Test di grammatica italiana, dieci risposte che devi saper dare
Chi conosce la lingua italiana saprà senz’altro rispondere a questo test di grammatica; molto spesso, però, sappiamo che i fatti stanno così senza saperne il perché e, pur avendo la risposta, non abbiamo affatto la spiegazione. Niente di grave – direbbe qualcuno –, e infatti la scelta definitiva tra due o più alternative, per esempio, ha tutta la sua importanza: il punto è che ragionare sulla lingua, e quindi prendere in considerazione non tanto lo stato attuale delle cose quanto il processo in atto, è molto più corretto, oltre che utile.
Linguisti e appassionati sanno bene che l’italiano, così come l’inglese, l’arabo, il cinese e così via non sono un semplice coacervo di regole imposte da chissà chi e chissà quando, bensì il frutto di spinte non solo linguistiche ma anche storico-sociali che hanno portato a un certo risultato. Per fare solo un esempio: nella stesura definitiva dei suoi Promessi Sposi, Manzoni ha ridotto notevolmente la presenza di “egli”, sostituendola con “lui”; non che l’uso di “lui” come soggetto fosse assente nei secoli precedenti – ne abbiamo attestazioni persino in Dante Alighieri –, ma è logico che la sua spinta sia stata importantissima nella codificazione del sistema pronominale (ed ecco perché oggi, tra l’altro, sono ridicole le grammatiche che ancora propongono “egli” come terza persona singolare nella coniugazione dei verbi). La sua, dunque, non è stata un’imposizione dall’alto ma un’attenta riproduzione della lingua parlata del popolo (che non era certo quello dei contadini, s’intende).
È importante, insomma, conoscere i risultati così come è importante essere consapevoli dei percorsi e delle zone grigie della nostra lingua; iniziare a farsi delle domande, quindi, prima di proporre delle risposte, per quanto queste possano essere ineccepibili. Tutti oggi condannerebbero, per esempio, l’uso di “gli” in luogo di “le”, se riferito a persona femminile, ma chi userebbe la stessa durezza nel condannare l’uso di “gli” in luogo di “a loro”? E perché?
Quando rispondete a questo test, quindi, siate soddisfatti se la risposta sarà corretta, ma siatelo ancor di più se sarà motivata.
Test di grammatica italiana
1. Si dice persuàdere o persuadére?
2. Si dice leccòrnia o leccornìa?
3. Si scrive par condicio o par conditio?
4. Qual è la forma corretta? Incoscienza o incoscenza?
5. Dividete in sillabe la parola astronauta.
6. Come si scrive il plurale di arancia?
7. Qual è il plurale del sintagma la capogruppo?
8. Soddisfare: qual è la prima persona dell’imperfetto?
9. Fungere: qual è il participio passato?
10. Si scrive vicino a Roma o vicino Roma?
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Soluzioni
1. Si dice persuadére, perché riproduce la pronuncia dell’etimo latino PERSUADĒRE; l’alternativa si è diffusa, con molta probabilità, sotto l’influenza della pronuncia di persuàdo, prima persona dell’indicativo presente.
2. Si dice leccornìa, che deriva da lecconerìa, parola a sua volta costruita su un antico leccone ‘ghiottone, golosone’. È facile ipotizzare come mai l’accento si sposti sulla –i: molto probabilmente per l’influenza di parole che terminano in –ia ma che non sono accentate (per esempio, sbornia).
3. Si scrive chiaramente par condicio: la locuzione è latina e il fatto che venga pronunciata erroneamente all’inglese ha spinto qualcuno a scrivere par conditio. Sbagliato.
4. Si scrive incoscienza: lo avrete sentito dire mille volte. Ma perché? Si tratta di una parola dotta, poiché riprende la base latina INCONSCIENTIAM, di cui ha conservato in parte la grafia.
5. A-stro-nau-ta. Le regole più importanti sono due: la sibilante s nella sillabazione grafica (e non nella trascrizione fonetica) va sempre legata alla sillaba successiva (di qui a-stro) e il dittongo au non va separato, come tutti i dittonghi e i trittonghi (e a differenza degli iati).
6. Il plurale di arancia è arance. In realtà, il plurale perfetto sarebbe quello che rispecchia la grafia latina (ragion per cui provincie, per esempio, non sarebbe sbagliato); una regola molto comoda, però, consiste nell’inserire la vocale solo se il gruppo –cia è preceduto da –i. In questo caso, -i non c’è e quindi scriveremo arance.
7. Si dice le capogruppo. Per i plurali di capo- esistono tre regole molto semplici: se l’elemento è “a capo di qualcosa”, quindi caposquadra, a cambiare sarà solo la prima parte della parola (capisquadra); se l’elemento è preminente rispetto al gruppo di cui fa parte, capoluogo per esempio, allora a cambiare sarà la seconda parte (capoluoghi); se il nome è femminile, allora resta invariato al plurale, e infatti si dice le capogruppo.
8. La prima persona dell’imperfetto è soddisfacevo, e non soddisfavo: il verbo è un composto di fare, che ha come prima persona facevo. Soddisfavo si è diffuso per analogia con la prima persona dei verbi in –are (mangiavo, andavo etc.).
9. Il participio passato è funto: il verbo è chiaramente irregolare.
10. Si dice vicino a Roma, perché la locuzione è vicino a e non solo vicino. Quando avete dubbi (legittimi) come questo, consultate sempre un buon vocabolario e qualsiasi test di grammatica italiana vi risulterà molto più semplice.
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