Turismo e terrorismo
Esiste ormai un legame molto, molto stretto tra turismo e terrorismo. Dove arriva il turismo a penetrare nei luoghi più vicini alle centrali mondiali del terrorismo, lì il terrore agisce e interviene affermando la sua globale supremazia sulla vita.
A Sousse, nel museo del Bardo, adesso a Sharm el-Sheikh, il terrorismo si afferma come una forza che approfitta delle grandi concentrazioni umane (i flussi turistici appunto) che continuamente affollano alcuni posti.
Vi sono elementi di profonda intelligenza criminale e di strategia, quando il terrore mette a segno un colpo importante in una località turistica, perché l’economia del Paese colpito ne esce distrutta. Quella tunisina e quella egiziana soffrono da tempo di una depressione determinata dal timore – concretizzato – di attacchi contro i turisti. E ne escono martoriate le retoriche politiche costruite dai presidenti dei Paesi colpiti, tese a minimizzare la presenza fondamentalista.
La paura del binomio turismo-terrorismo è sempre più presente nell’agenda delle agenzie di viaggio e nei pacchetti dei tour operator. Tener conto dei consigli dei ministeri degli esteri è diventato quasi un obbligo, ma nessuno viene sollecitato a comprendere che, in fondo, si tratta di due facce della medesima medaglia. Per capacità di penetrazione, per risorse che investe, per dimensione, il turismo e il terrorismo sono molto vicini: il turismo si espande invadendo spazi impensabili, lo stesso fa il terrore. E se ci posizioniamo sul web, le informazioni turistiche e quelle terroristiche su alcuni territori si equivalgono. In fondo parliamo di luoghi, di evocazioni esotiche (Siria, Iraq, Giordania, Egitto, Tunisia, eccetera): posti presenti nei sogni – anche di conquista – occidentali da secoli.
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Parliamo dell’affermazione di un senso comune globale che vede convivere nelle stesse mete, come nel Sinai, il divertentismo e la paura. Manca la via di mezzo, l’equilibrio tra forze apparentemente contrapposte.
Non è vero, infatti, che il turismo porta immediatamente civiltà e progresso, come non è vero che il terrorismo può avere un volto buono al servizio dei Paesi colpiti. Il turismo sconfina spesso nell’inquinamento, nella violenza contro l’ambiente e l’archeologia, nello sfruttamento della popolazione locale; il terrorismo se ne frega dell’ambiente e dell’archeologia, e fa scempio della popolazione locale. Entrambe le forze talvolta competono per deprimere la storia e le civiltà locali, a vantaggio di altre due forze estremamente vicine: il denaro e il potere. Riflettiamo, dunque, su questo ambiguo gemellaggio globale tra turismo e terrorismo, perché in futuro le cose rischiano di saldarsi ancora di più.
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