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Un autore bruciato dalla casa editrice

Libro bruciato«Adesso che il tuo libro è uscito te la posso dire una cosa?»

«Vai.»

«Non ti devi deprimere, qua dentro lo sapevano tutti da un pezzo che sarebbe finita così.»

«Così come?»

«Così come ora. Con me e te a parlarne su questo terrazzino, uno schifoso caffè in mano e nessuno intorno. Il tuo è un tipico esempio di autore sedotto e abbandonato. Dalla casa editrice, dico.»

«Che schifo.»

«È il mercato, amico mio. Pensavi di venire qui per aggiornare la storia della letteratura? Io c’ero il giorno in cui hanno presentato il tuo libro alla rete vendita…»

«E com’era andata?»

«E com’era andata… Il responsabile editoriale quella mattina era talmente depresso che non sarebbe riuscito a convincere la madre a prestargli due euro. Ti ha presentato più o meno così: “E poi sì, c’è anche questo libro, un atteso ritorno, bla bla bla…”. Ma tra le righe si capiva: “Guardate, trovo deprimente tutto questo, trovo molto deprimenti voi, le vostre cravatte e le vostre gonne grigio-topo, e l’unica cosa che vorrei fare adesso è tornarmene a letto”. Risultato: il libro non ha prenotato un cazzo. Gli entusiasmi in casa editrice si sono raffreddati, tiratura bassa, investimenti marketing zero… Ti sei accorto che il libro è invisibile? Fuori di qui non si vede e non si sente, è come se vivesse dentro una bolla… Appena esci scoppia.»

«Me ne sono accorto sì.»

«Ci credo. Pubblicità zero, attività di ufficio stampa zero, recensioni zero, vendite zero. Sei morto, insomma. Editorialmente parlando.»

«Ma tu queste cose non le sapevi? Abbiamo lavorato fianco a fianco per mesi, sei venuto a casa mia, non potevi dirmele prima?!»

«Mica lo si sa da subito. La verità emerge lentamente, è come quando tua moglie ti tradisce. Parlo a ragion veduta, ti puoi fidare. Un giorno alla volta vedi montare l’indifferenza, diradarsi le telefonate quotidiane…»

«Sempre meno contatti fisici…»

«Sempre meno contatti fisici, bravo. Diventi una specie di baco dentro un meccanismo che non è più il tuo. E poi, amico caro, io faccio il redattore, io devo farti consegnare il libro nei tempi e nei modi giusti. Ho troppi anni di carriera sulle spalle per interessarmi a quello che succede prima e dopo. Qualche anno fa mi incazzavo. Mi dispiaceva per quelli come te, per il mio lavoro… Ma poi te ne fai una ragione, una pacca sulla spalla e via, avanti il prossimo.»

«Ma che avanti il prossimo, io sono distrutto!»

«Ma che dici? Ci siamo divertiti a lavorare insieme, no? Abbiamo passato dei bei momenti, c’è stato un buon feeling, no?»

«Sì, ma io avevo fatto dei progetti...»

«Male. Questi sono squali, quali progetti avevi? Il libro va bene? Siamo tutti amici, è una gara a darsi di gomito e offrirsi birrette. Il libro non vende? Sei fuori, kaput, un appestato. Una barzelletta da raccontare nei corridoi. Porti pure sfiga. Da questo momento parlare con l’editor ti sarà quasi impossibile, sappilo. Si negherà fino alla morte e anche oltre. Hai voglia a mandare casse di vino e sms di auguri al suo compleanno. Benvenuto nel mondo delle presentazioni organizzate da te medesimo, nella libreria di quartiere: quattro tartine, uno spumantino e via, tutti a casa. Tu sei ancora giovane, forse per la presentazione il tuo prof della tesi non si rifiuterà.»

«Ma… il mio libro era bello, me lo dicevi anche tu!»

«Certo! Abbiamo fatto un ottimo lavoro, non credere… E quello rimane, nessuno te lo toglie. Purtroppo è andata così, che ci vuoi fare? Hai tirato la pallina nella ruota e ti ha detto male, pazienza. Da domani inizierai a pensare al tuo riscatto e soprattutto, perdona la sincerità e accetta il consiglio, al tuo prossimo editore. Perché non ti arrenderai. Non ci si arrende mai all’idea di non poter più dire: “Sono uno scrittore”. Questa cosa finirà per…»

«Lillo!» Oltre la porta a vetri, lo stagista agita le mani come uno sbandieratore. «Lillo! Telefono!»

«Scusami, caro, come vedi c’è bisogno di me. Tra l’altro ho appuntamento con un tuo collega proprio per discutere dell’editing del suo romanzo.»

Chissà se a lui andrà meglio, penso, ma non lo dico.

Balbetta qualcosa, il giovane autore bruciato al secondo libro; in silenzio lo riaccompagno agli ascensori. È pallido, lo sguardo fisso a terra, sembra che abbia perso qualcosa di molto piccolo nella moquette spelacchiata. Alla fine di tutto, un po’ mi rattrista immaginare che siano i suoi onesti sogni letterari. 

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