Teorie di complotti. “Il pendolo di Foucault” di Umberto Eco
Nel 1988, otto anni dopo il grande successo del suo primo romanzo Il nome della rosa, lo studioso alessandrino Umberto Ecodiede alle stampe Il pendolo di Foucault.
«In quel momento, alle quattro del pomeriggio del 23 giugno, il Pendolo smorzava la propria velocità a un’estremità del piano d’oscillazione, per ricadere indolente verso il centro, acquistar velocità a metà del suo percorso, sciabolare confidente nell’occulto quadrato delle forze che ne segnava il destino.»
Tentare di costringere quest’opera monumentale e complessa nello spazio di poche righe sarebbe un’impresa alquanto difficile proprio a causa della pennabulimica e logorroica, se così può essere definito il suo stile, di Umberto Eco. La vicenda è ambientata tra l’Italia, la Francia e il Sud America in un arco temporale che parte dagli anni Settanta e arriva alla prima metà degli anni Ottanta.
L’io narrante è Casaubon appassionato della storia dei Templari, oggetto, tra l’altro, del suo lavoro di tesi. Questo interesse gli permette di stringere un sodalizio, sia affettivo che professionale, con Jacopo Belbo e Diotallevi, due giovani eccentrici che lavorano presso la casa editrice Garamond a Milano. Partendo da un manoscritto ritrovato dal misterioso cavaliere Ardenti, che scomparirà in seguito in circostanze misteriose, i tre studiosi, lavorando di fantasia, riscrivono la storia del mondo nel quale ogni evento, dalle crociate alla Seconda Guerra Mondiale, diventa il tassello di un piano millenario ordito dai cavalieri Templari e che ha per obiettivo il controllo dell’intero pianeta. In questo lavoro Casaubon, Belbo e Diotallevi si imbattono nei «diabolici», personaggi grotteschi attratti dall’esoterismo e dall’occultismo; tra questi spicca l’inquietante ed affascinante Agliè che si presenta come novello conte di San Germano.
«Il Piano era vero? Che assurdità, lo avevamo inventato noi.»
Anche definire il genere letterario al quale appartiene questa seconda fatica dello scrittore alessandrino appare difficile perché, come già il primo romanzo e gli altri che seguiranno, anche il Pendolo di Foucault inanella romanzi di diverso genere costruendo, così, una deliziosa “biblioteca tascabile”. Il Pendolo, ad un primo livello di lettura, si presenta come un racconto giallo nel quale i tre protagonisti rivelano – sebbene sia dichiaratamente una loro opera di immaginazione - il grande complotto che si cela dietro ogni avvenimento storico; per questo motivo vengono braccati, nelle pagine conclusive, da una misteriosa setta, il Tres, la quale pensa di essere la depositaria dell’antico segreto templare e l’unica che può portare a compimento il senso ultimo del Piano.
«Fratelli, cavalieri. Siete qui perché in questi giorni i Mistici Legati vi hanno informato, e quindi ormai tutti sapete per quale ragione ci riuniamo. Avremmo dovuto riunirci la notte del 23 giugno 1945, e forse alcuni di voi allora non erano ancor nati – almeno nella forma attuale, intendo. Siamo qui perché dopo seicento anni di dolorosissimo errare abbiamo trovato uno che sa.»
Passando al secondo livello, nel Pendolo di Foucault il giallo si contamina con il romanzo storico. Nei primi capitoli, presso il bar Pilade, ritrovo di intellettuali e di studenti rivoluzionari, Casaubon espone, alle orecchie interessate di Belbo e di Diotallevi, l’intricata, quanto misteriosa, storia del movimento Templare; in alcune pagine Belbo si lascia andare ai propri ricordi della Resistenza.
“I Templari,” chiese Belbo.
“Dunque,” dissi.
“Non si comincia mai con dunque,” obiettò Diotallevi.
Feci l’atto di alzarmi. Attesi che mi implorassero. Non lo fecero. Mi sedetti e parlai.
Però, più la lettura prosegue, più Umberto Eco si diverte a giocare con la storia, modificando e distorcendo gli eventi a proprio piacimento, interpretandoli e commentandoli in modo che tutto combaci con l’obiettivo che persegue il fantastico Piano. Nel Pendolo realtà e finzione si mescolano fino al punto che risulta difficile realizzare dove finisca l’una e cominci l’altra; come in una vasta sala degli specchi, il lettore si smarrisce proprio perché il vero ed il falso si confondono. Ed ecco, di conseguenza, che il falso diventa vero, la finzione diventa realtà, il Piano non è più solo frutto dell’immaginazione dei tre studiosi. Il Pendolo, al terzo livello di lettura, si propone come un saggio meta-letterario, un momento nel quale il romanzo riflette su se stesso e sulla sua natura di falso. Nelle sue varie opere, Umberto Eco si diverte a riscrivere la storia, manifestando tutto il suo interesse per il falso e la distorsione che, proprio grazie alla letteratura e, quindi alla parola scritta, possono trasformarsi in realtà. La menzogna, proprio grazie alla scrittura, può diventare verità. Chi, ad esempio, leggendo il Nome della rosa non ha creduto all’esistenza del secondo librodellaPoetica di Aristotele? Chi, emozionandosi per le avventure narrate nel Cimitero di Praga,ha pensato che, nel modo descritto dall’autore, siano stati così prodotti i Protocolli? La parola scritta veste di credibilità qualsiasi menzogna, ha il potere divino di portare ogni cosa all’esistenza.
“Abbiamo peccato contro la Parola, quella che ha creato e mantiene in piedi il mondo. Tu ora ne sei punito, come ne sono punito io. Non c’è differenza tra tre e me.”
[…].
“E allora noi abbiamo voluto fare quello che non ci era consentito e che non eravamo preparati a fare. Manipolando le parole del Libro abbiamo voluto costruire il Golem.”
In ultimo, il Pendolo di Foucault è un romanzo satirico nel quale l’acuto Umberto Eco irride i «diabolici», cioè tutti quei paranoici che vedono cospirazioni ovunque e credono che ogni episodio sia parte di un pericoloso complotto che ha per fine il controllo del mondo. Credere al complotto permette di dare ordine ad un universo in disordine – gli eventi che fanno da sfondo al romanzo descrivono un’Italia scombussolata perché dilaniata dal piombo e dal sangue. Inoltre, prendere per vere le varie teorie di cospirazione, consente di giustificare le proprie sconfitte ed i propri fallimenti perché c’è chi vuole che le cose vadano in un certo modo. Ecco perché, verso la fine, Jacopo Belbo cede al Piano.
«Ma a questo libro falso ora cercava di credere perché, lo aveva pur scritto, se complotto ci fosse stato, egli non sarebbe più stato vile, sconfitto e ignavo.»
Dietro la feroce ironia della satira lo scrittore dichiara tutto il pericolo di queste dottrine false perché accettate senza l’uso della ragione. Anche in questo romanzo Umberto Eco rivela la necessità di un nuovo Illuminismo perché solo mediante la logica ed il ragionamento l’umanità può muoversi nel vasto ed intricato labirinto senza credere alla menzogna ed al falso. Senza uno spirito critico si possono commettere le più feroci atrocità. Come accadde coi Protocolli, citati nel Pendolo, un documento del XIX secolo che descriveva un fantomatico complotto ordito dagli ebrei e dai massoni per controllare il mondo; reputati veritieri, esacerbarono ancora di più l’odio verso gli israeliti.
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