Storie di migranti e di diritti negati: intervista all’avvocata Alessandra Ballerini
Si occupa di migranti e di diritti negati l’avvocata Alessandra Ballerini, di recente intervenuta al Festival Questioni Meridionali. Di quelle storie che probabilmente non interessano a nessuno e che non fanno guadagnare molti soldi. Invocata da Erri De Luca come “Avvocata Nostra” nella prefazione di La vita ti sia lieve, si è fatta le ossa al G8 di Genova e continua imperterrita a girare l’Italia su e giù, da Lampedusa al Ghetto di Rignano, in provincia di Foggia, per vedere con i suoi occhi la disperazione più cupa, per occuparsi in questo Paese degli ultimi di cui non si occupa (quasi) nessuno.
Alessandra Ballerini, blogger anche per «Il Fatto Quotidiano» è coraggiosa, porta avanti questa battaglia che la espone a rischi e a battutine poco eleganti – alcuni l’hanno apostrofata come “l’avvocata dei negri” – per difendere fieramente i diritti inseriti nella Costituzione Italiana. Quando parla è un fiume in piena di energia e di vitalità, di passione per il suo mestiere di avvocato civilista che lotta contro le ingiustizie, forte anche dell’esperienza e della vicinanza con don Andrea Gallo.
«La migrazione è un termine naturale – scrive Fabio Geda nella postfazione – le migrazioni esistono in natura, lasciano tracce di sé in ogni ecosistema. Da sempre si sposta l’uomo. A volte le migrazioni sono volute, più spesso obbligate. La clandestinità, invece, è un concetto artificiale, inventato dall’uomo che sempre si arroga il diritto di includere e di escludere; un’ecchimosi dovuta alla violenza che permea le società edificate sull’io, invece che sul noi». La vita ti sia lieve (Editore Melampo), pubblicato con il patrocinio di Amnesty International, sezione italiana, raccoglie le storie di migranti e di diritti negati incontrati da Alessandra Ballerini.
Perché c’è bisogno di parlare ancora di queste storie?
Quando parliamo di diritti e ci sembra di parlare dei diritti degli altri, in realtà stiamo parlando dei nostri perché i diritti sono indivisibili. Quando difendiamo i diritti essenziali dell’essere umano, tratti dalla Costituzione o dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, non lo stiamo facendo perché siamo buoni. Infatti, mi arrabbio molto quando mi dicono “Tu sei buona”. Io non sono buona, sono egoista perché difendo la mia Costituzione.
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Dopo averne viste tante, forse pure troppe, c’è qualcosa che ancora la sconvolge?
La mia è un’operazione di memoria per evitare assuefazione: mi sono trovata di fronte a miriadi di situazioni in cui spesso mi sono sentita impotente ed è una sensazione terribile. Ho incontrato madri combattive che cercano di avere la custodia dei propri figli, bambini abbandonati a se stessi, prostitute ribelli, uomini naufraghi. Ciò che forse mi sconvolge è che si tratta di persone normali venute in Italia per sfuggire guerra, povertà e violenza, in cerca di un avvenire migliore e l’Italia è in grado di offrire solo un ginepraio intricato di norme e di codicilli. Per questo ho scelto La vita ti sia lieve, parafrasando l’estremo augurio “Sit tibi terra levis”. Questa frase mi sale alle labbra al momenti dei saluti come una silenziosa preghiera per queste creature che hanno già sopportato fardelli insostenibili.
Qual è la situazione a Lampedusa?
È una situazione di continua emergenza. Per esemplificare riporto un episodio inserito anche nel libro: racconto della mia visita a Contrada Imbriacola, il Centro di Primo Soccorso e Accoglienza di Lampedusa dove, quando arrivo per la visita, sono rinchiusi 231 migranti in fuga dalla Libia e tra loro minori non accompagnati e donne. Sono andata in compagnia di Sandra Zampa come parlamentare, Gabriella Guido per la campagna LasciateCientrare, la giornalista Claudia De Lillo, più conosciuta come Elasti. Al centro parliamo prima con le donne, che arrivano intorno a noi un po’ alla spicciolata. Dovrebbero stare in questo centro soltanto per poche ore, o al massimo qualche giorno, giusto il tempo di essere identificate e rimesse in sesto dopo il lungo viaggio, per essere successivamente inviate verso la collocazione finale, quali possono essere centri di accoglienza per i richiedenti asilo (come accade per la stragrande maggioranza negli ultimi sbarchi), case-famiglia per i minori non accompagnati, Cie per effettuare le eventuali espulsioni. Hanno bisogno di sapone, di assorbenti, di ciabatte. Potrei soltanto provare a descrivere l’odore degli stanzoni con 12 brande e le adiacenti latrine. Le donne chiedono di sapere perché stanno rinchiuse e perché non possono uscire. Perché accade questo in un Paese come l’Italia, libero e democratico. Hanno paura e nei loro occhi si riflette la violenza che hanno dovuto subire e affrontare, il dolore, la separazione da mariti e fratelli. Subiscono un’ingiusta prigionia. Ma poi ci sono i piccoli gesti, che ti fanno sorridere e tornare a sperare, dei cittadini che accolgono, supplendo alle nostre carenze, con cibo, parole e sorrisi. Anche questa è Lampedusa.
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