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Ultimi dati sul mercato dei libri: da crisi a epidemia

EditoriaPotrebbe bastare un “di male in peggio” per commentare gli ultimi dati sul mercato dei libri pubblicati nel Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2014. Come dire: da stato di crisi si è passati a vera e propria epidemia. Il documento dell’Ufficio studi dell’Associazione italiana editori traccia infatti un’immagine tutt’altro che rosea del mercato librario italiano, nel quale abbondano i segni negativi ed emergono, grigi e timidi, i pochi tratti positivi.

Partiamo dal peggio: nel 2013 è sceso del 6,1% il bacino dei lettori, si è ridimensionato il mercato del libro (-4,7%), per la prima volta (ma questo potrebbe anche non essere un male) si è registrato un andamento negativo nel numero di titoli pubblicati (-4,1%), sono diminuite le copie vendute (-2,3%) e parallelamente sono calati i prezzi di copertina sia dei libri di carta (-5,1%) che degli ebook (-20,8%, al netto dell’Iva). Già, anche quest’ultimo dato, all’apparenza positivo per chi ama i libri, in realtà non lo è: quando il prezzo di un bene cala tra le ragioni c’è quasi sempre una bassa richiesta del bene stesso.

Ma non è finita, l’analisi del mercato librario del 2013 fa notare come la crisi degli ultimi anni abbia veramente i tratti dell’epidemia, tanto che, come avvenuto per le aziende di altri settori, anche molte imprese editoriali hanno preferito chiudere i battenti. Sono 4.534 le case editrici che hanno pubblicato almeno un libro nel 2013 (-1% rispetto al 2012). E solo una su quattro (1.187 per la precisione) ha pubblicato più di 10 titoli nei 12 mesi dello scorso anno. Un dato che si presta ad una lettura contrastante, perché se è vero che di libri se ne pubblicano anche troppi, non possiamo in alcun modo essere certi che tra gli editori che hanno chiuso ci fossero solo cialtroni. Anzi, questi spesso se la cavano benissimo.

Il rapporto dell’Aie definisce gli ultimi 18 mesi come quelli della Grande Trasformazione. Secondo l’analisi pubblicata nei giorni scorsi elementi come la crisi, l’impatto dirompente del digitale, e lo scenario economico non hanno solo ridimensionato, bensì «trasformato in un quadro di allargamento a livello esponenziale della competizione internazionale e con un pubblico che accede a servizi e prodotti (editoriali e non) sempre più in mobilità». Una lunga perifrasi per dire che gli editori, finora, mica ci hanno capito un granché. Si punta al mobile, perché fa figo, perché tira, ma si ragiona sul fatto che un ebook non è Candy Crash?

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Eppure gli editori, dicono, hanno provato a reagire: hanno cambiato i processi produttivi (il 14% delle copie è stampato con sistemi di stampa digitale), logistici (l’80,2% delle librerie non di catena e il 100% di quelle di catena ha un gestionale collegato al magazzino del distributore), distributivi (il 12% delle vendite passa attraverso store on line), di comunicazione (il 58,9% delle case editrici è “attiva sulla rete”). E soprattutto hanno cambiato il prodotto. Come? Quando? Dove? Chi? Cosa? Questo non si sa. A meno che abbassare il prezzo e fare offerte 3x2 non sia cambiare il prodotto.

Eppure anche il settore ebook, i numeri del quale sono più che raddoppiati nell’ultimo anno, produce fatturati ancora modesti: non si arriva, infatti, neanche a 40milioni di euro, circa il 3% del totale di un mercato che cala ancora, allontanandosi dai 3 miliardi del 2010. Se ci aggiungiamo il mercanteggio di altre cose che non sono ebook ma che con l’ebook vengono vendute si arriva a fatica all’8% del totale. Con una buona mano anche della politica, visto che l’Iva al 22% anche sugli ebook di certo non agevola lo sviluppo. Anzi, dicono chiaramente all’Aie, «limita le potenzialità di crescita del segmento editoriale digitale». Comunque sia, se non altro il mercato digitale continua a crescere, sia in termini di titoli disponibili (le nuove uscite, nel 2013, sono state 30.382 ebook), sia di peso sul mercato.

La crisi, dice ancora il rapporto, attraversa tutti i generi letterari con la sola eccezione dell’editoria per bambini e ragazzi. Ma nonostante tutto aumenta del 7,3% la vendita di titoli all’estero. Una cifra che resta un numero tra numeri senza alcun riferimento alla tipologia, diciamo anche alla qualità, dei libri che esportiamo. Perché la qualità potrebbe essere la parola chiave per contrastare l’epidemia, la qualità di libri ricchi di sostanza, che lasciano emozioni, che fanno sognare scatenando il passaparola.

Potrebbe essere questa la chiave per contrastare anche l’emorragia di lettori, che ha fatto scendere di un 1,6 milioni il numero degli italiani che leggono almeno un libro all’anno (-6,1%). Perché se tutte le categorie di lettori si sono ridimensionate nell’ultimo anno (-7,4% i giovani lettori 6-14enni, - 4,7% le donne,e -10,3% anche di lettori forti (quelli da più di 12 libri l’anno), magari il problema non è tutto e solo della crisi economica, ma è anche di un sistema che offre una qualità medio bassa, standardizzata e livellata verso il peggio, e priva, se non casualmente, di picchi di qualità che si elevino sul resto. Probabilmente solo con investimenti lungimiranti e non timorosi gli editori potrebbero portare il mercato del libro al di fuori di una crisi che, se già si è fatta epidemia, quantomeno dovrebbe essere circoscritta e combattuta.

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