Tra vecchi e nuovi schiavi, cosa insegna la storia?
«Nessuno è nato schiavo, né signore, né per vivere in miseria, ma siamo tutti nati per essere fratelli». Con queste parole Nelson Mandela denunciava una delle pratiche più riprovevoli perpetrate ai danni degli indifesi, di persone fisicamente o economicamente più deboli. La limitazione o addirittura la privazione dell'altrui libertà, in tutte le sue forme, è quanto di più disumano possa essere concepito eppure la si ritrova in tutti i periodi della Storia, comprese le pagine che stiamo ancora scrivendo.
L'edizione 2016 del Festival internazionale della Storia, che si terrà a Gorizia tra il 19 e il 22 maggio avrà proprio come tema la schiavitù. “Schiavi” è il titolo scelto per èStoria che sarà, nelle intenzioni degli organizzatori, un'occasione per «riflettere sulla libertà negata, la libertà cercata e la libertà conquistata».
La schiavitù, pur essendo stata abolita, non appartiene al passato e rappresenta ancora una condanna o una minaccia sempre in agguato. Quanto siamo realmente liberi? Le dipendenze, i condizionamenti, i bisogni indotti, le limitazioni di vario genere quanto vanno a intaccare la nostra libertà rendendoci degli schiavi moderni più o meno consapevoli della nostra condizione?
Ne abbiamo parlato con il direttore del Festival Adriano Ossola.
èStoria 2016, il festival internazionale della Storia giunto alla dodicesima edizione, avrà come titolo e come tema “Schiavi”. Perché l’interesse per un tale tema? E come pensate di declinarlo in seno al programma del Festival?
Abbiamo scelto questo tema colpiti da due aspetti: il primo, l’enorme rilevanza delle varie schiavitù nei più diversi contesti storici e geografici, culture e civiltà differenti e distanti sono state accomunate da processi di limitazione o soppressione delle libertà individuali in maniera determinante. Il secondo, la vulgata vorrebbe che con la grande lotta dei movimenti anti-abolizionisti soprattutto dell’Ottocento, e in particolare con la vittoria degli Stati Uniti sulla Confederazione nella guerra civile americana, la schiavitù sia stata debellata e sorpassata. Non è così, o perlomeno non del tutto: vanno affrontate non solo alcune dinamiche successive come il razzismo e la segregazione razziale, ma una sussistenza dello schiavismo tout court in diverse aree del mondo.
Il Festival cercherà quindi di fornire una panoramica sulla schiavitù in diverse epoche, sulle forme di lotta e recupero della libertà, sul dibattito intellettuale che si è occupato di libertà e schiavitù. Non mancherà l’attenzione al mondo contemporaneo: con il contributo di studiosi, giornalisti, artisti e scrittori cercheremo di suggerire alcuni spunti di riflessione.
Privare un essere umano della sua libertà non è certo “naturale” ma storicamente la schiavitù è sempre esistita. È possibile leggere la Storia come storia di schiavitù e di liberazione da questa?
Questa domanda potrebbe essere senz’altro uno dei fili conduttori dei vari incontri del Festival: sarà interessante scoprire le risposte suggerite e, forse più ancora, gli ulteriori interrogativi che si succederanno nel corso dei dibattiti.
Pur essendo stata abolita, la schiavitù non è sparita: sotto quali forme continua a esistere nella società odierna?
Il lavoro coatto in condizioni disumane, gli abusi su bambini (impiegati a seconda delle zone come soldati, manodopera sfruttata o vera e propria merce), gravi forme di discriminazione femminile, la prostituzione forzata, il traffico di esseri umani nei processi di immigrazione: sono le forme più eclatanti della prosecuzione della schiavitù. Nel contesto occidentale, invece, esistono altre forme di limitazione della libertà: oltre all’erosione di alcuni diritti che fino a pochi anni fa si ritenevano definitivamente acquisiti, è interessante pensare alle dipendenze (droghe, alcolici, gioco d’azzardo, per citarne alcune) e ai condizionamenti di cui non sempre siamo consapevoli, ma che possono influenzare pesantemente scelte e comportamenti.
