Storie di morte, storie di vita. “Mattina d’inverno con cadavere” di László Darvasi
Grazie a Mattina d’inverno con cadavere László Darvasi, scrittore e giornalista ungherese, arriva anche in Italia. Edito da Il Saggiatore e tradotto da Dora Várnai, questo romanzo sembra segnare l’inizio di una nuova collaborazione fra l’autore e la casa editrice italiana, la quale pare abbia già acquistato i diritti per il prossimo lavoro.
La voce di László Darvasi si fa sentire, emerge dalle pagine del proprio lavoro e richiama all’attenzione un lettore che, non conoscendo stile e opere precedenti, forse non si aspettava un romanzo di questo genere.
Darvasi è un narratore a volte perfido, capace di trascinarti all’interno di un mondo in cui realtà e finzione si confondono; nulla di ciò che scrive è davvero possibile eppure, in qualche modo, fa pensare che potrebbe esserlo davvero. In un mondo parallelo alla nostra realtà i suoi personaggi assumono una dimensione assurda, alienata, drammatica ma, in qualche modo, accettabile. Ecco perché, una volta immersi in questo incubo di morti interminabili e incomprensibili ci si ritrova risucchiati, rapiti.
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Darvasi però non lascia il lettore alla solitudine e la sua è una voce che, all’interno del romanzo, subentra come spirito guida, pronto a scendere in quello stesso inferno per riaccompagnarlo in superficie e tranquillizzarne ogni turbamento.
Serve una grande forza di spirito per affrontare le sue storie: brevi racconti che assumono la conformazione di frammenti drammatici appartenenti a vite vicine e lontane eppure, in qualche modo, tutte collegate.
Ciò che è davvero evidente in Mattina d’inverno con cadavere, è la volontà di raccontare al lettore qualcosa che, in effetti, non viene mai esplicitato; significati che si nascondono sapientemente fra le righe e che chiunque è invitato a reinterpretare, a modo suo e secondo la sua esperienza di vita.
Ma di cosa parla davvero questo romanzo?
László Darvasi ci parla di morte: morti volontarie, omicidi, morti per errore, morti ironiche, surreali… ogni racconto segue all’altro come in un allucinante vortice di casualità e assurdità. Sono narrazioni diverse eppure accumunate da un senso d’incompletezza, da una mancanza di lucidità che finisce per rispecchiare la richiesta dell’autore: Darvasi non lascia nulla al caso, desidera ardentemente portare il lettore oltre la superficie e semina, per questo, elementi simbolici e dialoghi apparentemente assurdi.
È un piccolo paese delle meraviglie il suo, drammatico ma altrettanto surreale rispetto a quello di Lewis Carrol, un mondo alle prese con personaggi che sembrano entità frastagliate, la cui personalità è costruita appositamente per dar senso a un particolare aspetto della vita: la loro vita e, in parte, quella del lettore.
Strutturalmente, Mattina d’inverno con cadavere è suddiviso in tre sezioni: Dio, Patria e Famiglia. Fra i diversi nuclei le tematiche non cambiano ma lo fanno, invece, i punti di vista; la realtà viene osservata attraverso occhi differenti e filtri diversi. Le tre sezioni comunicano fra loro e lo stesso fanno i racconti assieme ai molteplici personaggi. Comunicano in modo tanto indiretto quanto sottile, esistono per se stessi e per il loro peculiare significato eppure acquistano un senso ulteriore se collegati al resto del volume.
All’interno del suo piccolo universo, Darvasi cerca di descrivere un male senza volto, eppure riconoscibile. Emerge dalle pagine un senso d’inquietudine e instabilità che non manca di raggiungere un’empatia con il lettore che, almeno una volta nella vita, deve essere stato partecipe delle stesse frustrazioni. Quella che sentiamo è infatti una sensazione simile alla noia, alla consapevolezza di quanto tutto ciò che ci circonda non sia altro che banalità intrisa da una parvenza di significato.
A circondare ogni personaggi è la stessa apatia nei confronti di un’esistenza che non ha motivo d’esistere se non alla stregua di un ingranaggio, come parte di un tutto che, in realtà, non appartiene a nessuno ed è destinato a scomparire.
Questo è senz’altro l’aspetto più amaro della scrittura di László Darvasi e, da un simile punto di vista, Mattina d’inverno con cadavere diventa il pallido negativo della vita che ognuno di noi ama considerare unica ma che, alla resa dei conti, sarà solo il rimasuglio di un corpo destinato alla decomposizione.
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Pensieri freddi e affascinanti emergono da una scrittura guidata da una voce comune a ogni racconto: quella dello stesso autore. Darvasi inserisce ovunque se stesso e i suoi pensieri, puntando a narrare il suo rapporto con il padre, altro elemento cardine all’interno del romanzo.
I sentimenti nei confronti del genitore sono altrettanto agghiaccianti e riconoscibili; portano il lettore a costruire un’empatia crescente e un senso di comprensione; non solo nei confronti dello scrittore, ma anche e soprattutto verso se stessi e verso quei traumi che ognuno di noi si porta dentro fin dall’infanzia.Esperienze che finiscono per trasformarsi in valvole di sfogo e che, spesso, conducono all’odio e alla paura.
In Mattina d’inverno con cadavere di László Darvasi,è la morte a fare da protagonista; una morte che emerge da ogni racconto come un fiore dalla neve ghiacciata. Una morte che, per quanto dolorosa, diventa dannatamente indispensabile alla vita.
Per la prima foto, copyright: Rory Björkman.
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