Storia di una schiavitù istituzionalizzata
La ladra di parole è il romanzo di esordio di Abi Daré pubblicato dalla Casa Editrice Nord il 26 agosto 2021, traduzione di Elisa Banfi. La copertina è un’illustrazione di Anna Godeassi che rispecchia a pieno il titolo originale The Girl with the Louding Voice. La particolarità del romanzo risiede nell’abilità della scrittrice di ripercorrere la storia di una bambina nigeriana di soli quindici anni che la vita decide di mettere alla prova.
Questo romanzo è stato scritto nel cosiddetto broken English, un inglese parlato non da madrelingua ma da persone prive di istruzione. Nella traduzione in italiano si mantiene questa linea stilistica, per cui si legge una lingua particolare, caratterizzata da errori grammaticali o sintattici di vario tipo; ciò fa sì che il lettore si immerga ancora di più in un modo di vivere a lui sconosciuto.
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La protagonista, nonché voce narrante del romanzo, si chiama Adunni e vive nel villaggio di Ikati, nel cuore della Nigeria, con il padre e i suoi due fratelli. La perdita della madre provoca in lei un dolore immenso poiché era una donna intelligente e voleva per la figlia un futuro diverso. In particolare aveva promesso ad Adunni che sarebbe andata a scuola perché l’istruzione è la chiave che apre le porte del futuro. Sfortunatamente la situazione economica della famiglia non è delle migliori, per cui il padre decide di darla in sposa in modo da poterne ricevere un buon profitto, e per la protagonista sembra distrutta ogni speranza di libertà, di ricevere l’istruzione che lei e la mamma sognavano.
«Il mio owo-ori? Il prezzo da sposarmi? Nel mio cuore mi viene un crepa, e va avanti a spezzarsi perché non ho neanche 15 anni e non mi sposo un vecchio scemo, perché voglio tornare a scuola e imparare il lavoro di maestra e diventare grande e adulta e guadagnare i soldi per una macchina e una bella casa col divano coi cuscini belli e aiutare mio papà e ai miei due fratelli».
Interessante è come la scrittrice, con una lingua così semplice che rispecchia l’ingenuità della fanciullezza, sia in grado di trasmettere al lettore la sofferenza di questa bambina che d’improvviso non possiede più le redini della sua vita, tutto è stato deciso per lei, non da lei. «E il papà perché vuole vendermi a un vecchio e non pensa nemmeno a cosa provo io?»
Il sacrificio di Adunni, che così giovane rinuncia alla sua vita per il bene della famiglia, viene utilizzato dalla scrittrice come denuncia delle condizioni di vita a cui le donne dei villaggi in Nigeria sono sottoposte. In quei villaggi infatti è legale la poligamia, per cui l’uomo può avere più mogli e queste sono di sua proprietà, non hanno alcun diritto, ma solo il dover di procreare. Avere figlie femmine è una disgrazia, avere un figlio maschio è simbolo di orgoglio. La protagonista si ritrova quindi nella casa di Morofu, con altre mogli e figlie femmine, a lei è dato il compito di portare alla luce un figlio maschio. L’angoscia e l’impotenza di fronte a tanta crudeltà trova un barlume di speranza soltanto quando Adunni ricorda sua madre e ciò che le raccontava:
“Questa notte ci sono le lucciole [..] Una volta la mamma di mi ha detto che lucciole di notte portano messaggi belli alle persone. «La lucciola è l’occhio di un angelo» diceva.”
Un evento traumatico travolge nuovamente la vita della protagonista che è costretta ad abbandonare il villaggio e scappare nella capitale, Lagos, dove deve lavorare per una ricca donna, Big Madam, dal cuore crudele. Per Adunni anche questa esperienza sarà dolorosa e metterà a dura prova se stessa. Quello che apparentemente sembra un lavoro da domestica, denuncia invece lo sfruttamento minorile e la schiavitù, in quanto queste bambine o donne giovani sono costrette a lavorare senza alcuna retribuzione e senza alcun diritto.
Nonostante le avversità e gli impedimenti che rendono le giornate della protagoniste piene di sofferenza e disillusione, si riesce a cogliere quanto sia grande il potere della determinazione. Adunni rappresenta una bambina che sa quello che vuole, che riesce a mantenere vivo dentro di lei il sogno di cambiare la sua vita.
«Mia mamma mi ha detto che l’istruzione mi dava una voce. Ma io non voglio una voce come le altre,Ms Tia. Io voglio una voce forte, una voce che la sentono tutti. Voglio che entro in un posto e le persone mi sentono, anche prima che ho aperto la bocca. Nella vita voglio aiutare tante persone, così, quando divento vecchia e muoio, vivo ancora nelle persone che ho aiutato. Pensa, Ms Tia: se vado a scuola e divento una maestra, mi danno lo stipendio e magari posso costruire la mia scuola a Ikati e insegnare alle bambine. Le bambine del mio villaggio non hanno tanta possibilità di andare a scuola».
Adunni è intelligente e generosa, non vuole una vita migliore per se stessa, vuole una vita migliore per tutte le donne del suo villaggio. Il cambiamento della mentalità maschilista, l’importanza di una indipendenza economica di una donna e la forza di lottare anche quando il mondo sembra crollare: ecco la sua voce, ecco il suo grido che riecheggia dentro la mente del lettore, che non può far altro che ascoltare e riflettere.
“«Ogni mattina quando ti svegli, ricorda a te stessa che domani sarà meglio di oggi. Che sei una persona di valore. Che sei importante. Ci devi credere, indipendentemente da cosa succederà…Okay?»
Il mio domani sarà meglio di oggi. Il futuro funziona sempre, porta sempre cose più belle e anche se a volte non sembra, possiamo sperare.”
L’insegnamento di questo romanzo è quello di combattere, di non perdere mai la speranza. Una sola lucciola da sola non può illuminare un’intera foresta, ma insieme possono creare uno spettacolo meraviglioso.
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Adunni è la lucciola che accende in noi la consapevolezza che il mondo non è sempre come appare, che bisogna documentarsi per capire cosa succede negli altri paesi, in modo che a tutte le bambine, a tutte le donne vengano riconosciuti gli stessi diritti. Da lettori si ha il compito di ascoltare la voce di questa bambina, di raccontare la sua storia al fine di dar vita al cambiamento di cui si ha bisogno.
Per la prima foto, copyright: Muhammadtaha Ibrahim Ma'aji su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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