Storie d’amore tra la prima e la seconda guerra mondiale
Il romanzo Non lasciar cadere il cielo della scrittrice napoletana Vera Puoti (pubblicato da IoScrittore), rappresenta uno spaccato familiare ambientato in due Paesi diversi, Italia e Brasile, e racconta una storia che si svolge tra la prima e la seconda guerra mondiale, intrisa di personaggi e situazioni ambientali, apparentemente in forte contrasto tra di loro. L’inizio è drammatico: «Se ne è andato»pensava Agata e « percorse con lo sguardo il vasto salone ovale dalle pareti color crema, che la luna inondava attraverso due alte vetrate simmetriche».
Agata stringeva i pugni, sperando che ancora una volta tutto si sarebbe aggiustato. Ma la verità era che Carlos, suo marito, futuro ambasciatore, appartenente all’élite carioca del Brasile, aveva rovinato la sua vita e quella della sua famiglia per debiti di gioco. Ora doveva fuggire per sottrarsi alla vergogna e alla morte. L’uomo, «versatile, intelligente, colto. Irrequieto, brillante e affascinante. Totalmente inaffidabile» la stava abbandonando senza denaro e senza alcuna sicurezza per la sua vita futura. Non aveva più quel fascino che nel 1912, sulla spiaggia di Mergellina, l’aveva stregata. Carlos aveva «capelli scuri rasato, zigomi alti e squadrati sotto occhi regolari e penetranti[...]non indossava il costume, ma un paio di pantaloni leggeri euna camicia bianca con il colletto sbottonato e le maniche arrotolate sopra i polsi».
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«Sono Carlos Morales de Silva, sono brasiliano, sono console del Brasile [...]ho trentasette anni e voi siete bellissima». Aveva detto ad Agata, presentandosi. Quanto tempo e quanti avvenimenti, da quel giorno, si erano susseguiti nella loro vita: la dichiarazione di Carlos al Teatro S. Carlo durante la Tosca, l’incontro con suo padre, il pranzo ufficiale nella loro bella casa napoletana, durante il quale fu servita una sfilza di piatti «dalla lasagna, allaparmigiana di melanzane,alle cotolette,all’arrosto morto,allepizzelle,agli zucchinialla scapece eaipeperoncini fritti...». Poi il matrimonio, il viaggio fino a Rio, la splendida vita, le rivelazioni sul passato amoroso di Carlos, la nascita dei figli e infine la tragedia del fallimento economico e dell’abbandono.
Le figure di Agata e di Carlos, in tutto il loro “romanticismo” richiamano alla memoria i personaggi di Liala, personaggi in cui l’amore e lo spirito d’avventura svolgono un ruolo predominante. Carlos che fugge con il figlio Joao nel Mato Grosso, un nuovo mondo selvaggio, ma dalla bellezza inaspettata. Agata che ritorna a Napoli. Qui la giovane donna, ricostruisce la sua vita, affittando stanze nella nuova “Casa dei limoni”. «Voi siete un po’ come questi frutti, Agata [...]luminosa e splendente fuori e dentro, tante stanze di succo asprigno». Così le aveva detto il principe Federico Corviero di Torre Rumma, che si era innamorato di questa giovane donna sola, abbandonata dal marito e dalla buona sorte. Entrambi, Carlos e Agata si ricostruiranno una nuova vita, il primo con un’indigena e un altro figlio, la seconda cercando di aiutare i due figli a prepararsi un futuro.
Fra tutti i personaggi secondari della vicenda narrata, dai figli ai genitori di Agata, dai tre fratelli di Carlos ai frati salesiani, nessuno ha uno sviluppo e un approfondimento psicologico che sarebbe stato utile all’evoluzione della storia. Neppure Suor Angel, sorella di Carlos, che aiuta i poveri nelle favelas, o il principe Federico Corviero propongono situazioni che potevano arricchire e approfondire il romanzo. Anche le descrizioni di due stupende città come Napoli e Rio risultano più legate al “colore” che alla conoscenza di luoghi particolari e indimenticabili. Forse solo la “vista” di Napoli sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale, la povertà, la fame, la disperazione dei napoletani, scaturita nella rivolta contro i tedeschi, portano il lettore a una commozione più percepita che sostanziale.
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Con la fine della guerra ci saranno dei ricongiungimenti, quali lascio al lettore scoprirli. Il romanzo si chiude con una lettera di grande impatto poetico, quella di Rudyard Kipling al figlio, che vale da sola la lettura del libro di Vera Puoti.
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