Trovare l’equilibrio nel pericolo. “Dopo la pioggia” di Chiara Mezzalama
Capita nella vita che un trauma scuota le nostre esistenze, togliendo qualsiasi coordinata, costringendoci a trovare un equilibrio diverso, una nuova via per sopravvivere. Questo è il tema centrale dell’ultimo romanzo di Chiara Mezzalama, Dopo la pioggia (Edizioni E/O).
Un libro che si apre in maniera morbida, presentando al lettore Ettore ed Elena, i due protagonisti: una coppia ormai stanca della vita e del loro matrimonio, con due figli Susanna e Giovanni, adolescente incompresa lei e giovane promessa della danza lui, che sembrano patire le difficoltà coniugali dei propri genitori.
Una situazione di vita comune a molte coppie, oggi, una deriva dolorosa, in cui i protagonisti di Mezzalama cercano di non perdersi, apportando delle pezze all’esistenza.
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Ettore, snervato da un lavoro che lo imbriglia, l’essere socio di una azienda di costruzioni che senza troppi scrupoli ha compiuto diverse illegalità, ha un’amante, Claudia, che gli alleggerisce sia la vita sia la coscienza.
Elena, traduttrice di saggi inerenti a problemi ecologici, moglie abbandonata in casa che beve acqua calda senza metterci la bustina di tè e conscia dei tradimenti del marito prende la decisione di andarsene. Abbandona lui e i figli per rifugiarsi nella residenza di campagna, il Faggio Rosso, dove ha passato i momenti più significativi della sua giovinezza, con il fine di mettere a posto le idee.
I due coniugi, da subito confusi per l’assenza dell’altro, divisi tra responsabilità e sensi di colpa, distanti, in case differenti, nello stesso giorno alzeranno gli occhi al cielo: un tuono fortissimo sconquasserà l’orizzonte. Da quel momento in poi la pioggia comincerà a scendere impetuosa e inaspettata, senza dare nessuna promessa o indizio di cosa avverrà dopo di essa.
I protagonisti e le terre nelle vicinanze del Tevere, dove è ambientato il romanzo, assetate e rese aride da un’anomala siccità si troveranno alle prese con un urgano di dimensioni catastrofiche, che allagherà strade e cantine, che ingrosserà i fiumi sovrastando i ponti, che interromperà qualsiasi collegamento fra Elena ed Ettore.
La pioggia diventa per l’autrice una metafora di vita, un trauma più grande della crisi di coppia che affligge i protagonisti e segnerà direttamente le loro vite.
Così Chiara Mezzalama introduce anche l’altro grande argomento del romanzo: il tema ambientale, l’impatto che l’uomo ha sul territorio, dell’impotenza che si prova di fronte a una natura arrabbiata, che deflagra, riprendendosi gli spazi che sono stati negati e modificati dall’uomo.
Con le linee telefoniche fuori uso, Elena ed Ettore riusciranno appena a comunicarsi le loro posizioni e tenteranno, invano, di raggiungersi in un ambiente diventato ostile.
Nel pericolo, viene meno loro l’unica certezza su cui avevamo posto le basi della loro vita: la famiglia.
Entrambi, nella gestione dell’emergenza, cercheranno di riconnettersi con ciò che per loro era importante.
Ettore tenterà di riavvicinarsi figli, con i quali aveva un rapporto superficiale, grazie prima all’incontro con una stravagante donna giapponese che sensibilizzerà Susanna e Giovanni sul disastro ecologico di Fukushima, e poi a un manipolo di suore di clausura, che vivono in un convento, dove la famiglia troverà rifugio, completamente autonome nel proprio sostentamento grazie alla permacultura, e nella gestione energetica dello stesso monastero, trascorrendo le giornate in un tempo che sembra essersi fermato.
Elena, invece, troverà l’aiuto di Guido, che la raccoglierà per strada, sotto la pioggia, con l’auto in panne.
L’uomo rappresenterà la chiave di volta che permetterà alla donna un risveglio spirituale, ma anche come donna, una parte di sé che aveva dimenticato a favore dell’essere moglie e madre.
Chiara Mezzalama ha costruito un romanzo da cui è difficile staccarsi, perché è un crescendo di avventura, riflessione ed emozione, pagina dopo pagina. Si addentra in dinamiche famigliari e ambientali e ne fa una metafora che funziona benissimo, che sprona alla lettura grazie a una tensione narrativa che rimane alta durante l’intero testo.
L’autrice punta anche il faro su una natura che ha il sopravvento e che trascina via ciò che l’uomo ha costruito senza porsi nessuna domanda, ma solo pensando al profitto, riflette in maniera profonda, servendosi della voce dei personaggi, su quanto conti l’impatto che hanno i gesti di noi umani nei confronti del pianeta.
E viceversa, l’autrice ribalta questo paragone sulle vite dei protagonisti: maltrattando le nostre esistenze o noi stessi troppo a lungo, l’esistenza prima o poi si ribellerà a noi stessi, chiedendoci un conto, mettendoci davanti a un pericolo interiore che non si potrà non affrontare.
Così Ettore ed Elena affronteranno i demoni fuori e dentro di loro, così come la nebbia avvolgerà il paesaggio dopo la tempesta, una foschia interiore salirà in ognuno dei personaggi, costringendoli a riflettere sulle cose per loro importanti.
L’autrice, attraverso questo testo, parla anche di resistenza, intesa come piccoli gruppi di persone che, senza essere legati da legami di parentela, ma da qualcosa di più nobile, la comprensione profonda del delicato momento storico in cui si vive, attuano un cambiamento, sia dentro sé stessi, sia nel modo di approcciarsi alla vita e al pianeta. Un silenzioso esercito del bene, capace di ispirare le altre persone.
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La voglia di leggere questo testo non svanisce perché l’autrice è stata molto brava a mantenere l’interrogativo su come andrà a finire, su quali saranno le scelte dei personaggi. Fino all’ultima pagina non è dato sapere se nelle vite dei protagonisti uscirà un raggio di sole o se il cielo plumbeo avrà il sopravvento.
Dopo la pioggia è un libro che affronta il cambiamento da diversi punti di vista, che non ha paura di raccontare il pericolo, che invoglia il lettore a porsi delle domande, che lo mette di fronte al disastro.
Un romanzo allo stesso modo di piacevole lettura, caldo e accogliente nelle dinamiche famigliari che racconta, capace di creare empatia con i protagonisti, su come troveranno l’equilibrio dopo il pericolo che la grande pioggia ha portato fuori e dentro di loro.
Per la prima foto, copyright: Alvin Leopold su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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