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Titoli di coda sull’esordiente

[Decimo Girone della Rubrica All’Inferno, scrittore esordiente!]

Don ChisciotteLa sagoma di un esordiente a cavallo spicca sul tramonto e scorrono i titoli di coda. I ringraziamenti ai citati — soprattutto a chi si è visto rivangare brutti ricordi e non ha battuto ciglio —, agli eccitati — che si sono visti citati e si sono inviperiti — e a tutti i blog chiamati in causa — anche a quelli che ne avrebbero fatto volentieri a meno.
Trattandosi di una rubrica satirica, qualcuno potrebbe anche aver sorriso sotto i baffi, e mi riferisco a chi non ha mai scritto e mai ha avuto intenzione di farlo. Ecco, quelli sarebbero da imitare, ci guardano da fuori — il mondo editoriale è uno zoo interessante — e ci lanciano noccioline. Lo fa persino Beppe Severgnini — che comunque nello zoo ci bazzica, sia chiaro — nel suo articolo dedicato agli errori su Twitter: il qual è apostrofato di Saviano ha fatto scalpore. Non che i lettori riescano sempre a fare di meglio, ma in questo caso hanno almeno la scusa di poterlo raccontare con le faccine.
Ovviamente, anche i social network possono essere presi in castagna, e stavolta tocca tifare per gli autori. La notizia è del novembre 2011 ed è stata combattuta a suon di Tweet, «Non credevano che io fossi io — ha spiegato Rushdie — e se F. Scott Fitzgerald fosse stato su Facebook l’avrebbero forse costretto ad essere Francis Fitzgerald?». Sarà per evitare questo problema che molti autori misconosciuti aggiungono tale qualifica ai propri dati su Facebook? E cosa ne pensa Raul Montanari di questa moda?
«Non c’è niente di più imbecille e insopportabile della marea di persone che su Facebook mettono nelle proprie note personali diciture come “Scrittore” o simili, quando non sono scrittori di nulla e per nessuno. A furia di insistere riescono al massimo a farsi leggere da una decina di poveri disgraziati, spesso nella loro stessa condizione. Facebook serve solo a chi scrittore lo è già, se non altro per avere pareri personali dai propri lettori».

Dopo esserci rinfrancati lo spirito a suon di pacche sulle spalle — di cui Raul Montanari non è mai parco —, possiamo dire che è arrivato il momento di tirare le somme e levarsi dai piedi. Non prendetemi alla lettera, ancora non è tempo di dire addio alla rete, come invece ha fatto D’Andrea G.L. — autore della trilogia Wunderkind per Mondadori — che, in un triste post, ha annunciato la chiusura del blog e l’intenzione di non aggiornare più il proprio sito: «Il mio profilo Facebook attende un bel repulisti — d’ora in poi accetterò solo l’amicizia di persone che ho conosciuto nella vita reale» — ha aggiunto D’Andrea — «ne ho le scatole piene di quelli che usano il mio profilo per farsi i cazzi miei, cercare materiale da gossip o leccarmi il culo. In altre parole: il mio esperimento di orizzontalità pubblica si conclude qui». Anche lui, come Dazieri a suo tempo, deve essersi reso conto che a certi mezzi tecnici non bisogna dare troppo credito, ma nemmeno troppo poco. Forse è proprio questo il trucco per la sopravvivenza — e l’ascesa — online, evitando, sia chiaro, di prenderci troppo sul serio. Diamo retta a Rushdie — ancora lui — che su Twitter ha colto l’occasione per disfarsi di un rapporto a due. Non vi sto invitando alla vita da single, ma solo a considerare l’ipotesi di poter essere, simultaneamente, un fruitore dei social network e un autore che li usa per farsi largo tra i propri simili. Avevamo già stabilito che una bacheca monotematica che parla solo di noi risulta un po’ noiosa, ricordate?

In queste puntate, abbiamo anche parlato degli scrittori da web, dall’autoproduzione — Specchio magico ci rinfresca le idee — alla filiera corta sul proprio blog. Anche in questo caso abbiamo un pioniere, ce lo racconta L’Espresso: «Il caso di Pietro De Viola, trentenne laureato in Scienze politiche e autore del libro Alice senza niente, è significativo. Il romanzo, che racconta la storia di Alice, ragazza alle prese con una vita da precaria senza vie d'uscita, è stato pubblicato in rete (www.alicesenzaniente.altervista.org) alla fine di ottobre e in pochi mesi è stato scaricato da più di 20 mila persone. Un risultato invidiabile. “Se il libro fosse stato stampato, magari da una piccola casa editrice, tutti avrebbero parlato di un caso editoriale”, spiega soddisfatto l'autore. Perché, in media, le vendite in questi casi non superano le 5 mila copie, e i piccoli editori raramente possono investire nella pubblicità.»

Abbiamo ribadito un concetto ovvio, talmente ovvio che avrebbe potuto dirlo Fabio Volo: in Italia, ci sono più scrittori che lettori. A questo proposito, Elvira Siringo, su SoloLibri.net, ci spiega che questo sa un tantino di muffa e «prima di Benigni lo avevano già detto altri. Sta a sottolineare il fatto che forse si legge poco e si scrive un po’ troppo, senza tenere conto di cosa alla gente interessi veramente leggere. Di questo fenomeno approfitta l’industria libraria minore, quella fatta di piccoli editori che non avendo capacità di diffondere e vendere ciò che pubblicano hanno scoperto un nuovo modo di guadagnare facendosi pagare le spese di pubblicazione da chi scrive!»
Certi che nessuno di noi vorrà mai incappare in case editrici a pagamento, ci siamo permessi di ribadire che questa tratta delle — carte — bianche non porta a grandi risultati in fatto di notorietà. O, come sottolinea Riaprire il fuoco, «non conosciamo molte case editrici, piccole e prestigiose, che pubblicano esordienti, anzi non conosciamo esordienti che hanno trovato posto in case editrici serie, non a pagamento insomma, a parte pochissimi casi». Forse, anche stavolta, è il caso di fare un esame di coscienza: stiamo pensando all’EAP perché siamo dei geni incompresi o perché dovremmo appendere la penna al chiodo?

