Svelata l'identità di Elena Ferrante, parola di Marco Santagata
È di oggi la nuova ipotesi sull'identità di Elena Ferrante, o almeno la prima ricostruzione che poggia su un'analisi attenta dei suoi libri ad opera di un critico e scrittore come Marco Santagata.
Chi è Marco Santagata?
Con alle spalle una carriera accademica di tutto rispetto (è docente di Filologia dantesca e Letteratura italiana presso l'Università di Pisa), è autore di saggi che spaziano da Dante e Petrarca (Guida all'Inferno – 2013; L'amore petroso. Petrarca e il romanzo di Laura – 2014) a Leopardi (Il tramonto della luna e altri studi su Foscolo e Leopardi – 1999; Quella celeste naturalezza. Le canzoni e gli idilli di Leopardi – 1994) e di opere di narrativa, tra cui la più recente è Come donna innamorata, edita da Guanda e finalista al Premio Strega nel 2015.
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L'ipotesi Santagata
Come ha affermato in un articolo pubblicato oggi su «La lettura», inserto domenicale del «Corriere della Sera», a partire da un'analisi, che potremmo definire quasi filologica della quadrilogia de L'amica geniale di Elena Ferrante, Santagata è arrivato a delineare un'ipotesi circa la sua identità.
«Elena Ferrante è una donna napoletana, allieva della Normale di Pisa prima del 1966, studiosa di Storia contemporanea».
Si tratterebbe di Marcella Marmo, docente ordinario di Storia contemporanea presso l'Università Federico II di Napoli.
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La reazione di Marcella Marmo
La risposta di Marcella Marmo non si fa attendere ed è affidata alla redazione napoletana di «La Repubblica», in un'intervista in cui senza mezzi termini afferma:
«Io Elena Ferrante? Chiunque mi conosce riderebbe davanti a questa notizia. Sono una persona trasparente, incapace di mentire. La cosa non sussiste».
Marmo, inoltre, nega alcuni degli elementi che, secondo Santagata, costituirebbero, invece, indizi fondamentali per individuare in lei l'identità di Elena Ferrante. Ad esempio, a proposito degli studi alla Normale di Pisa, la Marmo afferma:
«E comunque non ero l’unica napoletana a studiare lì in quegli anni. Da quello che ricordo ce n’era almeno un’altra».
Ma su questo punto Santagata ribatte che l'altra napoletana è Maria Mercogliano ma non potrebbe essere lei perché, essendo giunta alla Normale nel 1966/1967, cioè nello stesso periodo di Marco Santagata, «sarebbero inspiegabili, in almeno un paio di passaggi decisivi, le omissioni di eventi come l’alluvione dell’Arno del 4 novembre 1966 e l’occupazione dell’università nel febbraio 1967».
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E la casa editrice?
Per ora Edizioni E/O, la casa editrice che pubblica tutti i libri di Elena Ferrante, affida la sua risposta a un tweet:
«Domani sulla Lettura 3 pagine sull'ennesima congettura su Elena Ferrante, sul Corriere la nostra ennesima smentita. Tranquilli, saremo brevi»,
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e a una dichiarazione riportata sempre dal «Corriere della Sera»:
«Smentiamo che Elena Ferrante sia Marcella Marmo e ci auguriamo che si torni a parlare del libro e non dell’identità dell’autrice».
Ed è di poche ore fa un altro tweet dall'account ufficiale della casa editrice:
«Oggi sui giornali una nuova ipotesi e una nuova smentita sull'identità di Elena Ferrante. Ora torniamo a parlare di libri per favore».
Gli altri Elena Ferrante
Quello di Marco Santagata non è il primo tentativo di individuare chi si nasconda dietro lo pseudonimo di Elena Ferrante.
La prima a "subire" quello che oggi è toccato a Marcella Marmo fu la scrittrice napoletana Fabrizia Raimondino, autrice di Morte di un matematico napoletano, insieme a Mario Martone. Ed è proprio il regista napoletano ad essere stato individuato come possibile Elena Ferrante, ma in questo caso potrebbe dipendere dal fatto che Martone ha curato la trasposizione cinematografica di L'amore molesto, uno dei libri della Ferrante.
Toccò poi al critico e giornalista Goffredo Fofi che, a sua volta, puntò il dito su Anita Raja, editor e traduttrice per la stessa casa editrice che pubblica Elena Ferrante (ad oggi questa è l'ipotesi più accreditata).
Secondo alcuni, invece, Elena Ferrante sarebbe Sandra Ozzola, titolare insieme al marito Sandro Ferri delle edizioni e/o, o addirittura Linda Ferri, sorella di Sandro e autrice della sceneggiatura della Stanza del figlio di Nanni Moretti.
Per altri, invece, Elena Ferrante sarebbe il marito di Anita Raja, lo scrittore Domenico Starnone.
