Sulla gioventù e sulla giovinezza. “Il sacrificio dei pedoni” di Gian Ruggero Manzoni
È da poco uscito per i tipi della Castelvecchi Il sacrificio dei pedoni, di Gian Ruggero Manzoni, romanzo sulla giovinezza e sulla gioventù.
La gioventù della seconda metà degli anni Settanta, ormai lontana, distante da quella di oggi: per gli ideali, per l’impegno o il disimpegno politico, per il linguaggio.
E la giovinezza di sempre, coi suoi ideali, il suo impegno o disimpegno politico, il suo linguaggio.
Ci sono dei passaggi che, nonostante parlino dei ragazzi di quegli anni, molti dei quali – come recita la dedica all’inizio del libro – «non ci sono più», sembrano riferirsi al nostro oggi, alle sue tensioni e ai suoi disinganni.
«Molti pensano che siamo in fondo,» dice la voce narrante a suo padre, quando per un brevissimo periodo tornerà al suo paese natale, in Romagna, «che ormai è vicina la resa dei conti, il Movimento fa sempre nuovi adepti, molti giovani sono pronti e se ne fottono di quello che dicono i partiti. Non passa giorno che a Roma, Milano, Bologna, Torino e là dove ci sono delle università non arrivi gente per appoggiarlo.»
Come tutti i libri in grado di prendere linfa e poi staccarsi dall’epoca in cui vengono scritti, o a cui fanno riferimento, Il sacrificio dei pedoni è un testo che può essere letto in due modi: come un documento d’interesse storico, che rievoca e rinverdisce un tempo lontano ma non troppo (gli astratti furori della generazione subito successiva a quella del Sessantotto), o come la storia di un ribelle, di un artista, di un bohémien, che cerca un senso che vada al di là delle istituzioni, dell’ordine costituito, delle regole, della scuola e dell’università, del classico detto che c’invita a scegliere mogli e buoi dei paesi tuoi.
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Inoltrandosi nelle pagine di questo romanzo/non romanzo, il lettore potrà ritrovare la gioventù alternativa della Bologna di quegli anni, la dura contestazione che ha avuto nel DAMS uno dei suoi nuclei caldi, frequentato da personaggi successivamente divenuti miti della controcultura giovanile: Andrea Pazienza, detto il Paz, Pier Vittorio Tondelli, Freak Antoni, Francesca Alinovi.Tutti compagni di strada dell’autore, che la gioventù di oggi dovrebbe riscoprire per ascoltare voci e temi che non sono invecchiati né sono stati superati, ma sono soltanto stati nascosti dallo scorrere del tempo che, almeno nel nostro Paese, non sembra aver risolto i conflitti, ma li ha congelati o banalizzati, facendoci credere che l’ideologia, e più in generale le idee, siano superate o addirittura inutili.
Emblematiche, quasi definitive, le parole che il protagonista mormora a Tondelli, nel capitolo dedicato al grande scrittore di Correggio (“Col Pier”):
«Il desiderio di restare, di rimanere, di risultare, di essere, poi il ricercare la gioia, l’appagamento, la pace, l’infinito, l’eternità, l’armonia, ma ecco il dolore nel sapersi limitati e mortali, nel ritrovarsi uno fra i tanti nel non contare alcunché di fronte al mistero della vita… o forse che la vita non valga di per sé niente…»
Non ci sono smartphone, Internet, cyber bullismo: la società di cui parla Il sacrificio dei pedoni, di Gian Ruggero Manzoni sembra lontanissima dalla nostra, da quella che ospiterà i nostri figli da adulti. Ci sono ancora i gettoni telefonici, le ragazze con le gonne alla zingara, i party a casa di Marinella, i viaggi in treno, la scimmia sulla schiena, un incontro fugace e violento nel retro o nel cesso d’un bar, e notti brave a scappare da una fidanzata invadente, da un amore improvviso o dalla pula, c’è ancora il mangianastri in cui infilare «una compilation degli America, del rocketto melodico, mi ci vuole un po’ di Route 66 per farmi su il morale» e c’è l’università come crogiolo di idee, come luogo di confine in cui scegliere se entrare definitivamente nel mondo borghese, nelle regole della cosiddetta società civile e trasformarsi, negli anni, in un disilluso, oppure restarne fuori per sempre o quanto più possibile, come un filibustiere o, ancora peggio, come un vero e proprio maroon.
Divenuto personaggio letterario, protagonista del romanzo Il risolutore, di Pier Paolo Giannubilo (fra i dodici finalisti dello Strega di quest’anno), per questo suo libro Gian Ruggero Manzoni sceglie una lingua veloce e diretta, che non fa sconti e non si piega al politicamente corretto: poeta, scrittore, critico d’arte, studioso dei nuovi linguaggi espressivi, Manzoni offre al lettore un testo che può essere letto a più livelli, e può essere visto tanto come una foto dell’Italia scattata sul finire degli anni Settanta, quanto una testimonianza dell’inquietudine giovanile, che in una società degna di questo nome non può e non deve mancare mai.
È solo da lì che può nascere qualcosa di buono: un’idea, un’inedita modalità espressiva, una nuova contestazione.
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Bisogna però restare consapevoli, come lo è Gian Ruggero Manzoni a partire dalla scelta stessa del titolo (Il sacrificio dei pedoni), che il rischio più grande, per chi decide di non conformarsi e di lottare, è quello di diventare una pedina da dare in pasto al Potere. E sapere che prima o poi «gli ideali per cui hai rischiato la vita potrebbero crollare, uno dopo l’altro, come un castello di carte.»
Per la prima foto, copyright: Markus Spiske su Unsplash.
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