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Storie di emarginazione del "diverso", dal gobbo di Notre-Dame al quinto figlio di Doris Lessing

Storie di emarginazione del "diverso", dal gobbo di Notre-Dame al quinto figlio di Doris Lessing«Ci vuole sempre qualcuno da odiare per sentirsi giustificati nella propria miseria»

Umberto Eco, Il cimitero di Praga

 

L'emarginazione del "diverso" – intendendo con quest'ultimo termine quello che in generale è definito come qualcosa o qualcuno che non è uguale né simile ad altro – è sempre stata una questione delicata e lo è tuttora, soprattutto se riferita alle razze o alle etnie, al sesso, alla religione o, ancora, a particolari condizioni psicofisiche delle persone dovute a diversi fattori, come l'età o altre condizioni di svantaggio. Infatti, sono da sempre le minoranze le più escluse socialmente perché più vulnerabili e i pregiudizi, la diffidenza e la paura spesso diffusi non fanno altro che accentuare il problema rendendo difficile l'integrazione.

Inoltre, la società contemporanea si basa su livelli di performance elevati dove il successo e l'immagine contano molto, e questo non è un dato trascurabile ai fini di una corretta inclusione.

Forse tra le arti, la letteratura è quella che ha reso il discorso non solo più "eterno" – come d'altronde fatutta l'arte – ma vivido, perché lo sono i personaggi che ci sono stati lasciati in eredità attraverso le opere. E se diamo a essa una funzione pedagogica, purtroppo la storia è rimasta pressoché immutata.

Grandi autori di un passato più o meno lontano hanno affrontato l'argomento, forse per una maggiore sensibilità propria, ma sempre condizionati dal contesto, dall'ambiente in cui erano inseriti e dal periodo storico che vivevano.

 

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Proprio parlando di sensibilità, uno scrittore la cui impronta artistica è stata ispirata da questa caratteristica è Victor Hugo, il cui sguardo è andato proprio verso le minoranze sociali, I miserabili, che dà titolo a uno dei suoi lavori maggiori. Principale esponente del romanticismo francese ha descritto, con i suoi romanzi a sfondo storico, le emozioni dei singoli e della massa, dove c'è chi emargina e chi è emarginato, all'interno di un vortice di eventi e passioni umane che conduce a un ineluttabile destino. Ai fini di questa riflessione, impossibile non richiamare alla mente Il gobbo di Notre-Dame, il campanaro della maestosa cattedrale gotica (vera protagonista del libro Notre-Dame de Paris, scritto da Hugo nel 1831 quando aveva solo 29 anni) tanto da diventare sordo per il rumore cui era esposto. A causa della sua immagine ripugnante, vive in completa solitudine (ripudiato e scambiato da chi gli ha dato la vita in cambio di una bella bambina) sui gargoyles della chiesa, decorazioni raffiguranti creature mostruose, tra cui lui stesso si confonde. Ma Quasimodo –nome piuttosto eloquente datogli dall'unico che se ne prende cura –ama, si arrabbia e soffre esattamente come gli altri. La sua apparenza, però, crea una forte ostilità nei suoi confronti da parte di tutti fino all'odio più profondo al punto che addirittura gioiscono dinanzi al suo dolore. Così come in un circolo vizioso, lui nonostante sia una persona dall'animo buono,vedendosi allontanato, a sua volta, allontana:

«Forse la cattiveria non era innata in lui. Fin dai suoi primi passi fra gli uomini si era sentito, poi si era visto schernito, biasimato, respinto. Per lui la parola umana era sempre uno scherno o una maledizione. Crescendo, non aveva trovato che odio intorno a sé. Se ne era impossessato».

 

L'ammonimento dell'autore è fin troppo chiaro e fa di lui un romantico un po' particolare, impegnato nella causa civile e politica del suo tempo.

Numerose, tanto che è impossibile richiamarle in questa sede, le trasposizioni cinematografiche e ancora ce ne saranno a dimostrazione della sua drammatica attualità.

Nell'anno in cui vedeva la luce Notre-Dame de Paris, un'appena diciannovenne Mary Shelley ri-pubblicò Frankestein, redatto una prima volta nel 1816. Partendo da presupposti differenti da quelli visti in precedenza la giovane Mary, infatti, voleva scrivere una storia di fantasmi per ingannare il tempo in una serata particolarmente piovosa, in una sorta di sfida con il poeta Lord Byron e John Polidori, medico/letterato, tutti inglesi ospiti a Villa Diodati, sul lago di Ginevra–l'opera è un paradigma non solo dell'emarginazione e della solitudine, ma altresì della prevaricazione e presunzione umana: il dottor Victor Frankestein crea un mostro in laboratorio tramite impulsi elettrici utilizzando pezzi di corpi inanimati. L'esperimento tecnicamente riesce ma sul piano esteticomolto meno e lo abbandona per l'orrore e il disgusto. La scienza si sostituisce a madre-natura ma gli esiti sono comunque fatali, per tutti.