Per quale motivo non si riesce a estirparla?
Alcune aree del mondo vedono fasce troppo ampie di popolazione in condizioni economiche totalmente insufficienti e con poco o nullo accesso all’educazione. La poca attenzione ai diritti umani consente a soggetti pre-potenti di operare abusi gravi nel silenzio della pubblica opinione, dei mass-media e anche delle società di paesi democratici, troppo distanti e disattente.
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Diversi studiosi hanno focalizzato il problema della disinformazione nella diffusione della comunicazione di massa con i massmedia che hanno portato al «genocidio del pluralismo culturale» sosteneva Pasolini. Ritiene che il controllo dell'informazione sia o possa essere stato in qualche modo impiegato per portare avanti una moderna forma di schiavitù mentale?
Senz’altro il maggiore accesso alle informazioni consentito in primo luogo dal web non si è sviluppato sempre di pari passi con il pluralismo. Le capacità critiche e analitiche dell’opinione pubblica possono essere manipolate e condizionate: generare allarmismo e paura, o semplicemente indifferenza, e annacquare il dibattito pubblico, conduce la società civile a essere meno consapevole e più asservibile.
Una delle nuove forme di schiavitù è il lavoro “coatto”, diverso nella forma ma non nella sostanza da quello anticamente chiamato “lavoro forzato”. Costringere qualcuno a lavorare per sopravvivere ricorda molto quanto accadeva nei lager nazisti ma studi confermano che è una prassi, purtroppo, molto diffusa anche oggi. Pure laddove non è presente uno stato sociale tale da vigilare non dovrebbero a parer suo intervenire con maggiore efficacia enti e organismi internazionali?
Certo. Il Festival indagherà per quanto possibile anche su questi aspetti: esiste una legislazione attenta a perseguire queste devianze dal diritto? Se esiste, quali sono i suoi strumenti di vigilanza e intervento? E, soprattutto, chi (e come) cerca di condizionare le autorità competenti?
Libertà negata, libertà cercata e libertà conquistata. Possiamo affiancare queste forme di coercizione, di rivolta o di rivalsa a determinati momenti storici di uno stato o nazione oppure si ritrovano in ogni periodo?
Come molti aspetti determinanti per la condizione umana, il processo della libertà non è assente in nessuna epoca: vi sono però momenti in cui il tema diventa più urgente e emerge via via al centro degli avvenimenti, o all’improvviso esplode con forza inarrestabile. Tutte le rivoluzioni, le restaurazioni, le ideologie o i regimi hanno assunto una posizione a proposito, ciascun grande progetto politico ha implicato una riflessione sulla libertà, appassionando leader delle nazioni e intellettuali di tutte le discipline.
Nel corso di èStoria 2016 «ancora una volta la storia interrogherà la letteratura, il diritto, la fede, l'economia, il giornalismo e numerose altre discipline». Come si relaziona l'analisi storica della schiavitù con gli altri aspetti del sapere e della conoscenza?
Naturalmente le testimonianze del passato, anche quando sono letterarie, artistiche o spirituali, sono oggetto di riflessione e stimolo per il dibattito storiografico. Una sola esposizione degli eventi, lontani o vicini, risulterebbe piuttosto arida se non si accompagnasse ad approcci che chiamino in causa, ad esempio, il mondo del diritto o quello dell’economia, voci necessarie per una comprensione a tutto tondo di ogni fenomeno, e senz’altro della schiavitù. Inoltre, per un Festival, avvicinarsi a un tema in maniera multidisciplinare consente di relazionarsi non solo con un pubblico di addetti ai lavori o appassionati di storia, ma anche con le persone incuriosite proprio dagli aspetti della discussione che si intersecano con altri rami del pensiero.
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