In un'intervista a «La Repubblica» nel 2014, la Ferrante ha risposto a tutti questi tentativi di identificazione nel solo modo che ci pare plausibile per chi, come lei, abbia scelto una vita appartata:
«Come insegna Shakespeare contano le opere, non i volti»
La figlia di Elena Ferrante e l'ipotesi dell'«Huffington Post» (aggiornamento 14/03/2016)
La polemica sollevata dall'ipotesi di Marco Santagata, però, non sembra essere destinata a spegnersi. Questa volta è Annalisa Andreoni a intervenire dalle pagine dell'«Huffington Post» riprendendo alcuni commenti lasciati sulla pagina Facebook di Marco Santagata da Arianna Sacerdoti, figlia di Marcella Marmo:
«Lo confesso: Elena Ferrante sono io. Le ambientazioni e i dettagli pisani sono frutto dei ricordi di mia madre, Marcella Marmo, mentre il resto (e la penna 'letteraria') sono miei. Marco Santagata che ne dice di questa pista?»
Pur riconoscendo l'ironia al post di Arianna Sacerdoti (che prosegue: «La "soluzione a p. 5" rimanda infatti a mia madre, senza ipotizzare il 'lavoro di squadra' con la sua figlia latinista, scrittrice, poetessa e traduttrice»), Annalisa Andreoni si spinge oltre, fino a individuare alcune verosimiglianze tra la vita e la fomazione della figlia di Marcella Marmo e alcuni riferimenti presenti nelle opere di Elena Ferrante:
«Apprendiamo così che la figlia della presunta Elena Ferrante fa la latinista, proprio come studia letteratura latina Elena Greco, protagonista di Storia del nuovo cognome, ed è autrice di racconti, poesie e anche un libro di favole per bambini, Le sognanti avventure di Carciofino, come la stessa Elena Ferrante, del resto, che per i bambini ha scritto La spiaggia di notte».
E aggiunge:
«Fra le cose interessanti, leggiamo che Arianna ha studiato a Toronto nell'autunno del 2005. Apro un romanzo di Elena Ferrante e leggo: "Quando le mie figlie si trasferirono a Toronto [...] scoprii con imbarazzata meraviglia che non provavo alcun dolore, ma mi sentivo leggera come se solo allora le avessi definitivamente messe al mondo. Per la prima volta in quasi venticinque anni non avvertii più l'ansia di dovermi curare di loro"».
Considerando che Arianna Sacerdoti è nata nel 1979 e che molto difficilmente avrebbe potuto scrivere L'amore molesto (che è del 1992), potrebbe anche trattarsi di coincidenze, ma che fanno senz'altro riflettere.
Ma perché celare la propria identità? (aggiornamento del 04/04/2016)
Questa volta è la stessa Elena Ferrante a parlare. E lo fa in un'intervista rilasciata allo scrittore Nicola Lagioia e pubblicata su «La Repubblica» del 03/04/216:
«Scrivere è un atto di superbia. L'ho sempre saputo e perciò ho nascosto a lungo che scrivevo, soprattutto alle persone a cui volevo bene. Temevo di svelarmi ed essere disapprovata. Jane Austen si era organizzata in modo da occultare subito i suoi fogli, se qualcuno entrava nella stanza in cui si era rifugiata. È una reazione che conosco, ci si vergogna della propria presunzione, perché non c'è niente che riesca a giustificarla, nemmeno il successo.
Comunque io la metta, resta sempre il fatto che mi sono arrogata il diritto di imprigionare gli altri dentro ciò che a me pare di vedere, sentire, pensare, immaginare, sapere. [...] oggi tutto è diventato più spoglio ed è lampante che solo io stessa ho autorizzato me stessa. Io mi sono assegnata, per motivi oscuri anche a me, il compito di raccontare ciò che so del mio tempo, vale a dire, ridotto all'osso, ciò che mi è capitato sotto il naso, vale a dire la vita i sogni le fantasie i linguaggi di un ristretto gruppo di persone e di fatti dentro uno spazio ridotto, dentro una lingua di poco rilievo resa ancor più di poco rilievo dall'uso che ne faccio.
Si tende a dire: non esageriamo, è solo un lavoro. Può darsi che ormai sia così. Le cose cambiano e cambiano soprattutto gli involucri verbali in cui le chiudiamo. Ma resta la superbia. Resto io che passo gran parte della mia giornata a leggere e a scrivere perché mi sono assegnata il compito di raccontare. E che non riesco ad acquietarmi dicendo: è un lavoro. Quando mai ho considerato scrivere un lavoro? Non ho mai scritto per guadagnarmi da vivere. Scrivo per testimoniare che sono vissuta e che ho cercato una misura per me e per gli altri, visto che gli altri non potevano o non sapevano o non volevano farlo. Bene, questo cos'è se non superbia? E cosa significa se non: voi non sapete vedermi e vedervi, ma io mi vedo e vi vedo? No, non c'è via d'uscita.
L'unica possibilità è imparare a ridimensionare il proprio io, a rovesciarlo nell'opera e tirarsene via, a considerare la scrittura come ciò che si separa da noi non appena è compiuta: uno dei tanti effetti collaterali della vita activa».
Non sappiamo se l'ipotesi di Santagata sia attendibile o se lo siano le risposte di Marcella Marmo e dell'editore o le proposte di Annalista Andreoni confermino davvero qualcosa, fatto sta che forse l'identità di Elena Ferrante potrebbe essere secondaria rispetto ai suoi libri, come testimonia il loro successo a livello internazionale, ma potrebbe anche essere uno degli elementi di questo successo, per cui l'attenzione sull'identità di Elena Ferrante sarebbe più che giustificata.
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