Toulouse-Lautrec in mostra all’Ara Pacis di Roma
L’Ara Pacis di Roma omaggia il pittore francese Henri de Toulouse Lautrec con una mostra promossa e prodotta da Roma Capitale-Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Arthemisia Group, organizzata con Zètema Progetto Cultura e curata da Zsuzsa Gonda e Kata Bodor. L’esposizione, con circa 170 opere provenienti dal Museo delle Belle Arti di Budapest resterà allestita fino all’8 maggio 2016.
La mostra si articola in cinque sezioni tematiche e ripercorre le esperienze formative, artistiche e intellettuali del pittore simbolo della Parigi bohémien di fine Ottocento. La collezione proveniente dalla capitale ungherese raccoglie manifesti pubblicitari, dei quali l’artista fu innovatore, illustrazioni, copertine di spartiti e locandine, alcune anche stampate in tiratura limitata, firmate, numerate, a volte anche con dedica.
Il percorso è arricchito da fotografie e riprese cinematografiche d’inizio Novecento, evocando la Parigi della Belle Époque, nella quale è vissuto l’artista.
Henri de Toulouse-Lautrec, nato ad Albi, Francia Meridionale, nel 1864, apparteneva a una famiglia di proprietari terrieri. Figlio di cugini, soffriva di una malattia ereditaria ossea, che ne arrestò la crescita (era alto 152 cm). Il suo primo maestro fu RenéPrinceteau, un pittore sordomuto, amico del padre, che ne curò la prima educazione. Nel 1881 si trasferì definitivamente a Parigi, dove aveva già vissuto per un periodo con la madre. Nella capitale francese iniziò a frequentare lo studio di Léon Bonnat e Fernand Cormon. In questo periodo incontrò Vicent Van Gogh.
Nel 1884 si trasferì a Montmartre, dove due anni dopo affitterà uno studio al numero 27 di Rue Caulaincourt. La sua attenzione era rivolta unicamente alla figura. Il paesaggio era solo un contorno.
«Non esiste che la figura, il paesaggio è nulla, non dovrebbe essere che un accessorio. Il paesaggio dovrebbe essere usato solo per rendere più intelligibile il carattere della figura».
Negli anni Novanta iniziò a frequentare i locali e i bordelli di Montmartre, quartiere che influenzerà profondamente le sue opere. A quest’epoca risale il manifesto Moulin Rouge La Goulue, litografia a quattro colori, prima delle trenta affiche realizzate in questi anni.
Ad aprire la mostra è un altro celebre manifesto, risalente al 1893 e intitolato “Divan Japonais”, in cui è ritratta la ballerina Jane Avril, protagonista indiscussa delle sue opere, con la quale Lautrec ebbe una relazione. Anche il cantante dell’epoca, Aristide Bruant, compare spesso nei manifesti che gli furono commissionati, con indosso la sciarpa rossa e il cappello a falde larghe.
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La tecnica della litografia (dal greco “disegno a pietra”), utilizzata ampliamente dal pittore, brevettata a fine Settecento a Monaco di Baviera e poi ripresa in Francia, è un procedimento a stampa a matrice piana che sfrutta il principio dell’idrorepellenza delle materie grasse su lastra trattata. Tuttavia, Lautrec era un maestro nella tecnica a spruzzo: passava il pollice o la punta del coltello su uno spazzolino intinto di inchiostro litografico e al setaccio per zone più ampie. Come carta prediligeva quella giapponese o la pergamena. In ogni litografia compare il monogramma “HTL”, un cerchio inciso sulla matrice e la sua firma a matita dopo la stampa. Talvolta, la stessa composizione era riprodotta in più colori, sovrapponendo più matrici di pietra. Un esempio è La Passagère du 54, Promenade en yacht, raffigurante una donna borghese.
Le donne erano i suoi soggetti preferiti: prostitute, attrici, modiste. Molte sono passate alla storia grazie a lui: Yvette Guilbert, la “dama dai guanti neri”, attrice nota per le interpretazioni osé richiamanti il lesbismo; Miss Loie Fuller, famosa per le danze combinate di movimenti del corpo e vesti; e, la già citata, Jane Avril, ballerina del Moulin Rouge, ammirata per la scioltezza delle gambe e la sinuosità. Frequentatore abituale delle maison closes, poste tra la Borsa e l’Opera, osservava il sesso femminile nelle attività quotidiane. Da questo ricavò l’album di litografie Elles.
Amava ogni forma di arte, anche il teatro. Ad affascinarlo erano le emozioni che lo spettacolo suscitava più che la trama delle rappresentazioni. Spesso ritraeva gli spettatori dai loro palchi. Frequentava abitualmente la redazione de «La Revue Blanche», rivista dell’avanguardia artistica parigina, dove conobbe la moglie di uno dei fratelli Natason, che ne erano proprietari, Misia, spesso sua musa ispiratrice. Realizzò copertine per spartiti musicali, venduti nei caffè concerto, e illustrò romanzi, come l’opera di George Clemenceau, Au pied du Sinai, in difesa di Dreyfus.
Conviviale e socievole per indole, era solito invitare amici nel suo studio, ritraendoli. Uno dei più assidui era il cugino Gabriel Tapié de Céleyran, studente di medicina, dipinto con la sua nuova auto, testimonianza dell’avvento dei veicoli a motore.
Nel 1899 iniziò a soffrire di depressione e allucinazioni. Nel 1900 partecipò all’Esposizione Universale di Parigi. Morì, l’anno dopo, a causa dei danni fisici causati dall’alcolismo e dalla sifilide.
La mostra allestita all’Ara Pacis espone una piccola parte delle numerose opere dell’artista. Visitarla ci permette di viaggiare indietro nel tempo in un’epoca affascinante come quella della Belle Époque, in una Parigi pullulante di arte e cultura, di cui Henri de Toulouse-Lautrec è il simbolo.
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