Umberto Boccioni, a 100 anni dalla scomparsa nuove fonti e una mostra
Milano accoglie con entusiasmo una mostra che approfondisce e racconta l’arte di Umberto Boccioni (1882 - 1916), giovane maestro del Futurismo italiano. Umberto Boccioni. Genio e memoria: questo il nome dell’esposizione ospitata a Palazzo Reale fino al 10 luglio 2016, che nasce da un lungo lavoro di ricerca dei curatori Francesca Rossi ed Agostino Rontò e dalla vincente collaborazione tra i musei civici di Milano (Museo del Novecento, Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Reale, Pinacoteca di Brera e Castello Sforzesco). La mostra raccoglie ben 280 opere, tra disegni, dipinti, sculture e documenti autografi, che provengono da collezioni private e musei italiani e internazionali.
Il titolo della mostra nella sua essenzialità descrive perfettamente i due principi che hanno guidato i curatori nel proprio progetto di ricerca: la genialità dell’artista – racchiusa in primo luogo nel tratto distintivo della sua arte, il disegno – e la memoria, affidata a illustrazioni, ritagli di giornale e appunti giovanili, che sono stati rinvenuti per puro caso nel 2009 nella biblioteca civica di Verona e che arricchiscono in maniera importante il profilo dell’autore.
La mostra commemora l’anniversario della morte di Boccioni, ma tale ricorrenza non è un semplice pretesto per ripercorrere le fasi salienti della breve e intensa vita dell’artista. Al contrario, si vuole dare a questo progetto espositivo un nuovo taglio critico, diverso dai soliti percorsi monografici, volto a far emergere un’immagine nuova e più ampia dell’artista. Scopo dei curatori è, infatti, chiarire alcuni equivoci diffusi intorno alla figura di Boccioni e mostrare al pubblico le nuove testimonianze emerse sulla sua concezione dell’arte e sulle relazioni artistiche che animarono le fasi della sua formazione nel periodo pre-futurista.
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I documenti scoperti a Verona vengono definiti dai due curatori della mostra l’Atlante della memoria di Boccioni. Si tratta di un album in cui l’artista sin dalle prime fasi della sua carriera ha confezionato un vero e proprio diario visivo: fatto di ritagli, illustrazioni, cartoline, biglietti di esposizioni e annotazioni che hanno permesso agli studiosi di confermare le vecchie fonti dei suoi modelli e di individuarne di nuove. Tra queste, oltre ai già noti Dürer, Balla, Segantini e Previati, ritroviamo alcuni pittori nordici, come l’impressionista svedese Anders Zorn, che influenzò Boccioni soprattutto nella sua fase divisionista, ma che fu definitivamente superato in seguito all’incontro con la pittura cubista.
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Se l’Atlante costituisce il punto di inizio di questo viaggio nell’arte di Boccioni, il filo conduttore dell’intero percorso è rappresentato dal ruolo fondamentale del disegno. Esposti al pubblico vi sono, infatti, 60 disegni che ripercorrono l’intera carriera dell’artista, dalle fasi giovanili agli anni precedenti la scomparsa. Tali disegni, conservati nel Castello Sforzesco di Milano, sono stati esposti soltanto una volta in passato, nel 1979, e vengono finalmente riproposti e arricchiti dai nuovi dati provenienti dall’Atlante della memoria. Nella concezione artistica di Boccioni, il disegno è la linfa vitale di ogni creazione. Tutto passa attraverso il disegno, che rappresenta il nucleo propulsore e il linguaggio trasversale a tutte le sperimentazioni grafiche e scultoree dell’artista.
Altro obiettivo della mostra, inoltre, è sfatare un luogo comune legato alla figura di Boccioni. Il giovane artista partecipò con grande slancio al Futurismo ed è per questo che, come Marinetti, Balla, Severini e Sironi, egli viene in genere considerato avversario e distruttore dell’arte tradizionale. Questo, tuttavia, è un grande equivoco. Nella ricerca di un suo percorso artistico Boccioni ha, infatti, guardato molto all’arte del passato e l’Atlante, a conferma di ciò, rivela che a influenzare il suo stile grafico e scultoreo vi furono oltre ad Albrecht Dürer, altri autori rinascimentali, quali Michelangelo e Raffaello.
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Emerge, quindi, con chiarezza che col Manifesto dei pittori futuristi del 1910 Boccioni e gli altri non combatterono tanto la tradizione in sé, quanto piuttosto quell’arte accademica, pedante e votata alla riproposizione di modelli antichi e stantii, che, per i futuristi, non era più in grado di rappresentare un reale modello per un Paese come l’Italia proiettato verso le novità del progresso. Ecco, non a caso, quanto Boccioni scrive in un suo diario dell’epoca: «Sento che voglio dipingere il nuovo, il frutto del nostro tempo industriale». Ed è proprio questo il tempo – fatto di città che crescono e si espandono sempre più in altezza (La città che sale, 1910-1911) e di una vorticosa dinamicità, che rende il movimento protagonista in tutto, persino nelle immote sculture (Forme uniche della continuità dello spazio, 1913) – che ritroviamo impresso nei disegni e nei dipinti esposti nelle diverse sezioni della mostra.
Sono dunque numerose le ragioni che rendono questa esposizione un evento imperdibile per gli amanti dell’arte e non solo.
Passeggiando per Milano, dunque, non perdete quest'evento. Segnate in agenda il prezioso appuntamento con l’arte di Umberto Boccioni.
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