspetta ogni lettore, no?
Il lettore si aspetta quello che vuole, sa? Adesso la tendenza qui in Inghilterra è che gli uomini leggono libri scritti da uomini – come Nick Hornby, ad esempio, che non è parente – mentre le donne quelli scritti da donne. Ognuno vuole la libertà.
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