Parlando di editoria a pagamento, abbiamo ovviamente speso due parole anche sul treno del doppio binario. A questo proposito lascio la parola a Chiara Beretta Mazzotta su BookBlister: «Spesso il peggior nemico dell’esordiente è l’esordiente stesso. Credere nel proprio lavoro non significa che la pubblicazione gli spetti di diritto. Neppure che — fallito il traguardo — sarà legittimato ad accettare le lusinghe di qualcuno che gli promette ciò che vuole sentirsi dire. Se ha fiducia nel proprio lavoro, al cinquanta per cento dovrà incaponirsi e, per l’altro cinquanta, mettersi in discussione. Se vuole subito un “libro” per le mani, vada da un bravo tipografo, gli darà ciò che cerca. Spenderà qualche soldo, ma non sembrerà uno sprovveduto che si fa chiamare “scrittore” perché ha pagato, in media, 2500 euro per autodefinirsi tale. Nessuno si può autoproclamare scrittore». Insomma, è questione di tenacia, e questo lo avevamo intuito.

In questo nostro viaggio, abbiamo anche parlato di concorsi letterari. Vi consiglio di dare una sbirciata all’inchiesta sulla loro utilità, ché fa sempre comodo sentire più campane.
 Secondo Luigi Mascheroni — Manuale della cultura italiana, cose da dire, da fare e da pensare per ben figurare nei salotti letterari, Excelsior 1881, 2010 —, quando si parla di concorsi, bisogna sempre affermare che sono truccati (pagina 52), cosa che — mi permetto d’aggiungere — ci metterà al riparo dalle sconfitte, ma anche dalle vittorie di qualche scrittore che non riteniamo alla nostra altezza. E a proposito di concorsi — e di tutte le critiche che vengono mosse a questo tourbillon di autori in passerella — lasciamo la chiosa a Maristella Angeli sul forum Gli Autori: «Mi chiedo come mai a vincere i concorsi siano spesso le stesse persone o poeti del luogo. Una casualità?» e in un post successivo aggiunge «Permettetemi di farvi notare che, riferendomi la mia esperienza pluriennale, alcuni concorsi li ho proprio cestinati: vincono sempre coloro che fanno parte di una certa associazione o che sono del luogo».

Nel mio piccolo, posso solo aggiungere che se i nomi di alcuni giurati spiccano per aver vinto concorsi organizzati da chi avevano premiato in qualche precedente occasione, ecco, forse è il caso di lasciar perdere, o di farseli tutti amici. O così o stabilire d’averne avuto abbastanza, è il caso dell’editore Neri Pozza che «ha deciso di non partecipare, dal 2010 in poi, ad alcun premio letterario» avendo stabilito che «la vittoria, nei premi letterari italiani più importanti, è riservata da quasi mezzo secolo esclusivamente a due soli gruppi editoriali». E se si stanca una grande casa editrice, figuriamoci noi autori esordienti!

Ci siamo spinti fino alla vetrina del salumiere, elencando in quanti modi ottenere visibilità su Facebook, riuscendo il più delle volte a farci odiare. Solo così si spiega l’esistenza di Prima di improvvisarti scrittore, una sfogliata al libro di grammatica?, pagina che conta oltre duemila mi piace.

Gustavo Dorè, GiudeccaNel corso della rubrica, abbiamo anche azzardato l’ipotesi della fidelizzazione a un autore e alla sua cerchia d’amici: se ne parlava a proposito dell’amicizia piramidale. Può funzionare oppure no, magari nonostante gli sforzi continueremo a pensarla come Pierfrancesco Matarazzo: «Non so cosa renda un best seller tale. Forse solo un po’ di fortuna. Forse la rete di conoscenze dell’autore. Forse la sua casa editrice, l’agente, una costante caparbietà nel non mollare da parte dell’autore. Forse.»
Per non farci mancare niente, abbiamo indagato anche sulla bulimia da spazio web gratuito applicato alla scrittura. Se poi inseguire i vostri beniamini sui social network toglie tempo ai vostri scritti, potete — investendo cinque euro — scovare qualcuno che lo faccia al vostro posto. 

Nella puntata dedicata ai personaggi dell’Inferno on line, abbiamo conosciuto blogger d’assalto e stabilito che per sbancare è meglio non farsi nemici, ma è anche tremendamente noioso. Diciamo che qualche scrupolo è meglio porselo e vi invito a leggere cosa ne pensa a riguardo Il blog sull’orlo del mondo
Abbiamo poi preso le nostre piccole cavie da laboratorio — noi scrittori più o meno esordienti — e le abbiamo portate a fare riprese in esterni. È andata maluccio, ma siamo tornati nel Far Web pronti a rimediare agli sbagli. Dico bene?

Permettetemi quindi di terminare questa lunga rubrica con Luigi Mascheroni — dal Manuale della cultura italiana, più volte citato, pagina 72:

«Esordienti: Definizione dietro la quale si celano grandi aspettative. Quasi sempre deluse.» 

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