Storie di emarginazione del "diverso", dal gobbo di Notre-Dame al quinto figlio di Doris Lessing

Echi romantici, filosofico-roussoniani e il fenomeno chimico-fisico del galvanismo sono gli elementi dell'estro di Shelley, che ha fatto del moderno Prometeo il romanzo gotico-fantascientifico per eccellenza. Tanti i temi sottesi in questo capolavoro ma la triste e amara consapevolezza della creatura senza nome –consapevolezza di se stessoe dell'impossibilità di un inserimento nella società –è un monito per i lettori:

«Ma tutto era un sogno; nessuna Eva placava i miei dolori o divideva i miei pensieri; io ero solo. Ricordavo la supplica di Adamo al suo Creatore. Ma dov’era il mio? Lui mi aveva abbandonato e nell’amarezza del mio cuore lo maledicevo».

 

Dalla seconda metà dell'Ottocento, in opposizione agli ideali romantici con tutti i suoi struggimenti e suoi personaggi tragicamente romanzati, nasce la corrente del naturalismo in Francia e del verismo in Italia. La grande novità è che l'artista si fa portavoce della realtà nuda e cruda, documentando in particolare le miserie e gli strati più poveri della società, sfruttandone linguaggio e modi di dire. Ovvero, le azioni degli uomini sono regolate dalle leggi della natura –sotto la spinta e l'influenza darwiniana –per cui solo i forti riescono a sopravvivere all'ambiente circostante. Tutti gli altri sono dei reietti, ai quali pessimiscamente non è data via di scampo. In questo contesto, si impone il personaggio di Rosso Malpelo, il bambino che impariamo a conoscere già nei primi anni di scuola, soprannominato così per il colore dei capelli, privato degli affetti, sfruttato proprio come la cava in cui lavora, che accetta il suo destino di "vinto".

A pubblicare l’omonimo libro,che contiene la raccolta di novelle Vita dei campi, è il siciliano Giovanni Verga nel 1880 il quale, parlando di un piccolo minatore e della sua vita,ci fornisce un esempio cristallino, sia sul piano fisicoche su quello spirituale,di tutto ciò che significa essere emarginato per essere diverso dagli altri, e l'incipit descrittivo quanto folgorante, ne è conferma:

«Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riuscire un fior di birbone. Sicché tutti alla cava della rena rossa lo chiamavano Malpelo; e persino sua madre, col sentirgli dir sempre a quel modo, aveva quasi dimenticato il suo nome di battesimo».

Storie di emarginazione del "diverso", dal gobbo di Notre-Dame al quinto figlio di Doris Lessing

Arrivando a tempi più recenti, alla fine del secolo scorso,una scrittrice britannica, Doris Lessing, nata in Iran e vissuta in Africa, che si definiva una «con i piedi per terra» e che ha sempre rifiutato le etichette, in particolare quella di femminista,raccontava la storia di due giovani, Harriet e David, che si conoscono, si amano e condividono, portando avanti, il progetto di una vita prospera e felice. Vale a dire, perfetta. Ma all'arrivo del loro quinto figlio (che dà anche titolo al libro pubblicato in Italia da Feltrinelli nel 1989) i sogni si sciolgono come neve al sole, anzi, è come se non ci fossero mai stati. Perché Ben, questo il suo nome e che già prima di nascere dava dei problemi e mostrava le sue stranezze, non è un bambino come tutti gli altri. Definito dalla sua stessa genitrice «L'uomo di Neanderthal in miniatura», «un errore dei geni» dice invece il padre, verrà escluso, per prima cosa, da chi vive con lui, fratelli compresi. L'unico ad accettarlo così com'è sarà, guarda caso, un ragazzo problematico più grande ed emarginato anch'egli. Ma il fulcro della vicenda è la mamma, Harriet: perché mentre gli altri componenti della famiglia fingono che Ben non esista e lo vogliono liquidare inserendolo in un istituto, lei sceglie di guardare in faccia il problema e con sofferto coraggio lo riporta a casa. Al contempo questa decisione varrà la disgregazione, individuale e collettiva. Harriet si sente punita «per aver voluto troppo. Per aver pensato di poter essere felici. Felici perché l'avevamo deciso».

Vincitrice del premio Nobel per la letteratura nel 2007 «per aver messo sotto esame una civiltà divisa», Doris Lessing ha affrontato diversi ambiti e non soltanto sociali, ma aveva vissuto sulla propria pelle l'esperienza di un figlio disabile. Con Il quinto figlio ha rappresentato, forse anche esorcizzandole, le idiosincrasie e le contraddizioni della società borghese.

 

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Si è visto quindi che il narrare l'emarginazione da parte di grandi autori differenti tra di loro per età, periodo storico e talento artistico – senza la pretesa di essere stati con essi esaustivi – può aiutare a definire i contorni di una tematica che rimane molto ampia e complessa. I protagonisti che abbiamo  delineato non sono accettati perché non rientrano nei canoni della normalità, finendo per auto-escludersi. O s'impongono diventando dei malvagi o soccombono. Il lettore in genere si affeziona al "cattivo dal cuore buono" ma nella realtà quotidiana è tutto più difficile.

La forma propria del romanzo fa emergere le contraddizioni della società; la letteratura può aiutare a vedere i fenomeni umani e sociali in una prospettiva più elevata e lungimirante, ma non basta. Per attuare dei veri cambiamenti è necessario un rinnovamento culturale profondo che richiede l'impegno di tutti e su più livelli, affinché condivisione e arricchimento nei valori e nelle idee non rimangano solo dei bei concetti.


Per la prima foto, copyright: Markus Spiske su Unsplash.

Per la seconda foto, copyright: Noah Silliman su Unsplash.

Per la terza foto, copyright: Anthony Tran su Unsplash.

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