Un anno senza Doris Lessing, ma la sua scelta di viaggiatore continua
Uno scrittore è un viaggiatore ed è indubbio che Doris Lessing abbia viaggiato tanto nella sua vita e non solo con l’immaginazione. Nata nel 1919 in Iran, quando era ancora Persia, ha trascorso la sua infanzia in una fattoria della Rodesia coloniale (ora Zimbabwe) dove i suoi genitori erano emigrati dopo la prima guerra mondiale.
A 19 anni sposa Frank Wilson e dà inizio a un altro tipo di viaggio, quello che porta un individuo a uscire dal suo gruppo di origine (la famiglia) per crearsene uno per conto proprio. Un viaggio che deve aver deluso le aspettative, visto che la stessa scrittrice definisce la sua prima esperienza di moglie e soprattutto di madre «l’Himalaya del tedio». Così, a soli 26 anni, Doris Lessing deciderà di intraprendere un nuovo viaggio relazionale, lasciando Mr. Wilson e sposando Mr. Lessing. Doris May Tayler diventa Doris Lessing, lascia l’Africa per l’Inghilterra e porta con sé la prima stesura di The Grass is Singing [L’erba canta] che sarà pubblicato nel 1950 trasformandola, all’età di soli 31 anni, in una delle scrittrici più interessanti del XX secolo, capace di dimostrare cosa vuol dire per un uomo e una donna parlare sul serio.
Nella Londra di Arnold Wesker, Bertrand Russell e John Osborne, Doris Lessing si muove come uno dei suoi personaggi femminili migliori, attenta osservatrice e ascoltatrice (degli altri e di sé stessa), acuta, concreta e insofferente verso ogni forma di falsità di azione e di pensiero. Affascinata dalle scienze sociali, si interroga spesso sulla dinamica dei gruppi e su come la violenza sia un tratto distintivo del genere umano. Scoprendo che persino i discorsi dei più “illuminati” leader occidentali, a cominciare da Thomas Jefferson, sono improntati su una parola: sangue. Il sangue dei nemici, il sangue dei patrioti e dei martiri, il sangue che ispirerà chi rimane. «Quando un capo evoca il sangue per spronarci a sostenere lui e la sua causa, dobbiamo alzare la guardia» (Le prigioni che abbiamo dentro . Cinque lezioni sulla libertà, minimum fax, 2007).
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Ed è in questo momento che il ruolo dello scrittore diviene importante, per evitare che il senso di appartenenza a un gruppo prevalga sulla ragione. Ecco perché l’obiettivo più prezioso per un romanziere è, secondo l’autrice, «quello di aiutare i propri concittadini a vedersi come li vedono gli altri». Gli altri che non fanno parte del loro gruppo sociale, economico, familiare; gli altri che non sono automaticamente nemici.
Per farlo gli scrittori devono guardare ai loro simili con il giusto livello di distacco, pronti a registrare cambiamenti di direzione così radicali e inattesi da diventare invisibili alle persone. La generazione di Doris Lessing ne ha vissuti parecchi. È lei stessa a farne qualche esempio in una delle lezioni che tenne all’Università di Toronto negli anni Ottanta. Durante la seconda guerra mondiale l’Unione Sovietica di Stalin era presentata agli inglesi come terra di eroi coraggiosi e amanti della libertà e il suo comunismo come manifestazione pura della volontà popolare che anche gli inglesi avrebbero dovuto prendere a esempio. Finita la guerra, da un giorno all’altro la prospettiva della gente si ribaltò, trasformando gli eroi in traditori della democrazia, un pericolo da combattere ed estirpare. E nessuno sembrò notare questa rivoluzione di pensiero. Nessuno sembrava più ricordare ciò che si era detto fino a pochi giorni prima. La memoria collettiva aveva dimostrato, ancora una volta, di potersi modellare a suo piacimento per la salvaguardia del gruppo di appartenenza.
Proprio su questi annebbiamenti dogmatici Doris Lessing ha agito, spingendo i suoi lettori a domandarsi se la propria causa sia automaticamente la “giusta” causa. Costringendoli a scegliere un viaggio diverso da quello che avevano in mente, magari persino a domandarsi se quel gruppo cui sono tanto affezionati sia il più adatto per loro, Doris Lessing resta uno dei migliori tour operator delle nostre idee.
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