Tornare a casa per ritrovare se stessi
Brinkebüll è un paesino tutto viuzze e case, posizionato nella zona della Frisia al confine con la Danimarca. È qui che nasce Ingwer Feddersen, ed è qui dove il protagonista ritorna dopo essersene andato, come per ritrovare il senso di sé, delle sue radici e del suo passato. Tutto questo è Tornare a casa di Dörte Hansen, romanzo familiare, pubblicato da Fazi e tradotto da Teresa Ciuffoletti.
Forse è meglio andare con ordine e raccontare di Ingwer Feddersen, archeologo che decide di lasciare una vita accademica e personale (una convivenza instabile e a tre che sembra proprio intenzionata a non portare a nulla di costruttivo) per tornare a casa in quel piccolo centro che è Brinkebüll, dove la sua partenza per gli studi e il lavoro erano stati visti dalla gente del posto come una sorta di vero e proprio tradimento. L’uomo rientra per accudire i nonni: Sönke, l’oste sempre presente nella sua locanda ormai semiabbandonata, ed Ella, la moglie diventata più capricciosa e anche imprevedibile.
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Nonostante tutto per il protagonista sono sempre stati importanti, sono stati la sua famiglia, un papà e una mamma che lo hanno cresciuto. Sì,perché la madre di Ingwer, affetta da ritardo mentale, lo ha partorito quando aveva diciassetteanni e poi di lui si sono sempre presi cura i nonni che lo hanno trattato come un figlio redendolo partecipe, fin da piccolo, della loro attività, mettendolo al bancone della locanda a servire birra. Poi Ingwer è andato a scuola, al liceo, all’università in un'altra città. Il suo ritorno nel paese natio porterà un po’ di scompiglio, ma anche tante cose da sistemare che si affacceranno alla sua vita e gli forniranno gli elementi per trovare, forse, gli indizi per l’inizio di una nuova fase esistenziale.
Tornare a casa della Hansen è un romanzo che porta il lettore nella vita di un piccolo paesino di provincia nel nord dei Paesi Bassi, un luogo che per certi aspetti sembra essere in una dimensione spazio-temporale a sé stante. Lontano da tutto e da tutti. Certo è che il salto temporale della narrazione porta chi legge a muoversi avanti e indietro nel tempo, ed è questo l’elemento che ci permette di comprendere i cambiamenti riguardanti il piccolo villaggio e la sua gente. E allora gli anni passano e troviamo la bottega di Sönke semideserta e lui, nel presente, pronto a celebrare le Nozze di Ferro; le donne cominciano a guidare le macchine; alcune botteghe chiudono con l’arrivo dei supermercati; le fattorie si ingrandiscono per diventare aziende agricole vere e proprie; ci sono boschi che vengono tagliati e nuove strade costruite al loro posto. Quello che ci narra la Hansen è un mondo sì attaccato ai suoi princìpi e valori (ogni famiglia nella sua casa ha le proprie regole che prova a far convivere con quelledella società), ma comunque influenzato dal l cambiamento esterno.
Il mondo narrativo creato dalla scrittrice tedesca sembra molto legato ai valori di un tempo e il ripresentarsi di Ingwer scatenerà una serie di eventi che porteranno alla trasformazione dell’archeologo, ma anche di coloro che lo circondano. Tanto per cominciare si viene a sapere che il protagonista non è tornato perché ha scoperto la verità sul suo conto. Lui sa che Sönke e Ella non sono i suoi genitori, ma i suoi nonni, e sa anche del ritardo mentale della madre, ma questo non lo frena dal voler bene loro. Forse, il ritorno di Ingwer–da vedere come una sorta di pecorella smarrita–rispondeil bisogno di fare ritorno nel luogo delle proprie origini, perché il tentativo di trovare il proprio posto nel mondo lontano da Brinkebüll si è rivelato un vero e proprio fallimento.
Presentando la storia di Ingwer, l’autrice ci narra anche la vita della comunità che lo circonda e lo fa portandoci accanto ai personaggi, alle loro storie umane fatte di gioie e di dolori. Una vicinanza che permette a chi legge di comprendere un altro aspetto interessante della piccola comunità, dove tutti si conoscono e sanno ogni cosa degli altri, ma non dicono mai troppo, e quando parlano, ci si rende conto che lo fanno non tanto per trovare un fine, una soluzione a un problema o qualcosa da fare per rimediare. Gli abitanti parlano per spettegolare e per giudicare chi li circonda. Un fare – se ci pensiamo bene – non così irreale e distante dai comportamenti di chi abita nei piccoli paesini di provincia.
«Tra il vero e il non vero c’era un sacco di aria in cui le cose fluttuavano leggere, quasi trasparenti, purché non se ne parlasse. Non sta né in cielo né in terra. Se le chiamavi per nome diventavano più vere, si appesantivano. Quando le cose avevano un nome non c’era verso di toglierle di mezzo. Appena le esprimevi a parole, quelle si piantavano lì come macigni.»
Tornare a casa della Hansen è un libro che ha conquistato i librai e in lettori in Germania, dove sono state vendute ben 400 mila e in Italia e arrivato grazie aFazi e alla ben fatta traduzione di Teresa Ciuffoletti, che lo rende molto piacevole alla lettura.
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L’essere nella casa di un tempo per Ingwer non è solo il riagganciare il rapporto con Brinkebüll per fare pace con le proprie origini, ma è la dimostrazione che in alcuni casi, come si narra in Tornare a casa di Dörte Hansen l’essere umano, ancora prima di risolvere i conflitti con il mondo esterno, deve mettere in ordine il proprio caos interiore.
Per la prima foto, copyright: Timothy Eberly su Unsplash.
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