To cult – Libreria L’angolo Manzoni
[La Donna Blu, blu per via del trittico occhiali smalto e borsa, arrivata in città alla stazione Porta Nuova, persa nel circolo magico della cultura libraria che trapassa in quella cinematografica, seduta poi tra il pubblico del Premio Calvino, ritorna sui luoghi di Santa Maradona alla Libreria Fontana. Poi continua a camminare e…]
Una stanza senza libri è come un corpo senz'anima.
Marco Tullio Cicerone
È un giorno afoso a Torino, la donna blu scopre goccioline di sudore su lembi di pelle che riteneva impossibile potessero essere teatro del lavoro delle ghiandole sudoripare. Tutto questo caldo.
Portici di via Micca, semaforo all’incrocio con corso Siccardi, portici di via Cernaia.
Torino è un forno e la libreria L’angolo Manzoni è lì: via Cernaia angolo via Alessandro Manzoni.
La donna blu adocchia Quello che non c’è scritto, Rafael Reig, Marcos y Marcos. Interviene il libraio: «Bello. Mi manca un capitolo e…», e dice qualcosa della storia.
Lo sta leggendo davvero. Un libraio che legge libri è un panda, ecco il panda: si chiama Nicola Roggero, è il proprietario.
La retorica impone ora l’ormai vetusto pensiero che celebra il ricordo: ricordi quando andavi in libreria e chiedevi al libraio e lui conosceva i gusti dei clienti e sapeva sempre consigliare quello giusto? Ricordi quando il libraio non era un commesso ma un lettore?
Certo: scontato dire che Nicola Roggero è un lettore, un libraio all’antica.
Meno scontato riferire che è uso di alcuni, forse molti bibliotecari non conoscere più i libri.
Prego?
«Sì, parlo dei bibliotecari. È successo che sono arrivati dei soldi. Non molto, quanto basta per comprare un buon numero di libri. Sono arrivati dal comune a una biblioteca della cintura. Entra qui un bibliotecario e ci mettiamo a parlare di libri e scopro che conosceva soltanto i primi in classifica. Delle novità letterarie davvero importanti, niente. Poco anche sui classici meno conosciuti. Certo che poi trovi cinque Dan Brown e non trovi Il barone rampante, per esempio. E sa perché?»
No, perché?
«Perché comprano su Ibs. Quando arrivano, sempre che arrivino, quei pochi soldi, il responsabile dell’acquisto va su Ibs, o Amazon, e compra i dieci più venduti. Fine».
La donna blu pensava a procedimenti complessi di soluzione del problema delle scelte, notturne discussioni in interminabili riunioni tra i responsabili della Commissione spesa per l’acquisto dei libri, Ammaniti sì, Moresco no, Busi sì, Vassalli no, cose così, e invece…
I dieci più venduti di Ibs.
Il grande magazzino. Non è un problema di volumi – una libreria grande è meglio che una libreria piccola, a parità di passione (e bravura) del libraio –, è un problema di concetto: la libreria non è un magazzino. E invece.
«Una delle cose che faccio, perché ci credo, e anche un po’ per differenziarmi e perché, diciamolo, alla lunga è premiante, è investire in remainder».
Pausa.
Da Wikipedia: «Per smaltire le proprie giacenze ricavandone un – seppur parziale – rientro economico, molti editori immettono tali copie nel circuito dei remainder, dove vengono vendute a un prezzo che di solito è la metà di quello originario di copertina, ma che può arrivare in taluni casi ad essere scontato anche del 70% o del 90% in caso di offerte speciali o di titoli molto datati. Talvolta entrano per brevi periodi nel circuito dei remainder anche copie di titoli che sono ancora regolarmente in catalogo: si tratta in questo caso di titoli per cui l'editore aveva sovrastimato le possibilità di vendita stampandone un numero eccessivo di copie rispetto a quanto richiesto dal mercato, e di cui cerca quindi di diminuire le scorte in magazzino».
Fine della pausa.
Roggero: «C’è un grande magazzino di remainder, a Rimini. Vado là e scelgo titoli. La differenza è che non posso renderli: se li vendo, bene; se non li vendo, è un problema mio. Per i titoli a catalogo, invece, c’è il diritto di resa all’editore. Qui compri in conto assoluto. Qualche tempo fa, su questo magazzino hanno messo le mani le grosse catene, e le cose sono cambiate. Prima, se una copia era sgualcita o c’era qualche problema, chiamavi e mandavi indietro, la sostituivano, insomma la cosa si gestiva così, e tutto è sempre funzionato bene. Adesso affrontano le cose come fosse sempre un problema contabile: “Le facciamo nota di accredito”, grazie e arrivederci».
Non è un problema di magazzino, è un problema di concetto di magazzino.
La donna blu gira per la libreria e vede qualcuno di questi remainder, Fight Club in prima edizione ad esempio, e una chicca: Sappiano le mie parole di sangue, Babsi Jones, Rizzoli. Lo cercava da tempo, è (era?) un quasi introvabile. Lo stringe a sé.
Attorno, alcuni clienti. Il torinese medio appena entra in libreria può fare due cose: andare diritto alla cassa e chiedere un titolo che di solito ha scritto a biro su bloc-notes; passeggiare al rallentatore per gli scaffali, dopo un breve cenno – ma spesso è facoltativo – a chi sta in libreria. Il torinese medio vive in silenzio, almeno nei luoghi aperti al pubblico. Tutti lo sanno, e ci si adegua: ecco perché il consiglio al lettore non può che essere scritto, una fascetta sul libro scritta dal libraio, vado oltre la quarta di copertina, ti dico qualcosa del libro, te lo consiglio e ti spiego perché.
Organizzare il coraggio, Pino Masciari, ADD editore; Il mangiatore di pietre, Davide Longo, Marcos y Marcos; Odio gli indifferenti, Antonio Gramsci, nell’edizione Chiarelettere. Sono alcune delle proposte che i due clienti torinesi valutano, a pochi passi alla donna blu adesso concentrata sui libri delle case editrici amiche: Marcos y Marcos, Iperborea, Edizioni Ippocampo, Edizioni Elliot, Adelphi, Taschen.
Pagàti Sappiano le mie parole di sangue e Quello che non c’è scritto la Donna Blu esce e sulla porta incrocia un volto che ha già visto da qualche parte. Ci pensa un po’, poi è certa: è Enrico Pandiani, lo scrittore di noir. Càpita anche, nelle librerie di Torino, che gli scrittori diventino amici delle librerie e in queste librerie càpita di trovarli, per eventi o nel tempo libero, e Pandiani, qui, ci finisce molto spesso.
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